Schizofrenia come farla riconoscere al malato
Buongiorno, il mio ex compagno si è ammalato di schizofrenia e attualmente vive in una comunità, da oltre 10 anni è convinto che quello che gli succede è dovuto allo Stato che lo perseguita ed ai suoi genitori (oggi molto anziani e malati) che ne sarebbero complici, a parte me e pochissimi amici non ha più nessuno; nel corso di questo tempo si è drogato pesantemente contraendo debiti elevatissimi creando enormi problemi ai familiari me compresa e giustificando il tutto che è lo Stato che lo perseguita.
Parlando con psicologi e psichiatri che lo hanno seguito e che lo seguono il problema è che lui non riconosce la sua malattia, ma io sono convinta che dentro di se lui sappia, lo evinco da comportamenti, frasi, gesti che sono emersi durante il nostro rapporto e che emergono quando cerco di fare dei ragionamenti con lui su i suoi problemi.
Purtroppo non riesco a spiegare bene ai dottori da cosa lo evinco che lui sa di essere schizofrenico, ma alla fine gli fa comodo così e può fare tutto ciò che vuole e non affronterà mai il problema della malattia.
Nel corso di questi anni ho provato più volte con una forte fermezza a spiegargli che è affetto da schizofrenia il risultato è che "io sono complice dello Stato", mi cerca quando è disperato e ha bisogno di aiuto ma se vogliamo rimanere amici io non gli devo dire che è schizofrenico gli devo dare solo ragione. Ho provato l'ho aiutato e poi ho cercato con dolcezza di fargli riconoscere la malattia, ho rifiutato di aiutarlo e dolcemente gli ho spiegato che non era lo Stato ma lui con la sua malattia, ho rifiutato e con forza gli ho detto che lo Stato era solo una scusa è lui a creare i problemi perché affetto da schizofrenia.
La domanda è come si fa a far riconoscere ad uno schizofrenico la propria malattia, quale è il metodo?
Gentile Titti,
Una regola che da sempre psichiatri e psicologi conoscono, e che vale praticamente nel 100% dei casi, è che una persona con schizofrenia non riconoscerà mai di avere la schizofrenia, neanche se qualcuno provasse a spiegarglielo in qualsiasi modo possibile. Questo, se ci pensa bene, ha senso, perché se la persona riconoscesse di avere una patologia che comporta il distacco dalla realtà, non sarebbe più distaccata dalla realtà... Starebbe cioè dicendo una cosa perfettamente reale, quindi non sarebbe più schizofrenica. Insomma, è un po' come quei problemi di logica in cui se uno è bugiardo non può mai dire di essere bugiardo, perché se lo dicesse sarebbe diventato sincero.
Ci sono altri problemi psicotici nei quali la persona può essere consapevole di avere il problema, ma nella schizofrenia no. Può succedere se mai che chi è guarito, anche parzialmente, dalla schizofrenia, riconosca di essere stato affetto da questa patologia, ma solo dopo.
Tutto questo per dirle che, a mio avviso, il suo approccio non può funzionare. Lei ovviamente può continuare ad essere per lui un punto di riferimento come è stata fin ora, mi sembra di leggere tra le righe che avere questo ruolo le fa piacere. Ma non con lo scopo di "spiegargli" la sua patologia.
Ci sono altri modi per entrare nel mondo di una psicosi, per avere con quel mondo un contatto efficace e di supporto. Purtroppo non riesco a darle consigli precisi in merito, perché dovrei conoscere meglio la situazione, approfondire il rapporto che c'è stato e che c'è fra voi, comprendere meglio l'esordio e l'evoluzione della patologia, dieci anni sono tanti, e dovrei conoscerli meglio per poterla aiutare.
Se vuole possiamo fissare un appuntamento di consulenza, nel quale potremo esplorare insieme le possibilità che le permetterebbero di essergli vicina in maniera più utile per lui, e più soddisfacente per lei.
Intanto le auguro buon fine settimana e resto a disposizione.
psicologo, psicoterapeuta, ipnologo - Roma