La mercificazione della donna a fini economici: dagli anni '70 ad oggi
Sin dagli anni ’70 la “liberazione sessuale” è stata sfruttata dall’industria dell’intrattenimento con il fine ultimo di offrire contenuti erotici e softcore a una platea di uomini tediati dal vedere in topless e lingerie (solo) le loro mogli e fidanzate: ecco dunque sorgere la commedia sexy simbolo del cinema anni ’70, a cui hanno contribuito − con la loro comicità − i vari Lino Banfi, Alvaro Vitali, Carlo Delle Piane, Renzo Montagnani, Bombolo...e − con il mettere in mostra il proprio corpo − le varie Edwige Fenech, Gloria Guida, Lilli Carati, Barbara Bouchet, Ria De Simone....E la liberazione sessuale, da conquista concepita per affermare la libertà e l’autonomia da parte delle donne è invece diventata un'occasione di soddisfacimento delle pulsioni sessuali maschili. Oggi i tempi sono cambiati, e per vedere su uno schermo un bel corpo femminile senza veli non basta più, e da eros e softcore si è passati a pornografia ed hardcore: una forma di intrattenimento pericolosa, che può anche portare fino alla vera e propria dipendenza psicologica.
Ma d’altra parte come potrebbero fare gli uomini d’oggi ad accontentarsi della semplice ammirazione di sensuali nudi femminili (erotismo) senza che sia presente l’esplicito contenuto sessuale (pornografia)? I nudi femminili e − più in generale − le immagini di belle ragazze spesso poco vestite sono già onnipresenti in numerosissimi contenuti pubblicitari, perchè nel marketing, si sa, il corpo femminile ha il compito di accompagnare il prodotto pubblicizzato per poterlo rendere in tal modo maggiormente accattivante. Un po’ come si usano i fiocchetti e la carta regalo per accompagnare i pacchi dono, le pallette e i ninnolini pendenti per addobbare l’albero di Natale, le candeline e le composizioni floreali adibite a centro tavola per fare da scenografia alle portate....Con l’intento di ottimizzare l’attrattiva che il proprio corpo può suscitare, la maggior parte delle donne si fa così prendere dagli accattivanti trucchi, dai vestiti eleganti, dalle acconciature alla moda e dai gioielli vistosi senza però rendersi conto che a loro volta le multinazionali usano il loro stesso corpo per abbellire i prodotti che immettono sul mercato.
Ma della mercificazione di loro stesse e del proprio corpo le donne non sono solamente vittime, ma molto spesso anche complici, e non solo in quanto generalmente non fanno niente per evitarla, ma poichè sono in tantissime a promuoverla e portarla avanti, consapevolmente o meno: quante donne si rivolgono al chirurgo estetico con l’intenzione di apparire più attraenti agli occhi maschili? E quante altre amano mettere in mostra il loro fisico (ad esempio postando foto sexy su Facebook e Instagram) ma non il loro cervello? Dopotutto, se nessuna donna si prestasse a mercificarsi, allora il problema non si porrebbe, ma la società fa passare un messaggio assai invitante, a cui è molto difficile resistere, il messaggio che in fin dei conti alle donne basta essere belle (e mettere in mostra la loro bellezza esteriore) per valere qualcosa ed essere accettate, a maggior ragione perchè milioni di bamboline senza cervello − oltre a poter essere sfruttate per fini economici − non rappresentano un pericolo per i governi e le lobby che ci plasmano la vita giorno dopo giorno. Magari perchè una donna che pensa poco vale, sì, poco, ma si rivela anche molto meno problematica. Ma d’altronde a che serve valere qualcosa come Donna nella società in cui conta di gran lunga di più valere come oggetto?
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