Pensare di pensare
Buongiorno gentili dottori, Scrivo con la speranza di trovare un po’ di conforto. Non pretendo in nessun modo una diagnosi perché so che sarebbe impossibile da dare online e con pochi dettagli. Cercherò di essere più chiara possibile anche se mi risulta estremamente difficile perché la prima cosa che non sono mai riuscita a fare è spiegare quello che provo. Vorrei fare una piccola premessa prima di iniziare a raccontarvi il mio tormento.. ho 30 anni e ho una vita del tutto normale. Un bel lavoro, una bella famiglia, una bella casa. Non mi manca nulla.. e ogni tanto mi sento molto stupida a stare male. Perché tanti sognerebbero la vita che ho. Nonostante questo sono tormentata da ormai 15 anni. 15 anni in cui questa “cosa” non mi ha mai abbandonata. Questa cosa che non so definire.. che non è ansia, non è panico, non è depressione, non è doc e nemmeno dubbio patologico. L’ansia è venuta dopo assieme alla derealizzazione e depersonalizzazione che mi accompagnano tutti i giorni h24 da quasi 10 anni. Sento che c’è qualcos’altro di più profondo che mi tormenta. Non ho mai incontrato nessuno che avesse la mia stessa inquietudine e tormento e una parte di me pensa di essere condannata a vivere così per sempre. E pensa di essere l’unica al mondo. Chiedo scusa se utilizzerò delle metafore per farvi capire ciò che provo ma è l’unico modo in cui riesco a spiegare leggermente il mio tormento. È come se pensassi di pensare. Come se avessi una sorta di consapevolezza in più rispetto al mondo che mi fa stare male. Questa consapevolezza però non è positiva ovviamente è totalmente negativa. Come se avessi sorpassato una soglia che non era da oltrepassare. Inutile dirvi che ho paura di perdere completamente la mia lucidità mentale. Mi sento sempre strana in allarme, confusa. Non mi sembra di avere pensieri “strani” o troppo negativi. Pensieri normali come tutti ma è come se fossi troppo concentrata sul pensiero. Come se avessi due cervelli. Uno “normale” che mi fa eseguire le azioni normalmente e un’altro che è presente e che mi fa “pensare al pensare”. Provo quindi angoscia e derealizzazione ma sono convinta che siano l’effetto di questa cosa più grande di me e non la causa. Come dicevo all’inizio non pretendo in nessun modo una vostra diagnosi, so che non è possibile, vorrei solo capire in base alle vostre esperienze professionali se avete incontrato nel vostro lavoro qualcuno come me. Qualcuno che è riuscito a spiegare quello che accadeva dentro di loro. Ogni tanto ho come l’impressione di avvicinarmi a questo qualcosa.. di toccarlo quasi con la punta delle dita.. ma quando sto per prenderlo lui scompare lasciandomi in confusione totale e nel buio totale. L’ultima cosa che vorrei aggiungere per spiegarvi meglio ciò che provo.. ad esempio sto guardando un film.. una parte di me lo guarda lo capisce e ovviamente è in grado di raccontarlo il giorno dopo ecc ma l’altra parte di me mi fa sentire strana. Perennemente occupata a farmi pensare ma non so a cosa. Come se non pensassi ma penso e me rendo conto. Come se penso al pensare di guardare il film. Come se facessi un passaggio in più che non è necessario, una sorta di consapevolezza negativa costante.
Buongiorno Sara, ho letto con interesse la sua richiesta e ne sono positivamente colpita, ma devo per prima cosa allertarla dal patologizzare la sua situazione. Mi spiego meglio: derealizzazione e depersonalizzazione sono termini che si è attribuita prendendoli a prestito dalla letteratura psichiatrica, ma questa è una tendenza, molto diffusa oggi con l’enorme disponibilità di informazioni che la rete offre; in realtà tali fenomeni vanno considerati all’interno di una situazione specifica di valutazione e di diagnosi. Lei da una parte esclude la richiesta di diagnosi a noi specialisti e nel contempo si diagnostica da sola una patologia psichiatrica... in una certa misura.
Vorrei invece, lasciando da parte queste definizioni nosografiche, riportarla alla possibilità che ciò che vive non sia qualcosa di patologico, ma una importante potenzialità, che solo se non conosciuta e orientata in modo equilibrato e graduale può diventare disturbante.
In realtà ciò che la inquieta è la sua reazione a tale condizione di "pensiero dietro il pensiero", che ,comprensibilmente, non essendo noi educati o abituati ad approcciarlo, si connota sempre in termini negativi : che cos’è questa "anomalia"? Perchè mi succede e solo a me? Sono malata? Come posso afferrarla e dirigerla?
Tutte queste domande reattive costituiscono la barriera che le impedisce di incontrare questa potenzialità e svilupparla in qualcosa di estremamente positivo, anche se complessivamente piuttosto raro.
Ma anche la genialità è rara. Non per questo è patologica.
Non intendo dire che ciò che vive sia sintomo di genialità, solo che la scarsa diffusione di alcuni funzionamenti interni non è necessariamente segno di malattia.
Spero di averla rincuorata e orientata ad approcciare positivamente ciò che vive con fiducia e resto a disposizione nel caso voglia essere supportata nel percorso.
Dott.ssa Gemma Facchinetti - Ranica (BG)