Dott. Francesco Damiano Logiudice

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Dott. Francesco Damiano Logiudice

Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale

Sono esausta

Sono una ragazza di quasi 33 anni, vivo con i miei genitori e mia sorella. Lavoro con i miei genitori, abbiamo una piccola attività famigliare, facciamo prodotti da forno, prodotti artigianali, e abbiamo una sola operaia. Abbiamo una piccola produzione, insomma. Io mi sono laureata in lettere a 27 anni e, già durante l'ultimo anno di studi, mi dividevo tra esami, tesi da preparare e lavoro di famiglia. Dopo la laurea sono entrata nella "bottega" a tempo pieno, e ci sto tuttora. Non è un brutto lavoro. A me piace darmi da fare durante le ore lavorative, però mi capitano giornate in cui penso che potrei essere altrove, a fare qualcosa di più. Vivo alcuni giorni di totale tristezza, sfiducia e insoddisfazione, insomma, che poi passano, e ritorno alla solita vita, senza pensarci più di tanto. In questo momento, però, sento di non riuscire più a stare bene a casa mia. Mia sorella si è ammalata di tumore al seno due anni fa, e da allora, potete immaginare come sia cambiata la situazione in casa mia. A questo si aggiungono i problemi che da anni abbiamo con la famiglia di mia madre, che ci hanno costretti a ricorrere a vie legali. Insomma, in casa mia, ormai si parla solo di problemi. Io poi, non ho vita sociale. Vivo in un piccolo paese di provincia, con poco più di duemila abitanti. Non ho amicizie. Scambio due chiacchiere con la nostra operaia ogni tanto, che è poco più grande di me, ma ha famiglia e i suoi problemi, che non sono molto conciliabili con miei. A volte chatto con una mia coetanea conosciuta su internet, e non ci siamo mai incontrate di persona. Ho problemi con i miei genitori e mia sorella. Da quando lei si è ammalata, mi sembra di non esistere più in questa casa. Se ho un problema, viene sminuito e deriso, mi rispondono che voglio solo attirare attenzione. Si deve andare abbastanza spesso in ospedale, e quando succede, i miei genitori accompagnano mia sorella e io resto o a casa o a lavorare con l'operaia, e dato che l'ospedale si trova in una città a un'ora di strada da qui, con i tempi ospedalieri, va via l'intera giornata. Quando io resto da sola a lavoro, nessuno mi dice neanche una mezza parola di apprezzamento, e la stessa cosa succede se resto in casa a fare faccende. Mi sento una nullità. La cosa che più mi fa stare male è il comportamento di mia madre, in particolare, soprattutto quando io e mia sorella litighiamo. La vedo prendere sempre le sue difese e mai le mie, anzi, non fa che dirmi che devo vergognarmi, che mia sorella è malata e io non devo replicare. Proprio ieri mi ha detto che devo essere gentile con lei, il che per me equivale a tenermi gli insulti gratuiti e restare zitta. Io soffro di disturbi tra stomaco e vescica, e proprio ieri ho passato una brutta giornata tra i dolori che mi costringono a ricorrere ai calmanti molto spesso. Mia sorella mi prende gratuitamente in giro, dice che faccio solo "moine", che lei è la vera malata, e io ho il dovere e l'obbligo di portarle rispetto. Il problema è che il rispetto dovrebbe essere reciproco, e io non lo vedo da parte sua, ne da parte dei miei genitori. Non mi sento apprezzata e rispettata, non mi sento stimata e amata dalla mia famiglia. Mi chiedo cosa ci resto a fare in una casa dove devo solo dare. Quando mia sorella ha fatto i primi pesanti cicli di chemio, io sono rimasta con lei a casa, a farle da infermiera. Mi sembra però che lei abbia dimenticato quei momenti, per le cose che mi fa e mi dice. Ogni volta che si litiga, ho voglia di andarmene, di trovarmi un posto dove stare e un lavoro nuovo, ma la rabbia poi sbollisce e si torna alla solita vita. Sono stufa anche di questo, perché dopo ogni discussione, provo le stesse cose, gli stessi sentimenti negativi, e ho gli stessi desideri di fuggire ma resto bloccata dove sono. Mi sento persa, non so come e cosa fare. Non ho uno straccio di amico con cui confidarmi. A volte penso che sarebbe meglio se mi ammazzassi, ma non ho il coraggio di farlo davvero, perché io non voglio morire, ma mi sembra di morire tutti i giorni.

Salve Barbara, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stessa utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL