Dott. Giorgio Colopi

Dott. Giorgio Colopi

Psicologo, Psicoterapeuta

informazioni di contatto

Lungomare Galileo Galilei 133 - 73044 Gallipoli (LE)

Tel: 3714313533

Via Ciccolella, 3 - 73100 Lecce (LE)

Tel: 3714313533

Via Cappuccini snc - 73044 Galatone (LE)

Tel: 3714313533

presentazione

La psicoterapia è un modo di prenderci cura di noi quando sentiamo un disagio psicologicoche non riusciamo a risolvere da soli. A volte questo disagio si manifesta in una condizione clinica precisa, come ansia, attacchi di panico, fobie o depressione; altre volte c'è una condizione globale di malessere che non riusciamo meglio a definire.

C'è ansia, insoddisfazione, la sensazione di sentirsi bloccati, di non riuscire a trarre piacere dalla propria vita e da quello che si fa, ci sono silenzi in cui per troppo tempo abbiamo finto che tutto andasse bene, sforzandoci di essere forti e mascherando ciò che sentivamo realmente. Riconoscere di avere un problema e chiedere aiuto, quando non ce la facciamo da soli, è il primo passo del cambiamento. La psicoterapia non serve ad essere normali ma a ritrovare noi stessi, la nostra unicità, lavorando su quei blocchi, quelle situazioni del passato, che ci stanno impedendo di proseguire il nostro percorso personale. Il paradosso è che iniziamo a star bene quando ci permettiamo, finalmente, di "star male", di parlare di quello che è successo e di come ci sentiamo veramente, di tirare fuori il dolore e la rabbia invece di trattenerli.

Io sono il Giorgio Colopi, ho una specializzazione in psicoterapia della Gestalt ed una formazione in psicofisiolgia clinica. Da anni conduco a Lecce gruppi di psicodramma. Nel mio approccio terapeutico integro le mie diverse formazioni, nella consapevolezza che tutto ciò che è psichico è anche corporeo.

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Approccio

Ho un diploma in Psicoterapia della Gestalt ma il mio approccio principale è il modello della psicofisiologia clinica del prof. Vezio Ruggieri che considera il livello corporeo del disagio psichico ed interviene in maniera integrata su diversi livelli. Ho una formazione teatrale, sono stato attore e regista di numerose performance, e credo nella possibilità di utilizzare gli strumenti del teatro, il lavoro sul corpo ad esempio, in psicoterapia. Conduco periodicamente workshop di psicodramma, una tipologia di terapia di gruppo dove vengono messi in scena sogni, ricordi o situazioni attuali condivise dai partecipanti. 

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aree di competenza

  • Depressione
  • Disturbi psicosomatici
  • Psicoterapia di coppia
  • Attacchi di Panico
  • Dipendenza affettiva
  • Elaborazione del lutto

L'unico cambiamento possibile è diventare sè stessi

Formazione professionale

  • Laurea in psicologia clinica presso l'Università “La sapienza” di Roma
  • Corso di formazione in “ricerca e selezione del personale”
  • Master triennale in arti-terapie ad indirizzo psicofisiologico
  • Scuola  di specializzazione quadriennale in psicoterapia della Gestalt
  • Corso Biennale di Psicodiagnostica (Wais, Rorschach, M.M.P.I., Wartegg, Bender, Test Grafici)

 

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Esperienze lavorative

  • Psicologo presso la comunità psichiatrica "Casa di Marco",  Roma, 2005-2007
  • Psicologo per centro studi in Gran Bretagna con Infostud, Portsmouth, 2007
  • Sportello d'ascolto presso IISS "E.Medi", Galatone (Le), 2009-2015
  • Promotore e coordinatore del progetto artistico "Le storie sul posto", finanziato dalla Regione Puglia con bando Principi Attivi
  • Membro dell’equipe Psico-pedagogica in progetti di formazione rivolti ai minori, agenzia Ulisse, Lecce, 2012/2018
  • Psicologo per il progetto "Innovation Technology per l’inclusione sociale". Progetto sperimentale per minori diversamente abili e/o in condizioni di disagio psico-sociale realizzato in collaborazione con l’università del Salento, Novoli, 2012
  • Docente per il progetto “AssiDom - Assistente Domiciliare e dei Servizi Tutelari, Agenzia Prometeo, Casarano, 2012 
  • Sportello d'ascolto presso I.I.S.S. "Falcone e Borsellino", Galatina, 2014
  • Conduttore di un laboratorio di arteterapia con utenti psichiatrici con la Coop. Sociale "Adelfia", Galatina, 2016
  • Sportello d'ascolto presso I.I.S.S. "Amerigo Vespucci", Gallipoli, 2017
  • Coordinatore di centri estivi per bambini, Roma-Galatone
  • Psicologo nel progetto "Orto Solidale" promosso dall'associazione di disabili A.Vo.Ca.D di Nardò

 

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Partecipazioni

Bullismo. Parliamone
Di Giorgio Colopi

Mi chiamo Giorgio Colopi, sono uno psicoterapeuta ad approccio gestaltico che da molti anni lavora nelle
scuole della provincia di Lecce ed in particolar modo a Galatone. L’episodio di bullismo verificatosi nel mio
paese è venuto alla ribalta dei media nazionali, da più parti viene sollecitata una mia riflessione in merito ed
io ritengo costruttivo farla.


Fondamentale giudicare i fatti e non le persone
Innanzitutto, credo sia importante che gli autori di questo gesto ricevano una punizione dalle autorità
competenti, proporzionata alla loro età, che rimandi loro la gravità dell’accaduto. Allo stesso modo, ritengo
fondamentale non demonizzare questi ragazzi, non farne dei mostri, altrimenti c’è il rischio che lo diventino
realmente. Occorre giudicare i fatti, non le persone. Questo, a mio avviso, dovrebbe accadere sempre, per
qualsiasi tipo di reato, perché una persona vale sempre più dei suoi errori, ma è addirittura necessario
nell’età dello sviluppo, periodo in cui un ragazzo sta definendo la propria personalità e c’è il rischio che si
identifichi irreversibilmente col ruolo che gli viene attribuito. C’è una differenza enorme, dal punto di vista
pedagogico ed umano, tra il dire ed il dire . Etichettare
questi adolescenti come “bulli”, pontificare diagnosi, non aiuta a risolvere il problema, serve soltanto a
placare la nostra, comprensibilissima, ansia.


Il rispetto per coloro che subiscono
Episodi di questo genere possono essere umilianti per chi li subisce e minano l’autostima. Essere circondati
dal branco, è accaduto anche a me quando ero ragazzo, crea una bruttissima sensazione di impotenza. È
importante che ci siano degli spazi protetti dove i ragazzi possano parlare di come si sentano ed affrontare
l’accaduto, ma senza forzature. Non è detto che un ragazzo ne voglia parlare per forza, non è detto che lo
voglia fare subito, se non vuole andare dallo psicologo ha tutto il diritto di non farlo. Coloro che subiscono
questi attacchi soffrano spesso per il fatto di essere involontariamente al centro dell’attenzione, del fatto
che si parli così tanto di loro per qualcosa su cui preferirebbero il silenzio. Se l’omertà è il primo rischio che
si corre, la vittimizzazione è il secondo. È una dinamica che ho visto molte volte nelle classi. Il mio invito ai
ragazzi in questi casi è parlare tutti in prima persona, esprimere le proprie opinioni sull’accaduto e le
proprie sensazioni, in pratica trasformare frasi del tipo in frasi
del tipo deriso>. Tutti possono permettersi di dire frasi di questo tipo tranne i responsabili degli episodi, che
iniziano a sentirsi isolati in classe ed a sperimentare una sensazione simile a quella di coloro che prendono
di mira.


