Come comportarsi con un ragazzo dipendente da cocaina
Buongiorno, sono una ragazza di 23 anni. Ho una relazione che dura da quattro anni con un ragazzo che ha iniziato a fare un uso di cocaina, saltuario e giustificato dal suo fallimento universitario, che chiamerei piuttosto ritardo prolungato dall'uso della suddetta sostanza, iniziata da un anno almeno. Mi trovo ora in una situazione per la quale provo profonda rabbia per le situazioni che in questo arco di tempo si sono presentate, non riesco a distinguere più quanto cerchi di mentire, manipolarmi e quanto invece siano richieste di aiuto questi scatti di rabbia. Se penso a lui, penso alla persona che ho conosciuto, leale, timida, molto intelligente, sensibile, questo lui purtroppo esiste solo intervallato da un lui che pretende solo ordine in casa (conviviamo) dove lui fa tutto (pulendo ossessivamente) e io niente, un lui che preferisce stare chiuso in casa perché se non si esce per bere, quasi non se ne parla. Un lui che giustifica tutti i suoi comportamenti dicendo che io lo giudico troppo, di certo accanendomi dopo le serate passate con un piatto davanti e la mia mente che vaga solo ai tempi andati (un tradimento, continue ricerche di attenzione sociale, mai più un regalo, soldi mai ridati sono diventati modalità operanti, interrotte e riprese) seguiti da pianti che non so più determinare come veri o manipolatori, dove mi chiede di non andarmene, messaggi dove mi chiede di tornare, io che per l'amore che provo ci ripenso. Ieri sera mi ha fatto riflettere molto, dopo aver litigato nuovamente, per non aver preparato in tempo delle cose, prima della partita di calcio, lui nervosissimo per questo, io che urlo e lui che dice di essere lo zimbello dei vicini per causa mia, che non so controllarmi, vado per mettermi a letto, un bicchiere d'acqua mi si rovescia sul comodino e colpisce il suo libro. Trenta minuti son passati con lui che mi chiamava ''sporca e sciattona, disorganizzata'' criticando il mio essere disordinata fino all'apice e allargandolo alle persone con le quali vivevo prima, alla mia educazione fallita da parte dei miei genitori, criticando quanto gli avessi rovinato quel libro introvabile su cui deve studiare per l'esame (edizione normalissima di un tascabile). Le scuse non bastano perché le pagine del libro ormai sono piegate, sento uscire dalla sua bocca le parole ''Non vedo l'ora che te ne vai, ormai sei solo un cancro che strilla e mi soffoca con i suoi giudizi''. A quel punto prendo le mie cose e me ne vado. Ora vorrei chiedere se secondo un esperto, la disfunzione che si è venuta a creare, è risolvibile in qualche modo, se per la vostra esperienza non si renderà conto di avere e suscitare reazioni esagerate fino a che non si attiverà in un percorso psicoterapico? A me sembra che per il momento non ascolti nessuno, nemmeno se stesso, io soffro tanto e non trovo una conclusione alle mie domande. Grazie per la considerazione, cordiali saluti
Salve,
La situazione è complessa e per niente facile. Da quello che scrive e dalla mia conoscenza, il suo compagno finché non si riconoscerà come tossicodipendente e farsi seguire seriamente la situazione può solo peggiorare.
Penso che sia il caso di allontanarsi almeno fino a che lui non accetterà la sua situazione che è già molto critica. Prima avverrà l'accettazione, più avrà possibilità di sganciarsi dalla sostanza, ma sicuramente non sarà un processo lineare e indolore.
Mi spiace essere drastico: lei sta già subendo delle violenze e lui ha già subito un drastico cambiamento della sua personalità, dove la sostanza è al centro della sua vita.
Si allontani e soprattutto si faccia seguire: rischia un invischiamento relazionale che le porterà solo dolore.
Emanuele Re