Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Rapporto morboso padre-figlia
Buongiorno, frequento da un paio di mesi un uomo di 50 anni con una figlia di 20. Dopo circa due settimane mi è capitato di incontrare casualmente sua figlia, giusto 5 minuti il tempo della presentazione. Premetto che vedo il mio compagno una volta a settimana a casa sua dopo il lavoro in un giorno fisso non flessibile per ragioni lavorative, dormendo da lui, e che lui poi si reca a casa mia nel weekend (non viviamo vicinissimi). Recentemente la figlia ha espresso il desiderio di volermi conoscere meglio e così abbiamo pensato di organizzare una cena. Quando nel pomeriggio mi stavo recando a casa loro, lui mi mette a conoscenza che sua figlia quella sera dormirà da lui (lei si reca indistintamente dalla madre o dal padre a suo piacimento senza giorni prestabiliti). A quel punto io manifesto il mio disagio a fermarmi a dormire, dicendo che lo trovavo prematuro soprattutto visto che vedevo sua figlia per la prima volta. Capisco la cena e anche il fatto che possa capitare di incrociarla a casa del padre essendo casa sua, ma un tale livello di condivisione no, pertanto mi offro di tornare a casa mia a dormire. Alla fine la figlia torna a casa della madre e quindi io resto, non nego con molto disagio per la situazione creatasi. Premetto che la cena è andata bene e la figlia mi è piaciuta moltissimo, una ragazza a modo, molto carina anche nei miei confronti. Il problema è che il mio compagno non ha gradito che io non volessi dormire lì quella sera, all'inizio ha cercato di insistere dicendo che poteva "farci bene" stare tutti insieme e creare una sorta di normalità sin da ora visto che la figlia sa che dormiamo insieme; successivamente sostiene che "mi capiva in questa fase ma che successivamente questa situazione andava risolta" come se si fosse già creato un problema. Onestamente penso sia più che legittimo in una fase così iniziale non sentirsi pronta a dover già vivere queste dinamiche che dovrebbero competere a una coppia "più collaudata" fermo restando che con il tempo OVVIAMENTE accadrà. Tra l'altro io mi reco in quella casa mezza giornata a settimana, non ho una presenza così marcata da dovermi per forza imbattere nella figlia e ritengo che il mio compagno potrebbe cercare di non farlo capitare almeno per ora. Non mi riferisco ad incontrare sua figlia quanto piuttosto al farla dormire a casa loro l'unica sera in cui ci sono io. La mia impressione è che lo vedo così legato alla figlia da volerci stare anche a discapito del nostro rapporto e che non senta a questo punto la mia stessa necessità di viverci ancora un po' soli (che io ho soprattutto per conoscerci meglio) e che forse questo affrettare la conoscenza sia partita più da lui che da lei per potersi vivere la figlia appieno anche nel pomeriggio in cui ci sono io a casa. Di fatto ho specificato che in futuro se lei dormirà lì io mi farò da parte tornando a casa mia perchè non mi sento pronta a gestire ORA questa situazione. Ho capito da subito che tra loro c'era un rapporto simbiotico, il fatto che lui non abbia una relazione importante da qualche anno e che viaggi e faccia molte esperienze con la figlia e non con gli amici mi ha fatto pensare. Dopo averla conosciuta e dopo averli visti insieme, questo attaccamento mi è sembrato più del mio compagno: la ragazza parlando del ragazzo e del suo futuro mi è sembrata indirizzata a voler spiccare le ali e viversi una sua vita anche in un quartiere lontano dal padre. Ovviamente sono mie sensazioni! Vi chiedo un consiglio su come affrontare questa situazione. Il mio compagno, come potete immaginare, è molto suscettibile sull'argomento ma ha accettato di buon grado di non vedermi più in quel giorno fisso della settimana se sua figlia andrà a dormire da lui perchè "non la può cacciare né dirle di non dormire a casa perchè ci sono io" . Grazie del supporto.
Salve, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi e disfunzionali che mantengono in atto la sofferenza impedendole il benessere desiderato.
Ritengo altresì utile un approccio EMDR al fine di favorire la rielaborazione del materiale connesso con la genesi della sofferenza in atto.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL