Come accettare una malattia e ricreare un rapporto con mia madre?
Buonasera a tutti,
Sono una ragazza di 26 anni, italiana, di famiglia benestante.
Nella vita non mi è mai mancato niente, nemmeno una famiglia felice.
Figlia unica, ho sempre vissuto felicemente con i miei genitori senza nessun tipo di problema, fino a pochi mesi fa.
Un anno fa io e mio padre ci siamo resi conto di alcune problematiche legate alla personalità di mia mamma.
Notavamo atteggiamenti strani, pensavamo quasi avesse iniziato a bere di nascosto tanto ci pareva allucinante la situazione: mia mamma non era più mia mamma.
In sostanza, per non rendere troppo lungo il mio racconto, dopo mesi e mesi di esami, sedute psicologiche ed esami neurologici, i medici hanno proposto ai miei genitori di effettuare un test genetico.
Dentro di me imploravo non lo facesse, ma si sa che noi figli faremmo sempre il contrario di ciò che effettivamente i genitori fanno…
Risultato: CADASIL. Ebbene sì, una Malattia genetica rara, di cui nemmeno avevo mai sentito parlare, si è lanciata sulla mia famiglia distruggendo il nostro castello di felicità.
Da quel momento qualcosa è cambiato, dentro di me ma anche dentro alla nostra famiglia.
Inizialmente ero molto scossa, quasi incapace di comprendere e di respirare, visto che io ed il mio ragazzo (con cui andrò a convivere tra un mese) sognamo una famiglia, un figlio, e l’idea di poter avere io stessa questa malattia e di poterla quindi trasmettere a mia volta a mio figlio mi distruggeva.
Poi, però, ho deciso di non dovermi dare per vinta e di affrontare a testa alta le mie battaglie, questo anche grazie al mio meraviglioso fidanzato, che non mi ha mai lasciata sola nemmeno un minuto, ed al mio fortissimo papà, la vera roccia della mia famiglia, è lui che rimette insieme i pezzi dei nostri sorrisi.
Mia mamma, invece, sicuramente a causa della malattia ma anche un po’ per il suo carattere, sembra essersi ancora più incattivita.
È diventata una persona acida, pigra, viziata e molto scortese: sembra odiarci tutti.
Io e mio papà non sappiamo davvero più cosa fare per lei, proviamo ad aiutarla in ogni modo, mentre lei si butta sempre più giù assumendo questo atteggiamento da vittima e bambina viziata che io non riesco proprio più ad accettare.
La mia vita sta diventando un incubo, passo le giornate, oltre che a lavorare, a lavare, cucinare, stirare e dare una mano in casa per aiutare mia mamma che sembra essere improvvisamente diventata totalmente svogliata, nonostante lavori ora part time.
Fino a qualche anno fa Avevo un bellissimo rapporto con mia mamma, era anche per me una confidente…ci piaceva fare shopping insieme, guardare qualche serie tv e chiacchierare per ore, mentre ora sembra essere svanito tutto, ed io mi sento così arrabbiata, così immagonata, così in colpa.
Mi sento in colpa per tutto, anche quando esco di casa.
Mi sento terribilmente in colpa se lei rimane da sola in casa, e lei non fa niente per non farmi sentire così.
Proprio domani mio padre avrà una cena di lavoro, ed io avevo da tempo organizzato un weekend via con il mio ragazzo ed i nostri amici. Lei, non essendo riuscita ad organizzarsi con le sue amiche per andare fuori a cena, poiché tutte impegnate, ha iniziato a far sentire in colpa me e mio padre chiedendoci di non lasciarla sola una sera, di annullare i nostri impegni.
Ho anche il terrore che possa compiere qualche gesto estremo, poiché una sera ha addirittura minacciato di farsi del male!
La mia vita non può continuare così.
Mi sento la mamma di mia mamma, ed io non ce la faccio più.
Se in più, oltre a tutto questo, ci aggiungiamo l’ansia per il mio test genetico, che non ho ancora avuto il coraggio di fare, capiamo tutti che non riesco più a respirare.
I miei unici momenti di felicità sono quelli in cui sono con il mio ragazzo, ovvero quando sono fuori da questa casa.
Sono contentissima di andare a vivere insieme a lui, ma allo stesso tempo mi sento in colpa anche per questo visto che mia mamma mi chiede in continuazione di posticipare il trasloco perché tutto ciò la rende più triste ancora.
Io capisco tutto.
Capisco la malattia, capisco la difficoltà, capisco perché ci sono dentro fino al collo, ma non capisco questo suo atteggiamento, non capisco questa sua cattiveria, questa sua antipatia, questa sua non voglia di affrontare le cose.
Ho anche pensato di iniziare io stessa un percorso psicologico ma non ho ancora trovato il coraggio di chiamare per prendere un appuntamento, forse scrivere mi sembra più facile che parlare.
Aiutatemi, vi prego.
Cara Oriana,
dispiaciuta per il difficile periodo per lei e la sua famiglia, offro qualche spunto, non esaustivo, per contribuire.
La notizia di una malattia organica, grave, cronica, in questo caso anche ereditaria, è un fattore di destabilizzazione e crisi per le famiglie che la affrontano. L’ansia, il disorientamento, l’ambivalenza fra il desiderio di avere ogni informazione possibile e quello di fare come se non ci fosse, sono reazioni naturali a un evento che spezza la continuità della vita e impatta sulle relazioni familiari.
Una buona informazione e una buona relazione con i curanti di sua madre possono essere un aiuto importante per orientarsi concretamente e per attutire l’urto psichico dei cambiamenti che sta attraversando.
A mio parere il suo pensiero di iniziare un percorso di sostegno psicologico è davvero un buon consiglio che sta dando a se stessa. Ci racconta che sta affrontando una notizia dolorosa riguardo la salute di sua madre, unito a un inquietante cambiamento del suo carattere; inoltre sta affrontando la decisione di effettuare un test che riguarda la propria salute. Tutto questo mentre stava progettando e attuando un passo decisivo per il proprio futuro nel creare un nucleo familiare, orientandosi al futuro.
Riconoscere che sia un carico eccessivo da portare da sola e riconoscersi il diritto a ricevere aiuto sono due doni importanti che si può fare per sostenere la propria crescita di adulta di fronte alla sofferenza che naturalmente la vita presenta. Un percorso può esserle davvero utile a proteggersi dal dolore senza negarlo, ad avvicinare l’ambivalenza che i comportamenti di sua madre attivano, a imparare a modulare le proprie forse fra l’aiuto ai propri genitori e l’investimento nella propria relazione e nel proprio futuro.
Chiedere sostegno, anche psicologico, all’esterno, è un passo di aiuto all’intera famiglia messa a dura prova. Il professionista a cui si rivolgerà saprà accoglierla e rispettare i suoi tempi per dare voce ai pensieri e alle emozioni che per ora può solo scrivere.
Le auguro di trovare la comprensione che si sforza generosamente di dedicare alla sua famiglia.
Psicologa, Psicoterapeuta - Torino