Ho un problema con la mia famiglia
Ciao mi chiamo Marco e ho 17 anni. Vivo con mia sorella di 27 anni e suo figlio da quattro anni ormai. Abbiamo sempre avuto un buonissimo rapporto fino a due anni fa quando le ho detto di essere gay. La sua reazione è stata impossibile da dimenticare. Ha detto cose che non riuscirò mai a lasciar scorrere. Dopo quella situazione di coming out, lei ha fatto finta di niente, anzi, facendo qualche volta anche qualche domanda del tipo "Ma la fidanzata? ". Da quel momento lei si lamenta che io sono diventato più freddo con lei e che non le racconto più niente. Un anno fa lei si è sposata e io sono felice per lei dato che sta davvero bene ma da quando non ha più bisogno di me sembra come se io fossi un peso. Una domenica mi sono svegliato e trovando la casa vuota l'ho chiamata e mi ha risposto che erano andati in montagna e che mi avevano lasciato dormire. Mi sono sentito male quel giorno perché vedevo tutte le foto che lei pubblicava sui social e sembrava che lei lo facesse apposta. Poi il mese scorso, ho conosciuto questo ragazzo fantastico. Ci siamo messi insieme però, lei lo ha scoperto e oggi abbiamo litigato come non abbiamo mai fatto prima d'ora. Mi ha definito anormale e mi ha detto che dovevo farmi curare perché sono gay. Ho avuto un attimo in cui non riuscivo più a respirare e sentivo che stavo svendendo. Mi sono passate per la testa così tante idee che solo al pensarci mi vengono i brividi e ho pensato che parlarne mi avrebbe fatto bene.
Grazie in anticipo.
Caro Marco, purtroppo su certi argomenti ci sono ancora tanti blocchi culturali oltre che una forte ignoranza. Per fortuna dal DSM-5 (il nuovo Manuale internazionale dei Disturbi Psichiatrici) non è più contemplato il Disturbo di Identità di Genere. La prima cosa è non sentirsi in colpa. Purtroppo non si può modificare l'idea o il pensiero di un'altra persona se non è disposta o pronta a farlo. Di certo si è aperto un nuovo capitolo della tua vita in cui devi fare i conti con quelli che sono i tuoi bisogni oltre che i tuoi diritti e procedere ascoltando questi; scegliendo una strada di autonomia che sarà necessaria per essere libero. Dal punto di vista emotivo non è semplice accettare un distacco, ma non vuol dire che sia definitivo. Il lavoro ora sta, in primo luogo, nel non sentirsi diversi o in colpa per uno stato di natura. Ribadisco che il dispiacere che provi adesso deve però lasciare il posto ad una crescita personale che preveda l'autonomia da tua sorella e il distacco personale-emotivo dal giudizio altrui anche se proviene da un affetto molto caro.