Dott. Francesco Damiano Logiudice

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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

Il lavoro come una prigione

Salve,
da circa due anni sono un dirigente pubblico, dopo aver lavorato per 7 anni come funzionario. Da funzionario amavo o comunque vivevo con serenità il mio lavoro. Si trattava di un'attività non tanto pagata, ma che mi permetteva una vita normale. In ufficio mi trovavo molto bene coi colleghi, avevo un capo irascibile, ma sempre rispettoso delle esigenze personali. Soprattutto potevo porre un confine tra lavoro e vita privata. Avevo 3 pomeriggi liberi a settimana, due giornate "lunghe" nelle quali uscivo alla 17:45 più o meno, mentre appunto il lunedì, mercoledì e venerdì uscivo alle 13:30 potendo persino pranzare a casa. E soprattutto, una volta terminata la giornata lavorativa, staccavo e non pensavo più al lavoro, potendo dedicare il tempo libero alle mie cose. Naturalmente potevo prendere tutti i permessi e le ferie che mi erano necessarie, queste ultime in coordinamento coi colleghi. Avevo ottimi rapporti con tutti, anche coi colleghi degli altri uffici e il lavoro per me non era un problema. Durante il tempo libero o le ferie sapevo che nessuno dal lavoro mi avrebbe disturbato e questa era la cosa più importante.
Il mio sogno era sempre stato quello di diventare dirigente, un po' per un miglioramento economico, un po' per crescita professionale. Ho sempre studiato e alla fine ci sono riuscito con le mie forze.
Una volta dirigente, ho cambiato Ministero, e mi sono trovato in un contesto molto difficile, dovuto alla disorganizzazione e alla carenza di personale. Per 17 mesi ho tenuto duro e alla fine sono riuscito a tornare, sempre come dirigente, al Ministero precedente, in cui lavoravo da funzionario. Dopo l'iniziale euforia, sono iniziati i problemi. Un capo opprimente, continue videoconferenze, oltre 30 persone da coordinare, un peso enorme da sostenere. Ormai la mia vita è diventata un inferno: posso essere disturbato sempre, fino alle 20 di sera vivo col terrore. Riesco a uscire intorno alle 17:30, ma da appena esco ho il terrore che vi sia un'urgenza, cosa che per fortuna capita di rado. Ma il lavoro è talmente gravoso e psicologicamente opprimente che non riesco a pensare ad altro. La mattina non vorrei neppure alzarmi dal letto, pensando a quanto mi attende durante la giornata. Lo scorso sabato, giorno che ritenevo sempre "inviolabile", ho persino ricevuto un messaggio del mio capo che mi faceva notare un errore (e su questo aveva ragione) e questo mi ha ulteriormente destabilizzato, non tanto per il contenuto del messaggio, quanto per l'inopportunità dell'invio il sabato. E' un capo pressante, a volte chiede di fare subito una cosa e questo mi mette in difficoltà.
Ho capito che forse non sono adatto a fare il dirigente, che tanti soldi non danno la felicità soprattutto se non puoi goderteli un pochino. Ho il terrore al solo pensiero delle ferie, che sono sicuro mi rovineranno, o al pensiero di dovermi prendermi un pomeriggio per una visita medica, visto che ho una patologia cronica che richiede una terapia muti iniettiva giornaliera. Ho paura di finire in depressione, fortunatamente ho una fidanzata e una famiglia che mi supportano, ma anche loro sono tristi perché mi vedono così. Preciso che è da due mesi e mezzo che sono ritornato nel mio vecchio ministero come dirigente. Sarei tentato di chiedere il mio vecchio posto da funzionario, ma sono anche frenato da diverse cose: intanto proverei vergogna a "mollare" un posto da dirigente, in secondo luogo vorrei comprare casa e se torno al mio vecchio lavoro sarà molto difficile farlo. In terzo luogo, cerco di darmi tempo, nel senso che due mesi e mezzo sono molto pochi per capire. Infine considero anche che ho faticato e studiato tanto per arrivare dove sono arrivato. Però è triste quando il sogno della tua vita si trasforma nel tuo incubo peggiore.
Due settimane fa sono riuscito a prendermi un giorno di ferie il venerdì, ma ho dovuto organizzare tutto nei dettagli il giorno prima.
Non so davvero che fare, so solo che al momento non sono sereno, vivo in un continuo stato di angoscia e ansia. Al lavoro si dovrebbe andare quanto meno sereni mentre io cerco di sopravvivere. La vita è già abbastanza difficile, se lo diventa anche il lavoro che senso ha andare avanti? Vi ringrazio per avermi letto e vi chiedo un consiglio, un barlume per andare avanti.

Salve Francesco, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.

Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL