Le difficoltà nel riconoscimento delle espressioni facciali e delle emozioni nell'autismo

Il volto e lo sguardo sono elementi essenziali dello scambio reciproco tra due persone in quanto consentono agli individui di sviluppare una delle più importanti abilità socio-cognitive ossia la capacità di cogliere le emozioni che si disegnano sul viso degli altri che ci circondano. Un’abilità che numerose ricerche hanno dimostrato essere altamente deficitaria nei bambini con autismo. I dati in letteratura confermano che i pazienti autistici posseggono un'inadeguata elaborazione dei volti prediligendo, infatti, gli oggetti ai volti e presentano una carente elaborazione emotiva, concentrandosi esclusivamente sulla parte inferiore del volto, piuttosto che sulla parte centrale e sugli occhi e ciò rende difficile la comprensione delle emozioni (Klin et al., 2002). Tali deficit sono dovuti ad alterazioni di alcune aree cerebrali quali il giro fusiforme, specializzato nel riconoscimento dei volti umani e nell'attribuzione di emozioni a specifiche espressioni facciali (Critchley et al., 2000; Perlman et al. 2011) e l’amigdala deputata all’elaborazione emotiva (Ashwin et al., 2007; Pelphrey et al., 2007), così come è stato evidenziato da diversi studi di neuroimaging in pazienti con autismo. Tuttavia, non si comprende ancora quali siano le cause specifiche legate al mal funzionamento di tali aree e se ciò sia dovuto ad una compromissione generale dei meccanismi neuro cognitivi deputati all’elaborazione socio-emotiva o sia il risultato della tendenza di questi pazienti a rifuggire i volti. Uno studio del 2005 dimostra, infatti, che l’attivazione del giro fusiforme e dell’amigdala correla positivamente con il tempo che un paziente autistico dedica a fissare lo sguardo ad uno stimolo target (Dalton K.M. et al., 2005). Altre ricerche hanno, inoltre, dimostrato che nelle persone con autismo il giro temporale, il quale in condizioni di sviluppo tipico si attiva solo di fronte ad oggetti, si attiva sia in presenza di oggetti che in presenza di volti, a prova del fatto che individui con autismo tendono ad elaborare i volti alla stregua di oggetti inanimati.

È chiaro, dunque, che le difficoltà nel riconoscere le emozioni di un interlocutore possano ridurre la qualità delle interazioni sociali, tuttavia, è importante considerare l’interazione come un processo bidirezionale o meglio multi- direzionale che coinvolge più di un individuo e può variare a seconda del nostro impegno in quella interazione. Pertanto, se da un lato gli individui con ASD possono essere poveri nella lettura di espressioni facciali neurotipiche (NT), dall'altro anche gli individui neurotipici potrebbero essere allo stesso modo alterati nella lettura delle espressioni ASD. (Halberstadt, Denham, & Dunsmore, 2001; Schilbach et al., 2013). Nel corso di varie interazioni, l’interpretazione corretta dell'emozione si basa sulle persone coinvolte che condividono rappresentazioni comuni di quella emozione; quando si cerca di interpretare i segnali emotivi, si confrontano le caratteristiche fisiche dell'espressione osservata con quelle delle proprie rappresentazioni interne di espressioni. Allo stesso modo, quando si tenta di trasmettere un'emozione particolare, diviene fondamentale produrre un'espressione che corrisponda alla rappresentazione di quell'emozione come condivisa dal proprio partner di interazione. Una mancata corrispondenza tra "mittente" e "destinatario" nelle rappresentazioni sottostanti per l'espressione emotiva porterebbe, quindi, a un fallimento nel comunicare emozioni (Cook, Blakemore, e Press, 2013).

