Professore Giorgio Nardone

Professore Giorgio Nardone

Psicologo, Psicoterapeuta

Sempre più magra: il tunnel dell'anoressia

“L’astinenza è sempre più facile della moderazione”
(Sant’ Agostino)

L’anoressia mentale, ossia  quel  tipo di patologia alimentare connotata dalla riduzione progressiva della alimentazione sino al completo rifiuto per il cibo, è certamente il più noto tra i disordini alimentari. Questo è dovuto, probabilmente, al fatto che è l’unico ad essere direttamente mortale e, pertanto, anche quello più di ogni altra forma di disturbo a scatenare non immotivate preoccupazioni ed attenzioni.

L’anoressia è una patologia alimentare che mostra un’ evidente connessione con la nostra cultura e il nostro attuale stile di vita, pensiamo a come tale disturbo sia inesistente nei paesi molto poveri dove le persone non hanno a disposizione così tante cose da mangiare ed, insieme, pensiamo al modello contemporaneo di bellezza, diffuso dai mezzi di comunicazione di massa: le adolescenti hanno come riferimento le modelle scheletriche che sfilano sopra le passerelle, fotografate nei giornali con le ossa evidenti.

Quella che viene divulgata è essenzialmente  un’immagine della bellezza femminile molto legata al peso corporeo e, sempre di più, anche l’immagine della bellezza maschile.

Tuttavia, anche se la nostra società propone questo tipo di modello estetico, non necessariamente questo significa che abbiamo trovato la causa, abbiamo trovato solo un elemento.

La terapia Breve Strategica anziché cercare le cause dell’origine del disturbo si concentra su come funziona, cos’è che lo mantiene nel tempo e lo aggrava.

<C.T.S. di Arezzo si focalizza da sempre sullo studio di trattamenti rapidi e realmente efficaci per forme di patologia particolarmente resistente al cambiamento. In altre parole, le varianti dei disturbi alimentari sono state studiate con l’obiettivo di trovare quale fosse per ognuna di loro la leva vantaggiosa su cui premere per provocarne lo sblocco nella maniera più accelerata e efficace. L’anoressia, la bulimia, il vomiting etc., pertanto sono state analizzate come complicati problemi e non come malattie, nel senso stretto del termine.

Con questa ottica si è cercato di mettere a punto soluzioni che partissero dal presupposto, dimostratosi vero nella pratica, che conducendo la persona a cambiare la propria modalità di percepire la sua realtà questo avrebbe condotto al cambiamento delle sue reazioni. Gli interventi terapeutici, sono quindi basati su stratagemmi terapeutici, ossia, prescrizioni di comportamento e ristrutturazioni delle percezioni dei pazienti che li guidino a uscire dalla rigida gabbia mentale che mantiene ed alimenta la loro patologia.>> (G. Nardone, 2003)

Chiedersi perché succede, andare alla ricerca delle cause , dei significati della patologia può essere fuorviante.  Non è naturale ma ci possiamo immaginare che una ragazzina, ponendosi come riferimento la bellezza magra ed emaciata, cominci a voler rimanere entro un certo peso, a voler controllare l’alimentazione per essere abbastanza snella come il modello richiede.

Fino qui può non esserci alcun rischio, il mantenere un certo peso può non essere qualcosa di necessariamente invalidante, il vero problema arriva  nel momento in cui la perdita del peso supera una certa soglia e la persona non riesce più a smettere di controllare l’alimentazione, la controlla talmente tanto da passare da un controllo, che può essere anche funzionale, ad uno disfunzionale: quando la giovane adolescente  riduce sempre di più la quantità di cibo sino all’astinenza completa, con tutte le conseguenze che questa può comportare, allora qui viene superato il limite e si entra nella patologia.

Questa è la prima caratteristica dell’anoressia: il suo insorgere gradatamente  e non traumaticamente, ovvero il fatto che anoressici non si diventa da un giorno all’ altro ma attraverso un processo graduale di astinenza alimentare.

Tale rigida astinenza, prolungata nel tempo, ha degli importanti effetti a livello psicologico e d’altra parte a livello fisiologico.

L’aspetto psicologico riguarda la sfera del piacere, togliere qualsiasi alimento piacevole, come le diete impongono, si traduce in astinenza da qualsiasi sensazione piacevole. Di conseguenza l’adolescente si costruisce un’armatura per difendersi da qualsiasi piacere divenuto troppo perturbante, dal momento che potrebbe interferire sul rigoroso controllo.