Atteggiamenti costruttivi e non
Quando accadono fatti così eclatanti, la nostra rabbia, la paura che qualcosa del genere possa accadere ai
nostri bambini, ci inducono a cercare i colpevoli, un capro espiatorio, in generale delle soluzioni veloci del
problema. Sui social network è tutto un fiorire di accuse e dita puntate, con l’illusione inconscia e implicita
che una volta individuato questo “colpevole” sarà sufficiente estirparlo dal “contesto sano” per ritornare
alla nostra rassicurante quotidianità. Non è così; è una confortante “cazzata”, distante dalla realtà. Ogni
evento è determinato da una pluralità di cause. Personalmente, ad esempio, ritengo che uno dei fattori
maggiormente responsabili del fenomeno del bullismo, in generale, sia il sovraffollamento delle aule
scolastiche. Il numero elevato di alunni in una classe, dettato da logiche economiche di risparmio e
contrario a qualsiasi buon senso, crea un clima insostenibile, per i docenti e per i ragazzi: anche una parola
sottovoce, moltiplicata per tutti i presenti, genera un caos insopportabile, ed i ragazzi in quella stanza ci
devono passare 5-6 ore al giorno, 6 giorni della settimana su 7. Voglio con questo dire che la colpa è del
contesto e che i cosiddetti bulli ne sono soltanto vittime? Assolutamente no. Gli autori del gesto vanno
puniti perché vanno responsabilizzati ma al contempo la comunità dovrebbe lavorare in due direzioni.
Innanzitutto dovremmo decidere se il benessere dei ragazzi è importante o meno, e la domanda è molto
meno banale di quello che sembra. La faccio in un altro modo: ci interessa che un ragazzo stia bene, in
classe o a casa, o ci interessa che se ne stia buono e zitto per tutto il tempo? Se vogliamo migliorare la
qualità della vita dei ragazzi, dobbiamo essere pronti ad investire tempo e soldi, le cose da fare non
mancano: ridurre gli alunni per classe, istituire la figura dello psicologo come punto di riferimento costante
nella vita scolastica, che da anni è una mia battaglia, creare degli incontri periodici di monitoraggio del
gruppo-classe dove siano gli stessi ragazzi a parlare dei loro problemi, fare degli interventi mirati sul
fenomeno del bullismo. La letteratura scientifica sull’argomento dimostra che, lì dove si è intervenuto con
strumenti adeguati su questo fenomeno, che riguarda tutti i paesi industrializzati, non solo l’Italia, si sono
ottenuti dei risultati significativi, con drastica riduzione degli episodi di bullismo. In secondo luogo, creiamo
delle alternative sane per l’espressione dell’aggressività. È un grave errore per la comunità credere che
l’antidoto alla violenza sia la repressione dell’aggressività ed un maggiore controllo sui minori. Spesso è
proprio l’eccessivo controllo delle emozioni che genera i comportamenti deviati. I ragazzi vanno
responsabilizzai, è importante dare delle regole chiare ed è importante che la violazione di queste regole
sia punita. Ma ai ragazzi va concessa libertà, non vanno “immobilizzati”, perché la rabbia che si reprime
troppo a lungo, esplode, o come comportamento violento o come disagio psichico. Non facciamo diventare
il contatto finisco un tabù. Quello che ognuno di noi può fare é smetterla di puntare il dito, di demonizzare
e di cercare i colpevoli. Gli errori si possono fare, importante è cosa ne facciamo degli errori. Un buon
genitore è colui che accetta il rischio di concedere libertà al proprio figlio, gradualmente e mostrando
comunque la sua presenza, gestendo, volta per volta, l’ansia e la preoccupazione naturale che questo
comporta. Parallelamente, per la società, non ci sono soluzioni veloci e definitive al bullismo, ci possono
essere presenza ed attenzione costanti. Non ricordiamoci di questi argomenti solo quando accade qualcosa
di grave.

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