Psicologia delle Criptovalute: il valore di bitcoin & co è solo psicologico?
Se Elettra Lamborghini twerka in un video come quello di Pem Pem, divenuto poi virale, lancia la moda di un ballo. Se un eccentrico miliardario quale Elon Musk si fa testimonial di una criptovaluta come il bitcoin, lancia la moda di un investimento. Un investimento che sicuramente avrebbe largamente ricompensato chi 10 anni fa ha acquistato anche solo una manciata di bitcoin. Ma le criptovalute non sono dei BOT a 10 anni, ed è estremamente difficile ipotizzare che ci sia tanta gente pronta a detenere un investimento estremamente volatile per così tanto tempo. Le criptovalute, a differenza di investimenti più tradizionali, oltre a essere estremamente volatili, sono circondate quasi da un’aura mistica, per cui non è raro trovare persone le quali sono profondamente convinte che i loro bitcoin ogni giorno possano aumentare di valore, ed ecco spiegato il perchè sono pronte a tenerli praticamente all’infinito. Ecco, ma sono convinte, cioè trattasi praticamente di una mera opinione personale, poichè a livello scientifico è praticamente impossibile stimare il valore delle criptovalute anche solo tra pochi mesi, proprio per la loro elevatissima volatilità. Possiamo dunque constatare che il valore di una criptovaluta sia formale, psicologico, legato insomma a quanto un certo gruppo di persone − ad esempio i “bitcoiners” − gli diano importanza. Senza tale valore psicologico, il bitcoin non varrebbe assolutamente nulla. Non si tratta di una materia prima, con un dato valore intrinseco, potenziale, dato dal suo successivo impiego, nè di un’azienda con utili e relativo patrimonio aziendale…insomma si tratta soltanto di un valore simbolico, che sussiste fino a quando ci sarà un sufficiente numero di persone − legate dalla moda di investire in criptovalute − le quali intendono darglielo. Si potrebbe ribattere che anche le valute fiat, cioè quelle tradizionali, abbiano solamente un valore simbolico, poichè, ad esempio, una banconota da 50 € di per sè è solamente un pezzo di carta, non ha dunque un valore pari a quello che ci si potrebbe acquistare spendendola, ma questo suo valore e questa sua spendibilità sono comunque sanciti dalla legge. Anche l’ex presidente della BCE Mario Draghi ha commentato che dietro a una valuta fiat c’è uno stato, c’è una banca centrale, mentre dietro alle criptovalute non c’è nulla; l’attuale premier italiano ha inoltre affermato che le criptovalute sono un asset (cioè un investimento) altamente rischioso e pertanto gli investitori che perdono anche grandi ricchezze poichè le hanno investite in criptovalute non andrebbero indennizzati. Nonostante ci si possano aspettare, tendenzialmente, parole più umane, comprensive e caritatevoli da un uomo rimasto orfano in giovane età e allevato dai gesuiti (il paragone con un’altra personalità cresciuta dai gesuiti, San Gabriele dell’Addolorata, è a dir poco impietoso), fatto sta che le criptovalute sono viste molto male dalle banche centrali e, più in generale, dai capi di stato, proprio perchè potrebbero far perdere il valore alle valute fiat.
Certo, ci sono pure delle eccezioni, che confermano però la regola, come il caso isolato del piccolissimo stato di El Salvador, che per attirare investitori internazionali in una realtà ove la stragrande maggioranza degli investitori tradizionali non metterebbe mai piede (considerato anche che questa piccola nazione si basa principalmente su una economia di sussistenza e il Pil pro capite è estremamente basso) ha pensato bene di rendere il bitcoin la moneta ufficiale. Ma cosa dire invece dell’economia più potente al mondo, che ha praticamente superato anche quella degli USA, ovvero la Cina? Anche le autorità cinesi hanno accettato di buon grado i bitcoin? Nemmeno per sogno: a maggio hanno addirittura vietato alle banche le attività legate alle criptovalute, di fatto iniziando una vera e propria guerra economica contro di esse. Le conseguenze? Crollo del valore dei bitcoin. Ma il mese di maggio non è stato nero per i bitcoin solo a causa di tale decisione del governo cinese, poichè anche un semplice tweet può far crollare il valore dei bitcoin. E non è il tweet di qualche capo di stato, nè di organizzazioni criminali quali l’ISIS o Anonymous, ma dello stesso paladino della prim’ora dei bitcoin, Elon Musk, il quale un bel giorno si è svegliato, ha constatato che il processo di produzione dei bitcoin − il cosiddetto mining, un’attività che prevede degli appositi calcoli automatizzati da parte di computer di alta gamma, che necessitano di rimanere accesi e connessi alla rete praticamente notte e giorno − è altamente energivora e pertanto dannosa per l’ambiente, e dunque ha dichiarato con un tweet che la sua ditta automobilistica, la Tesla (che prima permetteva di acquistare auto in bitcoin, facendo dunque salire il valore degli stessi) non avrebbe più accettato tale forma di pagamento e che lui stesso si sarebbe concentrato su un altro tipo di criptovaluta più amica dell’ambiente. Stando così le cose, a meno che Elon Musk non sia stato posseduto da Greta Thumberg, il significato della sua mossa è semplice: amplificare o diminuire il valore del bitcoin a seconda del suo tornaconto personale. Questo è l’esempio lampante di quanta psicologia vi sia dietro ai bitcoin: in fin dei conti sono proprio gli atteggiamenti, le mode e le opinioni del momento − amplificati da esternazioni di personaggi e/o società importanti (e che pertanto sono in grado di esercitare un’elevata influenza sociale sui più) − a determinare il valore delle criptovalute. Ed è palese che siano tutti fattori estremamente imprevedibili e ondivaghi. Ecco perchè sono anche estremamente imprevedibili e ondivaghi i valori delle criptovalute.
Ciò può portare con sè un elevato rischio, come ha affermato − oltre a Mario Draghi − anche gran parte delle associazioni dei consumatori. D’altra parte le persone che investono in asset tradizionali, come azioni, obbligazioni, fondi comuni ed etf, hanno quantomeno un minimo di tutela data dal fatto che su tale tipo di investimenti la legge prevede che vi sia la vigilanza della Consob e della Banca d’Italia; ma tra l’altro una persona che vuole effettuare un certo tipo di investimento tradizionale deve prima compilare un questionario detto “Mifid”, che praticamente ha lo scopo di chiarire le conoscenze e le competenze in materia finanziaria di un potenziale investitore, nonchè il suo patrimonio mobiliare ed immobiliare e la sua propensione al rischio. Tutte queste informazioni concorrono a stabilire, almeno sulla carta, quali possono essere gli investimenti migliori per una data persona. Tutte queste garanzie non esistono per quanto riguarda i bitcoin. Dopo il fallimento della banca Tercas, gli ex azionisti hanno potuto effettuare delle class action contro la banca stessa, ma invece se si perdono i bitcoin non si può fare causa a nessuno, poichè, come asserito anche da Mario Draghi, “Non c’è nessuno dietro ai bitcoin”. Ma proprio perchè tante banche spesso mal consigliano gli investitori, facendoli dunque perdere in borsa, esistono proprio delle società specializzate nel recuperare soldi persi in tal modo, laddove venga accertato il dolo da parte dell’istituto bancario. Ovviamente ciò non è possibile con le criptovalute, poichè sono un “non investimento”. Ma se si acquistano “a 10” e si vendono “a 20”, ci si guadagna la differenza (in valuta fiat). Non c’è altro modo per guadagnare con le criptovalute se non questo tipo di speculazione. Ma bisogna anche sperare che il valore della criptovaluta salga e che non ci sia nessuna persona in grado di orientarne il valore che un giorno decida di scrivere un bel tweet che la faccia crollare in borsa. E il caso del tweet di Elon Musk è magistrale, proprio nella sua surrealità e allo stesso modo, però, nel suo modo estremamente reale di influenzarne così pesantemente il valore. É un po’ come se un giorno la regina Elisabetta si svegliasse e scrivesse un bel tweet per far crollare il prezzo del tè: “Ora basta con questa storia del tè: noi inglesi ci siamo stufati di un simile clichè! Da oggi il pomeriggio si beve solo spritz! A breve verrà emanato un editto con cui si vieterà la produzione e la commercializzazione del tè su tutto il territorio del Regno Unito”. Poi l’Irlanda del Nord annuncia un referendum per annettersi con il resto dell’Irlanda, gli indipendentisti scozzesi annunciano che è arrivato il momento di fondare lo “Stato di Scozia” e i castelli del Galles vengono riconvertiti in laboratori clandestini di produzione di tè verde. A questo punto, dato che con i bitcoin si può acquistare, nel deep web, qualsiasi tipo di prodotto illegale, dalla droga alle armi, dai documenti falsi ai video pedopornografici, perchè non acquistare anche del buon tè?
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