Dott. Francesco Damiano Logiudice

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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

Sono io ad essere sbagliata?

Buongiorno,
Chiedo cortesemente un aiuto da parte vostra perché mi trovo ad un bivio.
Da sempre i rapporti con i miei genitori sono stati tesi, ho una sorella minore, ed entrambe siamo state cresciute in una sorta di regime dittatoriale: non esistevano le nostre opinioni, essendo la maggiore io ho sempre "dovuto" ( badare a mia sorella, comprenderla, "lasciar correre", ubbidire e non contrastare mai, in nessun caso). Mia sorella, in quanto minore "poteva" (protestare, lamentarsi, essere sempre scusata). Nella mia famiglia non c'è mai stato rispetto per mia privacy, per le mie idee, per le mie passioni. Veniva tutto ridicolizzato, esposto. Se manifestavo una sorta di sofferenza questa veniva sminuita, se la causa potevano essere i miei genitori questi negavano, dandomi della stupida perché non sapevo cosa fosse il vero dolore. In casa c'erano botte, si passava dalle classiche sculacciate alle ciabatte, ai mestoli e talvolta alla cinghia. Quando era mio padre a darmele mi facevo la pipi addosso dalla paura. Tutto era visto come superfluo: amici, sport, divertimento. Bisognava essere produttivi: scuola, compiti pulizie di casa. Mentre io crescevo taciturna e chiusa in me stessa, mia sorella trovava il suo modo di sopravvivere. Era espansiva, aveva capito il meccanismo per ottenere sempre quello che voleva, se non ci riusciva partivano le scenate e i miei la accontentavano. Da piccole, mentre i miei lavoravano, veniva a casa nostra mia nonna, a badare a noi e alla casa. Mia nonna mi ha insegnato a leggere, a scrivere, i numeri... insomma arrivai all'asilo che già sapevo scrivere , grande vanto dei miei (nonostante a detta loro fossi tanto impegnativa da gestire). Mia sorella, dal carattere diverso, non voleva seguire quello che mia nonna voleva insegnarle, e dopo un po' di scenate mia nonna si è concentrata su di me per le lezioni. In tutto questo mia madre mi ha fatto sempre pesare il fatto di aver sottratto, tramite manipolazione, l'amore di mia nonna verso di lei e verso mia sorella. Mi ha sempre accusata di essere la preferita di mia nonna, e ovviamente l'ha detto anche a mia sorella. A quel tempo ero piccola, non avrò avuto più di 7...8 anni. Più il tempo passava più le cose peggioravano, non esistevano gite ( non c'erano soldi), le passeggiate erano sporadiche (siamo troppo stanchi), non c'erano parchi gioco ( poi ti sporchi). Uniche uscite: al mare ma solo di mattina, e a far funghi ( stando rigorosamente vicino alla macchina mentre mio padre era in giro). Di amici non ne ho mai avuti, ero davvero tanto timida. L'adolescenza è stato il mio periodo più buio, ero completamente sola, non potevo parlare con nessuno, non avevo amici, non avevo privacy. Una volta tenevo un diario. Puntualmente letto e ridicolizzato da mia madre. Nei primi anni, avrò avuto si e no 11... 10 anni, i miei hanno una crisi: mia mamma era convinta che mio padre fosse interessato ad un' altra donna, per cui mi fa telefonare a delle gastronomie e ordinare cibo a nome della persona a cui mio padre sarebbe interessato. Ad un certo punto mi rifiuto di farlo, non trovavo giusto doverlo fare io, mia madre lo vede come un grande tradimento, mi esclude dalla "sua cerchia" e fa fare il lavoro sporco a mia sorella. Poco tempo dopo i miei hanno una brutta discussione. Mia sorella ed io siamo presenti. Ad un certo punto vengo chiamata da mia madre in camera di mio padre. La finestra della camera é spalancata e vedo mio padre sporto fuori dalla finestra che dice di volerla fare finita. In tutto questo mia mamma é nascosta dietro la porta della camera ad origliare. Mi giro verso di lei perché non sapevo cosa fare, lei mi esorta ad andare da mio padre a gesti. Vado vicino a mio padre e gli chiedo cosa sia successo, lui dice che non ne può più e vuole farla finita, gli chiedo di non farlo ma mi manda via in malo modo. Alla fine per fortuna non ha fatto nulla, ma il trauma é rimasto, come la visione di mia mamma nascosta che mi manda avanti a cercare di risolvere i problemi. Gli anni che seguirono furono per me molto duri. Mi sono sentita sola. Una solitudine schiacciante, devastante, non avevo nessuno con cui parlare, non c'era nemmeno un luogo per piangere perché la casa era piccola, e, nel caso qualcuno mi avesse vista piangere sarei stata ridicolizzata e sminuita, come al solito. Ho avuto brutti pensieri, molto brutti. Il dolore che provavo, la mancanza di prospettive, l'angoscia che non ne sarei mai venuta fuori mi facevano pensare alla fine ogni giorno. Piano piano gli anni sono passati, e col tempo andavo a trovare sempre più spesso mia nonna, certo, non potevo raccontarle il mio dolore, però mi sentivo amata, lei era l'unica persona della mia famiglia che non giudicava, non sminuiva, se ero triste anche lei lo era, se ero felice lo era pure lei. Il dolore e la solitudine che provavo erano sempre li, ma almeno mi sentivo amata da una persona. A casa mi sentivo prigioniera, dovevo stare attenta a come parlavo, a come mi muovevo. Mia sorella invece, avendo capito il meccanismo non subiva pressioni, faceva il bello e il cattivo tempo. Finito il liceo iniziai un corso professionale, li conobbi varie persone, ebbi molta difficoltà a relazionarmi, non ero abituata a frasi come "come va?", col tempo iniziai ad uscire, e ovviamente ai miei non andava bene, sebbene andassi a mangiare un panino e tornassi a casa a mezzanotte, era molto sconveniente. Nel frattempo invece mia sorella frequentava persone molto vecchie e con molti soldi, ma questo andava bene perché lei era furba e tornare a casa con un orologio di pregio era visto come un vanto. Poco dopo incontrai quello che sarebbe stato mio marito, i miei la presero malissimo, mi insultarono, minacciavano lui, colpevolizzavano me. Non ero furba, non avevo trovato " quello con i soldi". Mio padre non mi parló per lungo tempo e mia madre passava il tempo a colpevolizzarmi. Minacciai di andarmene da casa, seguì una lunghissima discussione con i miei e mio futuro marito, dove i miei dissero a lui che brutta persona che ero e che l'avrei sicuramente lasciato. Seguì un periodo molto difficile, stare in casa era una sofferenza. Facevo fatica a trovare un lavoro, quelli che trovavo erano a termine e mia madre non perdeva mai occasione per dirmi che ero una fallita, che non ero capace di tenere un lavoro, che ce la facevano tutti e io no. Nonostante tutto in mio marito ho trovato una persona stupenda. Ho trovato la gioia, l'amore, tutto quello che ho sempre cercato e ho sempre desiderato donare. Decidiamo di sposarci, i miei accolgono la notizia in modo freddo ma poco importa. Poco dopo mi sono ammalata, due linfomi supero la malattia, anche se mi lascia molti strascichi, qualche mese dopo mia nonna, a causa di una caduta, finisce in ospedale, in rianimazione. Mia madre coglie al volo l'occasione per dirmi che mia nonna, soffrendo in ospedale sta pagando il prezzo della mia guarigione, inoltre il giorno in cui succede l'incidente vengono avvisati tutti tranne me. Il tempo passa e dopo 3 anni di convalescenza in rianimazione mia nonna muore. Mi sono sentita come se avessi perso entrambi i genitori, mia nonna era l'unica persona della famiglia alla quale dicevo "ti voglio