Nonostante l’abbondanza in letteratura di dati che documentano la notevole difficoltà di persone con autismo nel riconoscere l'espressione emotiva neurotipica, esistono anche un numero minore di studi che hanno dimostrato che gli individui con ASD possono inviare chiari segnali emotivi, suggerendo un’atipicità dei comportamenti espressivi non verbali nei bambini con ASD all’interno di contesti naturalistici (Bieberich & Morgan, 2004; Capps, Kasari, Yirmiya e Sigman, 1993; Dawson, Hill, Spencer, Galpert, & Watson, 1990; Kasari, Sigman, Mundy e Yirmiya, 1990; Snow, Hertzig, e Shapiro, 1887; Stagg, Slavny, Hand, Cardoso, & Smith, 2014), con una riduzione dei movimenti dei muscoli facciali durante le situazioni di gioco (Czapinski & Bryson, 2003) e le espressioni facciali di imbarazzo durante il racconto emotivo (Grossman, Edelson, & Tager- Flusberg, 2013), oltre ad una chiara difficoltà dei bambini con ASD ad usare espressioni facciali di felicità nei compiti espliciti di espressione, (Langdell, 1981). Alcune ricerche mostrano come l’atipicità delle espressioni facciali delle emozioni prodotte da individui con ASD possa danneggiare il loro funzionamento sociale rendendo difficoltoso il rapporto con persone con sviluppo neuro tipico. In questo studio del 2009 di Volker, Lopata, Smith e Thomeer si è evinto che in un campione più ampio di bambini, i valutatori NT erano meno in grado di riconoscere espressioni di tristezza quando venivano prodotte da bambini con ASD rispetto a bambini con sviluppo tipico e le espressioni ASD erano giudicate anche maggiormente "atipiche" rispetto alle espressioni NT. Faso et al. (2014) hanno, inoltre, riscontrato che i giudici NT percepivano le espressioni facciali degli adulti con ASD meno naturali e più intense di quelle di individui che non presentavano ASD.
Tuttavia, il limite di questi studi è stato quello di aver utilizzato solo espressioni neuro tipiche e valutatori con sviluppo neuro tipico, fattore che in qualche modo ha potuto svantaggiare i partecipanti ASD. Finora è stata più volte ribadita, infatti, la difficoltà di individui con ASD ad interagire con gli individui NT non solo a causa di problemi legati all’interpretazione di espressioni facciali tipiche delle emozioni, ma anche a causa di individui NT che trovano difficile interpretare le espressioni autistiche di emozione. Per cui se l'ASD è associato a rappresentazioni di emozioni atipiche, esistono due possibilità: individui con ASD possono presentare rappresentazioni idiosincratiche (che variano tra gli individui ASD), oppure possono condividere rappresentazioni comuni, ma atipiche (che variano da individui NT). Se ciò fosse vero, è possibile che persone con ASD siano in grado di riconoscere le espressioni facciali emotive di altri con ASD, ma non di individui NT, per cui, negli studi precedenti, le espressioni emotive dei partecipanti allespressioni ASD potrebbero essere state correttamente interpretate da valutatori autistici. L'uso coerente di soli individui con sviluppo neuro tipico nei precedenti studi può, quindi, aver messo in difficoltà gli individui con ASD. Uno studio del 2016 di Brewer R. et al. ha cercato di rispondere proprio a questo quesito colmando il vuoto lasciato dai precedenti studi: l’atipicità delle espressioni facciali delle emozioni in persone con autismo è sistematica oppure è idiosincratica?

Tale ricerca ha, dunque, esaminato la capacità dei partecipanti di NT e ASD di riconoscere le espressioni emotive prodotte da individui con sviluppo neurotipico e da persone con ASD. Sono state incluse tre condizioni di posa, per determinare se le potenziali differenze di gruppo fossero dovute a rappresentazioni cognitive atipiche dell'emozione, a una compromissione della comprensione del valore comunicativo delle espressioni o a scarso feedback propriocettivo. Sono state create 486 stimoli (espressioni facciali) e sono state mostrate 216 espressioni NT e 216 espressioni ASD. Ogni prova consisteva in uno stimolo costituito da una singola espressione, presentata su uno sfondo nero per 800 ms, in seguito si chiedeva alla persona di attribuire l'emozione allo stimolo, scegliendo tra sei alternative, rappresentanti le emozioni di base. Ai Partecipanti fu chiesto di selezionare l'emozione che meglio descriveva l'espressione e di esprimere il grado di fiducia nella loro scelta su una scala da 1 a 9.

Dai risultati è emerso che entrambi i gruppi di individui sia NT che ASD, producevano espressioni facciali più riconoscibili quando veniva enfatizzato l'aspetto comunicativo dell'espressione facciale e quando era disponibile un feedback visivo. Per quanto concerne l’accuratezza dei riconoscimenti, indipendentemente dal gruppo di riconoscimento NT o ASD, le espressioni ASD erano riconosciute peggio rispetto alle espressioni NT, e ciò era in linea con le precedenti scoperte di espressioni "atipiche" e "innaturali" prodotte da individui con ASD (Faso et al., 2014; Volker et al., 2009). La dimensione dell’effetto del deficit di produzione è risultata essere relativamente minore in quanto le espressioni utilizzate all’interno di questa ricerca sono state prodotte in modo artificioso, chiedendo esplicitamente ai partecipanti di prepararsi a riprodurre espressioni facciali riconoscibili. Come fanno notare gli autori dello studio, la menomazione nella produzione sarebbe stata maggiore all’interno di un contesto ecologicamente più valido, in cui l’interazione si presuppone essere più genuina e in cui gli individui sono tenuti a elaborare le informazioni verbali, a prestare attenzione alle espressioni del partner di interazione e a produrre le proprie espressioni senza istruzioni esplicite a farlo.

I risultati di questo studio, quindi, hanno indicato sia che le espressioni ASD sono state riconosciute meno bene rispetto alle espressioni NT e che ciò è probabilmente dovuto a un autentico deficit nella rappresentazione delle tipiche espressioni emotive in questa popolazione ma anche che le espressioni ASD erano ugualmente scarsamente riconosciute sia da individui NT che da quelli con ASD, implicando rappresentazioni idiopiche, piuttosto che comuni, atipiche delle espressioni emotive nel ASD. Diviene, pertanto, fondamentale rivolgere una maggiore attenzione alla determinazione delle modalità di formazione delle rappresentazioni delle emozioni nell'ASD, al fine di migliorare le esperienze sociali per questi individui.

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