Quest’armatura ha un aspetto di utilità secondaria che mantiene la tentata soluzione disfunzionale, è come se la principessa si rinchiudesse nella sua fortezza inespugnabile ma ogni fortezza se troppo rigida si trasforma da ciò che protegge a ciò che imprigiona.

Allora quando la persona comincia ad isolarsi dalle relazioni, dal resto del mondo e rivolge la sua attenzione solo alle calorie giornaliere ingerite,  allora lì occorre preoccuparsi, così come comincia a respingere: il rischio é quello di crollare senza più l’armatura, come poter tollerare la realtà . Quindi anche insistere perché mangino, perché si aprano alle relazioni spesso sortisce l’effetto di farle chiudere ancora di più.

Non è rara la tentata soluzione familiare che alimenta il problema di spingere nell’ alimentazione, di dire mangia, mangia, mangia ancora, che paradossalmente genera la reazione di maggiore rifiuto per il cibo.

L’altro aspetto importante che spesso viene trascurato è l’esercizio fisico, l’esercizio permette di consumare le calorie ed in breve tempo far calare l’ago della bilancia . Nonostante la magrezza esasperata è sorprendente come queste ragazze abbiano un’energia incredibile, e qui si inserisce l’aspetto fisiologico della perdita di peso eccessiva, prodotta dal digiuno che provoca una secrezione particolarmente elevata di endorfine, le stesse che vengono secrete dall’ organismo di un maratoneta durante una corsa e che permettono di raggiungere una performance fisica elevata.

E’ naturale che l’organismo, senza nutrimento,  produca una reazione di compensazione che, con un giro di parole, lo sostenga comunque anche senza sostegno.

In più, al di sotto di un certo peso, la ragazza comincia ad osservare allo specchio il suo corpo come attraverso una lente deformante che glielo fa percepire sempre grasso, abnorme. Tale percezione la spinge a restringere sempre più in un circolo vizioso per cui più restringo e più perdo peso e più vedo il corpo come non è.

Uscire dal tunnel dell’anoressia non è certo un gioco da ragazzi e, sicuramente, è necessario l’intervento di uno specialista. La terapia breve strategica innanzitutto, laddove l’anoressia giovanile si sviluppi all’ interno del nucleo familiare, blocca le tentate soluzioni messe in atto dai genitori che, come abbiamo visto, alimentano anziché gestire la problematica; in più agisce sostituendo una paura, che è quella del prendere peso, con una paura ancora più grande.

Lei può scegliere: o continuare a dimagrire per poi, al di sotto di una soglia limite, essere ricoverata e  “con un sondino gonfiata con il palloncino”, oppure,  scegliere di prendere gradatamente peso accordando con il terapeuta un aumento progressivo e graduale delle calorie quotidiane  sino al raggiungimento del peso forma.

Non ci sono alternative, gestire in autonomia e in maniera molto graduale l’aumento del peso corporeo è sicuramente più auspicabile del doverlo subire. Costruire una relazione terapeutica è un elemento indispensabile, oltre che rassicurare la paziente sul fatto che l’obiettivo non è quello di renderla grassa ma di portarla ad essere bella per quanto può essere bella.

Successivamente reintrodurre dei piccoli piaceri, delle piccole trasgressioni giornaliere ad ogni pasto, come ad esempio una puntina di zucchero o un morso di pizza, un pezzettino di cioccolata aiuta a far sentire come il vero controllo si ottiene senza il rigido controllo.

La soluzione di tale problema richiede prima di tutto, da parte di chi interviene, la capacità di assumere  la apparentemente assurda logica della persona anoressica, di sintonizzarsi con questa nella  formulazione dell’intervento terapeutico e di riuscire ad assumere potere suggestivo e di influenzamento sia nei confronti del soggetto che della sua famiglia.

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Cosiccome non si deve dimenticare che i grandi cambiamenti si ottengono attraverso piccoli mutamenti e turbamenti del rigido equilibrio patologico che facciano si che emerga nella paziente ciò che naturalmente ella ha, come scrive Bhagavadigta “l’astinente fugge da ciò che desidera ma porta il suo desiderio con se” >> (G.Nardone, 2003)



Approfondimenti:
Nardone G., 1999 “Le prigioni del cibo“, BUR
Nardone G., 2003 “Al di là dell’amore e dell’odio per il cibo“, BUR

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