Ricominciare da zero
Salve,
sono una donna di 47 anni, vengo da una famiglia in cui ci siamo sempre aiutati nelle difficoltà, nonostante i rapporti un po' conflittuali che abbiamo sempre avuto. Ho avuto quella che si definisce una "buona educazione", ho fatto l'università, ho trovato un buon lavoro in banca, che mi ha sempre gratificata parecchio. Molti interessi condivisi con i miei partner. A 35 anni mi sposo un coetaneo, una persona su cui pensavo di poter fare affidamento, per superare le difficoltà della vita che mi hanno sempre molto spaventata, due anni dopo nasce un bel bambino che oggi ha 10 anni.
Mio marito ha fatto per lungo tempo la libera professione ed è stato sempre molto assorbito dal suo lavoro, io mi sono occupata del bambino in maniera preminente e l'ho fatto volentieri, anche se ho dovuto sacrificare parzialmente la mia carriera. Dopo qualche tempo però ho cominciato a sentirmi affaticata e stanca per tutta la gestione del bambino da fare da sola e l'ho fatto presente a mio marito. La risposta è sempre stata: "Ho da lavorare", alla fine mi sono scocciata di chiedere e mi sono rimboccata definitivamente la maniche e ho fatto da sola. Nel frattempo mio padre ha un grave problema di salute e io, che sono figlia unica, mi occupo anche di lui fino a completa guarigione. Scampato il pericolo, ho come un periodo di seconda giovinezza e una quantità di energia e di ottimismo tali, che finisco per innamorarmi di nuovo del mio primo fidanzato, con cui comincio una storia parallela.
All'entusiasmo iniziale si sostituisce rapidamente la consapevolezza che dall'altra parte non c'è il mio stesso entusiasmo nel vivere questa storia e comincia un'altalena di aperture e chiusure che dopo tempo, fatica e sofferenza mi portano alla conclusione che non devo più continuare ad incaponirmi e che non è cosa.
Nel frattempo mi godo la sicurezza della vita familiare e tutto scorre normalmente, almeno mi pare, nonostante che io sia sempre un po' distratta, un po' sulle mie, un po' con la testa altrove.
Si ammala gravemente mia madre ed è chiaro fin da subito che non ci sono speranze. Io mi corazzo e come un piccolo carro armato vado avanti a spada tratta, facendo tutto il possibile prima per salvarla, poi per garantirle una buona qualità della vita e infine per accettare che non posso controllare tutto e che devo accettare che ci lascerà. Sono sempre stata molto, troppo, legata a mia madre e anche se abbiamo avuto un rapporto molto conflittuale non riesco a immaginare la mia vita senza di lei. Meno male che ho la mia famiglia, penso.
Mio marito, che pochi mesi prima aveva fatto la scelta di una carriera dirigenziale in azienda, cambiando sostanzialmente la sua vita professionale, se ne va di casa dalla sera alla mattina, proprio mentre accudisco la mia mamma mentre sta morendo, lasciando me e il bambino esterrefatti e nell'angoscia più totale.
Si lamenta che la sua vita è diventata noiosa, che non si diverte, che è sempre steso sul divano e che se non va via di casa si ammala di nervi. Mi informa anche che ha una "simpatia particolare" per la sua nuova capa. Ci saluta e si trasferisce in un appartamento di sua proprietà poco lontano dal nostro e comincia a fare la vita dell'adolescente uscendo tutte le sere, non curandosi di me e del figlio che va in crisi. Nel frattempo mi trasferisco a casa di mia madre con il bambino per assisterla fino alla fine dei suoi giorni. Una volta morta mia madre, vengo a sapere che mio marito si è trasferito a casa della nuova capa e che l'ha messa pure incinta.
Io cerco di rimanere centrata su di me, ma la sensazione è che mi sia crollato il mondo addosso e che mi sia andato via il terreno sotto i piedi contemporaneamente. Non è rimasto niente a cui appigliarmi...
Comincia uno dei periodi peggiori della mia vita, il mio ex marito si impunta per far conoscere il bambino alla compagna ed io non me la sento di ostacolare il rapporto che mio figlio avrà con la sorellina fin dall'inizio.
Il bambino va in crisi varie volte, chiede al padre il perché della decisione di lasciare casa nostra, ma non ottiene mai una risposta. Entrano in mezzo gli avvocati per parlare di separazione, lui sguscia via come un'anguilla...rimanda il confronto continuamente.
E' passato un anno, il bambino si sta lentamente abituando al nuovo assetto della sua vita, io invece ho molte difficoltà perché la famiglia per me era una grande sicurezza anche se mi gestivo tutto da sola. Mi trovo a fronteggiare le difficoltà e soprattutto la solitudine e mi domando se non avessi avuto il mio momento di divagazione tutto questo sarebbe successo lo stesso. Sicuramente il gioco non è valso la candela e mi sento tremendamente in colpa nonostante la follia di mio marito che si è fatto abbindolare dai soldi e dalla vita facile e mondana della nuova compagna.
Buonasera signora Lulluby
La sua lettera sembra una biografia, intrisa di tanta tristezza, scritta più per un bisogno di sfogo a distanza che per una chiara richiesta di consulenza psicologica. Resta il fatto che lei scrive a degli psicologi e noi possiamo aiutarla solo se lei trova il coraggio di chiederci cosa davvero vuole. Per questo è importante che lei si scelga un collega e iniziare un percorso in cui lei possa ritrovare se stessa, per poi dare una direzione nuova alla sua vita.