bene", abbracciavo, baciavo. Non sono mai riuscita a farlo con i miei. Sono stata in terapia da psicologi, psichiatri e via dicendo. Mia madre parlava soltanto del suo dolore, del fatto che nessuno soffriva quanto lei, e ogni tanto ovviamente diceva che nonostante avesse fatto di tutto per mia nonna, questa preferiva me a lei. Nel frattempo i rapporti con mia sorella erano nulli c'era sempre una competitività per risultare migliori agli occhi dei miei, lei non perdeva mai tempo in questo, d'altrocanto, se ribattevo venivo comunque zittita. Le cose in famiglia sono precipitate quest anno. Vedo la mia famiglia solamente altre feste comandate e ai compleanni, ma ogni volta venivo attaccata con frecciatine da parte di mia sorella, un crescendo ogni volta. Fino ad ottobre, dove dopo 2 ore non ce l'ho fatta più e, pur trattenendomi, le ho risposto male. Ho espresso a mia madre il dolore per quegli attacchi senza motivo, ma come al solito non ho ricevuto nessun conforto, anzi, mi ha detto che mia sorella ha questo brutto carattere perché da piccole mia nonna, volendo più bene a me, si è concentrata solo su di me e non su di lei. Durante questo periodo ho riflettuto tanto, e ho deciso che per le feste non avrei visto mia sorella, troppo stufa del suo comportamento. L'ho detto a mia madre, le ho detto che mio marito ed io saremmo passati da loro ma separati da mia sorella. Non c'è stata nessuna empatia da parte sua, non un mi dispiace, come posso aiutarti? L'unica preoccupazione era che mio padre non l'avrebbe presa bene. Dico a mia madre che prima di parlare con mio padre provi a parlare con mia sorella per capire la situazione e poi parli con me. Ieri ho ricevuto una telefonata da mio padre, dopo Aver inveito contro di me in tutte le maniere possibili ha detto che se devo venire al pranzo di natale per far baruffa con mia sorella posso stare a casa. Inutile spiegare. Si é messo a gridare avanti, al che gli ho augurato buon natale e buon anno e ho messo giù. Sono rimasta ferita e delusa per l'ennesima volta per la non volontà di cercare di capire, per lo sminuire di ciò che mi provoca dolore. Per non prendersi neppure la briga di parlare con mia sorella. Non provo sensi di colpa, lo rifarei? Si. Ma é il fatto di sentirsi rifiutata, liquidata come problema dopo 5 minuti che mi ha ferita.
So di essere stata prolissa, ma non ho nessuno con cui sfogarmi, mio marito mi é vicino, mi sostiene e mi é di grande conforto, però a volte avrei bisogno di poter parlare con una terza persona, per non riversare tutto sulle sue spalle.
Ad oggi vivo come se fossi appena uscita di prigione. Non come se siano passati 20 anni dal mio periodo buio, mi sento come se avessi appena iniziato a vivere, non riesco a togliermi di dosso il dolore e la sofferenza degli anni passati. So per certo che sarebbe inutile parlare con i miei, non ammettono nemmeno il tentato suicidio di mio padre, dicono che me lo sono inventato, e quando divento insistente allora dicono che ormai è acqua passata. Loro non ammettono un loro sbaglio, non ammettono il fatto che una delle figlie dica loro che hanno sbagliato in qualcosa, la colpa é sempre e comunque mia.
Grazie mille anche solo per aver letto.
Buona giornata.

Salve Desiree,

mi dispiace moltissimo per la situazione che descrive poichè comprendo quanto possa essere difficile convivere con questa situazione riportata.

Ritengo che possa essere molto utile per lei richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.

Ritengo che un percorso cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono di ottenere il benessere desiderato e mantengono in atto la sofferenza.

Resto a disposizione, anche online.

Cordialmente, dott FDL