Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale
Non riesco a lasciare mia moglie
Ho 56 anni, due figli e una moglie che sta con me da 35 anni, non sempre perfetti e con qualche segno che, senza strumenti ed esperienza, abbiamo sempre sottovalutato in termini di comunicazione e intimità. Tra noi non c'è mai stata condivisione vera, ma pensavamo fosse normale così, presi dal lavoro (insieme in ruoli distinti) e dal fatto che avevamo due caratteri diversi e magari ci si illudeva dalla compensazione. Col tempo ci siamo ritrovati ad avere ognuno spazi propri, a condividere senza farlo davvero, solo come formalità (qualche gita la domenica, qualche passeggiata senza cose da dirci a parte pagamenti e bollette) e alla lunga io, tra i due quello più impulsivo un po' artista e sognatore, tradisco. Siamo nel 2005 dopo 9 anni di matrimonio e 7 di fidanzamento. Decidiamo di riprovarci, ma dopo tre sedute dalla terapeuta lei non vuole più proseguire, e andiamo avanti da soli con un periodo tutto sommato accettabile che però, poi, si è estinto tornando nel solito menàge. Provo a chiedere le cose che mi mancano, provo a far presente che vorrei un rapporto più intenso e intimo dal punto di vista della connessione e del contatto fisico, ma questa cosa viene recepita male, sicuramente diverso da come lo manifesto, e piano piano la routine dei sabati pomeriggio sparisce anche lei, lasciando il vuoto. Arriviamo ai 50 anni con un anno e mezzo di assoluta astinenza; io cerco di resistere e di non fare cavolate, ma al tempo stesso sento che la vita mi scorre accanto e io la sto a guardare senza assaporarla come vorrei. Ho delle storie, poi una di queste diventa più seria (due anni). Parlo con mia moglie senza scaricarle questo macigno addosso, dicendole che forse non ci amiamo più e che sarebbe giusto decidere insieme, con affetto e stima di chi ha condiviso una vita e due splendidi figli, quale sarebbe la strada migliore per noi. Per farlo prendo molto coraggio, perchè mi sento da una parte "sporco" e dall'altra so che glielo devo, le devo una soluzione di vita che le possa permettere di avere altre opportunità. Ma lei non reagisce e per tre mesi fa finta di niente, ovviamente modificando in peggio quel poco di rapporto che rimaneva, che si riduce a" è pronta la cena" o "io esco".. Dopo questi tre mesi mi dice che vorrebbe riprovarci, e quando io le rispondo che non credo che saremmo in grado visto il punto in cui ci troviamo per l'ennesima volta, scoppia in lacrime e va via di casa, rientrando dopo quasi una nottata. A quel punto smetto di parlare e mi rassegno, non trovo la forza di insistere e strappare via "il dente", il dolore è troppo forte ma l'amore non c'è più. Passano altri mesi, io continuo la mia storia con l'altra donna, ma non sto bene; rientro a casa solo per brevi istanti, con mille scuse, rendendo la vita un inferno, per tutti. Non desidero più mia moglie sessualmente, inizio a trovare mille difetti ad ogni cosa, ma lei si mostra ferma e decisa nel suo status quo di moglie, talvolta anche felice della presunta normalità. “L’altra storia” è quella che si definisce “tossica” per usare dei termini che oggi si trovano più frequentemente online. Viene da tre tradimenti (di quelli che mi ha detto, almeno) al marito nel giro di 4 anni. Inizio a pensare, dagli atteggiamenti che ha adottato con me sin dall’inizio e dalla permalosità quando se ne parla, che siano molti di più. Una donna che mostra atteggiamenti immaturi, attua silenzi punitivi, mente quando deve raccontare parti importanti della sua vita, ritratta, cambia versioni, dico che l’ho immaginato io, che ho frainteso ecc… un disastro, oggi ad esempio sono solo perchè ha deciso di non vederci, perchè “è a terra”… sparita. La situazione peggiora, sento tutto il corpo a pezzi, perdo interesse per tutto, persino per la musica che è stata la mia grande passione per tutta la vita. Sto male, somatizzo fisicamente, perdo il lavoro, perdo amici e denaro. Iniziano i pensieri suicidi, per fortuna non ho coraggio ma il fatto di accettarne la possibilità mi spaventa; è pesantissimo alzarmi al mattino, svegliarmi, vivere, pensare. Sono bloccato dai sensi di colpa, dai rimorsi e dai ricordi di ciò che abbiamo vissuto insieme, di tutto quello che lei ha fatto per me e per la famiglia, del suo valore come persona e la sua indiscutibile generosità; tante cose bellissime, e io che non riesco più ad amarla nè a lasciarla. Nè a intravvedere una speranza di recupero, ho provato con psicologi (diversi) per capire se davvero l'amore finito è questo, se mi sta accadendo questo, ma da nessuno ho trovato una risposta. Vorrei sparire."
Salve Giancarlo, mi spiace molto per la situazione che descrive poichè comprendo il disagio che può sperimentare e quanto sia impattante sulla sua vita quotidiana. Ritengo fondamentale che lei possa richiedere un consulto psicologico al fine di esplorare la situazione con ulteriori dettagli, elaborare pensieri e vissuti emotivi connessi e trovare strategie utili per fronteggiare i momenti particolarmente problematici onde evitare che la situazione possa irrigidirsi ulteriormente.
Credo che un consulto con un terapeuta cognitivo comportamentale possa aiutarla ad identificare quei pensieri rigidi, disfunzionali e maladattivi che le impediscono il benessere desiderato mantenendo la sofferenza in atto e possa soprattutto aiutarla a parlare con se stesso utilizzando parole più costruttive.
Credo che anche un approccio EMDR possa esserle utile al fine di rielaborare il materiale traumatico connesso ad eventi del passato che possono aver contribuito alla genesi della sofferenza attuale.
Resto a disposizione, anche online.
Cordialmente, dott FDL