Dott.ssa Federica Ciocca

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Dott.ssa Federica Ciocca

Psicologa Psicoterapeuta cognitivo-costruttivista

DISTURBI D’ANSIA e PAURA nei bambini. Quando porre maggiore ATTENZIONE e porsi delle DOMANDE?

L’attivazione del corpo umano in presenza di una determinata situazione può essere una risposta normale se ci si trova  di fronte ad una situazione di pericolo o per difendersi da qualcosa. Così il corpo, grazie ai segnali che arrivano dal Sistema Nervoso Centrale inizia a prepararsi per compiere un determinato movimento e mettere in atto uno specifico comportamento (di attacco, difesa o fuga).

Tutte le persone, in alcune circostanze, hanno paura e in determinate situazioni è normale e “buono” provare questa emozione primaria sia da parte dei bambini che degli adulti.

Non sempre la paura è un’emozione negativa, talvolta,  può “salvare” o mettere in allerta di fronte un possibile pericolo!

Quando si è spaventati il corpo spesso si immobilizza, il sangue tende a defluire, si mostra pallore in viso, il sudore percepito sul corpo aumenta, i peli si rizzano, ecc.

In questa fase la persona “perde” parzialmente la propria integrità e potrebbe vedere la realtà in una prospettiva “diversa”: ingigantire un evento, non riuscire a controllare l’attivazione corporea, avere pensieri intrusivi o riferire di averne “mille”, ecc.

Dopo un evento negativo che porti o meno all’insorgenza di un trauma, la persona potrebbe riferire di non avere ricordi o di averne ma frammentati.

Quali domande possono guidare un genitore o un adulto di riferimento nel capire se la paura è normale o è sintomo di un problema?

Secondo Beidel & Alfano, 2001, p.18 e Stepparava & Iacchia, 2012, p. 51, queste domande sono:

  • La paura che mostra il bambino è proporzionale all’evento o alla difficoltà da superare? 

Un esempio su cui riflettere può essere la paura mostrata prima di una verifica o interrogazione; un po' di preoccupazione o attivazione del corpo sono fisiologici e normali. A tutti noi è successo e non ci si deve allarmare; diverso è il caso se questa paura arriva a “bloccare” lo studio e a creare sintomatologie somatiche (come per esempio mal di pancia o stomaco).

  • Il bambino è “bloccato” e non riesce a raggiungere l’obiettivo prefissatosi?

Un esempio potrebbe sempre essere la preparazione per una verifica fissata per il giorno successivo.

  • La paura si può eliminare parlando con il bambino, ragionando insieme e magari offrendo anche una spiegazione.

È importante porre la propria attenzione quando, dopo aver fornito una spiegazione alla paura, il bambino ancora non riesce ad accettare e superare questa emozione.

  • La paura può essere controllata e modulata dal bambino stesso?
  • La paura da quanto è presente? È restata immutata nel tempo o ha subito delle modifiche in positivo o negativo?

Quando una paura dura da più di 6 mesi significa che è bene focalizzarla e occorre porsi delle domande. Alcune paure nei bambini possono essere normali, come già citato, ma per esserlo devono esistere solamente per qualche settimana o mese e, comunque, non troppo a lungo.

  • La paura come si potrebbe classificare: Adattativa quindi normale e tipica di alcune situazioni o di eventi o disadattiva?
  • La paura che il bambino ha è tipica e rientra nella sua età anagrafica o dovrebbe essere una paura “superata”?

Per esempio avere paura del buio o dei fantasmi quando si è molto piccoli è normale.  Essere ancora spaventati attorno ai 9 anni, invece, deve destare attenzione e dubbi da parte dei genitori.

  • La paura provata interferisce con la vita quotidiana: scolastica, hobby, relazioni sociali, sport, ecc.?

Quando ci si trova in difficoltà o si vivono dei dubbi, situazioni a cui non si sa rispondere, può essere utile richiedere una consulenza familiare.

Per questa specifica difficoltà, può essere auspicabile, porsi delle domande quando:

  1. Non si riesce a “risolvere” o trovare delle strategie adatte alla risoluzione di una difficoltà,
  2. La paura descritta e provata non è proporzionale alla situazione,
  3. Non si controlla tale paura pur mettendo in atto le proprie risorse interne e le proprie abilità,
  4. Non si riesce ad eliminare anche se si ricevono le dovute spiegazioni o se ci si può confrontare con un adulto di riferimento o una persona “fidata” o competente,
  5. E' presente da molto tempo,
  6. Modifica e altera la normale routine quotidiana, le relazioni sociali, lavorative, scolastiche, ecc.,
  7. Diventa disadattiva;
  8. Non è coerente con la situazione vissuta o l’età anagrafica.

 

Bibliografia:

Stepparava, M.G. & Iacchia, E. (2012), “Psicopatologia cognitiva e dello sviluppo: Bambini difficili o relazioni difficili?”, Raffaello Cortina Editori

Beidel, D.C. & Alfano, C.A. (2011), “Child Anxiety Disorders.” RoutledgeTaylor&Francis, Hove.

 

Dott.ssa Federica Ciocca

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Studi su Torino e provincia

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