Come elaborare e vivere al meglio la convivenza con dei genitori da sempre tossici/possessivi?
Salve, sono Noemi e vivo con dei genitori che, per quel che ho letto, penso di poter definire "tossici".
Mio padre è il tipico "padre-padrone", colui che porta lo stipendio a casa e pertanto detta leggi e dev'essere rispettato senza fiatare; inoltre, eccetto quando ero molto molto piccola non ha mai mostrato affetto.
Mia madre è più complicata: da una parte fa la vittima, colei che si pente di non aver potuto vivere la vita a causa delle regole di mio padre, d'altro canto lo ha sempre difeso e appoggiato anche contro la mia di libertà; inoltre, nei miei confronti è sempre stata troppo apprensiva ed ha cercato di farmi credere, sin da piccolissima di essere l’unica di cui potessi fidarmi e con cui potessi confidarmi e che solo loro che erano la mia famiglia mi volevano bene davvero, tutti gli altri no.
Da piccola sono stata cresciuta con frasi del tipo: "se fai la monella papà poi ti dà le botte" o se facevo un guaio "nasconditi prima che viene papà" o "se lo fai lo dico al papà", per cui vedevo mio padre come cattivo e mia madre come la mia difenditrice. Crescendo ho capito che la realtà era più complessa di così: mio padre da piccola non mi ha MAI fatto del male ed erano solo minacce da parte di mia madre volte a farmi ubbidire per paura.
A partire dalle scuole elementari ho iniziato a notare che ero più isolata rispetto agli altri bambini: niente feste di compleanno, niente giocare a casa degli altri bambini il pomeriggio (e mai nessun compagno di classe a casa mia) e nessuno sport. Ho iniziato a ribellarmi alla situazione a partire dalle scuole medie e dopo molte suppliche e pianti mi hanno concesso di farmi andare al centro commerciale vicino casa il pomeriggio con altre compagne (il che fino ad allora non mi creava problemi).
Il problema è che la pretesa di uscire solo al centro commerciale e con orari fino al massimo le 23 si sono protratti fino ai 22 anni circa.
Per tutta l'adolescenza mi è stata quindi vietata quasi ogni cosa che tutti gli altri facevano (dalla scampagnata con gli amici, all'uscita la sera, alle primissime feste in "discoteca" del liceo, l’andare al mare in estate, il ferragosto o il capodanno). Venivo rimproverata solo perché osavo chiedere e la risposta era "NO" ed alla mia richiesta di spiegazioni ricevevo un "PERCHE' NO".
Essendomi fidanzata a 15 anni i miei hanno iniziato ad essere più severi per paura che io potessi avere dei rapporti perciò, quando uscivo, mi controllavano telefonicamente per sapere dove fossi, che facessi e quando tornassi.
Tutto ciò mi ha portato ad essere sempre molto isolata rispetto agli altri e presa in giro e ad un certo punto perdevo anche le amicizie che riuscivo a fare (quale ragazzino manterrebbe per lungo tempo un'amicizia la cui risposta per uscire è sempre no?) e durante l’estate, quando non uscivo da casa neanche per la scuola (nonostante non mi trovassi bene a scuola) erano periodi sempre molto tristi dove mi concentravo sul mio essere tenuta in gabbia rispetto agli altri coetanei. Ho avuto anche degli effettivi problemi nel vivere appieno la mia relazione perché, pur volendo avere dell'intimità con il mio fidanzato, per 3 anni su 5 non ci sono riuscita in quanto mi sentivo "in colpa" nei loro confronti, perciò, ad ogni tentativo piangevo e stavo male.
A 19 anni ho preso la patente ma tutt'ora (24 anni) mi viene vietato di guidare perché "poi chissà dove te ne vai". A 22 anni mi sono laureata e fidanzata con un mio collega di università che - essendo più grande di me ed avendo vissuto una vita "normale" - venendo a conoscenza della situazione mi ha supportata ed incoraggiata a “combattere per la mia libertà”, per cui ho iniziato a fare più tardi la sera nonostante i rimproveri (circa le 2-3 di notte, ovviamente non sempre) e ne ho ricevuto SCHIAFFI o spintoni da parte di mio padre ed ho iniziato a rispondere alzando la voce perché se cercavo di SPIEGARE le mie motivazioni venivano totalmente IGNORATE (in quanto io “inferiore” a loro).
L'essere cresciuta come un animale da controllare e tenere in gabbia mi ha da sempre, sin da adolescente, fatto stare male, mi sono sempre chiesta perché i miei non si fidassero di me nonostante non abbia mai fatto nulla di male, anzi! Non mi sono mai ubriacata, neanche da grande, mai fumato, ho sempre studiato molto, mi sono diplomata e laureata con il massimo dei voti; dopo la triennale ho lavorato per qualche mese, nonostante il covid di mezzo, per potermi mantenere da sola e dal 2019 non spendono nulla per me (eccetto le tasse universitarie).
Non hanno mai veramente espresso gioia per un mio successo ed erano sempre lì a rimarcare ogni insuccesso (quando ho perso un lavoro mio padre ha esordito con "chissà che hai combinato" e "NON TI HANNO VOLUTA NEPPURE Lì" e quando mia madre, a causa di una visita ginecologica è venuta a conoscenza del fatto che non fossi più pura ha iniziato ad insultarmi con i peggiori appellativi ed ha iniziato a piangere dicendo che IO l'avevo ferita perché le avevo sempre assicurato che potesse fidarsi del fatto che non avrei fatto nulla e invece le avevo mentito.
Quando mi concentro a pensare a tutto ciò che ho subito durante tutta la vita arrivo anche ad avere pensieri suicidi, che fortunatamente non ho mai attuato (ho comunque degli amici che mi supportano) eccetto dopo una brutta litigata dove sono arrivata ad auto-lesionarmi “leggermente” (solo per farmi male per provare “sollievo” al dolore psicologico e non per porre fine alla mia vita).
Perciò, visto che finché non termino l'università e non trovo un lavoro che possa permettermi di andare via, come posso fare a vivere al meglio con loro? Come faccio a smettere di pensare all'autonomia che non mi daranno mai? Sono arrivata ad un punto che - forse perché ci son passata troppe volte in passato - alla minima cosa mi vietano/cercano di impormi mi volto male ed inizio ad urlare (perché so già che la discussione calma e pacata non serve a nulla... tutto ciò che esce dalla mia bocca non viene ascoltato perché io vengo vista come inferiore a loro, "scema"). Avere queste litigate e anche in periodi “calmi” quando penso a tutto la mia ansia e lo stress raggiungono livelli che non riesco più a sopportare.
Lunga email ma di fatto tutto può essere riassumibile nella paura delle reazioni dei suoi familiari, e nel concetto di dipendenza emotiva e affettiva, problemi risolvibilissimi qualora decidesse di affrontarli in seduta. Mi contatti senza alcun impegno. Sarò lieto di risponderle a della richieste di chiarimento. Dott. Enrico Rizzo - Psicologo - Psicotraumatologo - Sessuologo Clinico.