Curare il disturbo paranoide di personalità
Buongiorno,
Una persona di famiglia a me molto cara (uomo di25 anni) sta seguendo un percorso di terapia psicologica e farmacologica da ormai un anno e mezzo.
Diagnosi: disturbo paranoide di personalità, è seguito da una psicologa-psichiatra.
Cura: inizialmente risperdal (usato poco e trovato poco adatto al paziente). Dopo alcuni giorni di ricovero in ospedale, per osservazione, la terapia è stata cambiata con 20 mg di abilify (era partito da 20mg ma da mesi prende 15mg).
Sintomi: è convinto che tutti i suoi amici più stretti abbiano messo in giro cattive voci sul suo conto isolandolo. Le frasi più ricorrenti sono "mi hanno tolto il saluto", " mi odiano tutti", "la mia vita sociale è finita".
Purtroppo dopo un anno e mezzo di terapia non siamo ancora riusciti a trovare una soluzione. C'è stato un miglioramento delle attività quotidiane (ripresa lavorativa principalmente).
Questa persona ha perso totalmente la voglia di vivere e non vede sbocchi per il suo futuro, si sente completamente solo ed isolato (anche se si è personalmente impegnato nell'evitare tutte le persone che in questi mesi lo hanno cercato).
Ci sono giorni in cui le sue convinzioni di essere stato isolato e deriso sono più forti e altri dove sembrano più latenti, ma sono sempre presenti nel suo quotidiano. Quali sono le possibilità o le strade da intraprendere per cercare di migliorare la situazione (centri specializzati, nuove tecniche)?
C'è la possibilità di una guarigione? Grazie a chi risponderà.
Gentile Ste,
premesso che nella lettera non emerge chiaramente in che modo si sia sviluppato il disturbo (eventuali eventi scatenanti, improvvisamente, familiarità….), l’età del ragazzo ed il fatto che il disagio sia di recente insorgenza, sono sicuramente due punti a favore per un miglioramento della situazione: più avanti si va negli anni, più il problema si cronicizza diventando difficile mettere in atto dei cambiamenti comportamentali (o quantomeno, è necessario un tempo maggiore). Aver ripreso l’attività lavorativa è fondamentale per il riconoscimento sociale e la possibilità di riprendere delle relazioni nutrienti con l’ambiente circostante (segnale molto positivo) e la permanenza di comportamenti/sintomi correlati con il disturbo è possibile anche per un periodo piuttosto lungo. La persona, in questo caso potrà elaborare le proprie strategie di auto contenimento/auto sostegno che gli permetteranno comunque di avere una vita normale. Per quanto riguarda la seconda parte della sua lettera, posso dirle che conduco dei gruppi di attività psicomotoria nel reparto psichiatrico dell’Ulss 8 del Veneto (ora Ulss 2) da parecchi anni ed abbiamo avuto modo di verificare che, soprattutto in soggetti giovani, l’attività in movimento ed in relazione con un gruppo, da buoni risultati nel disturbo psichico. Nei centri diurni della nostra area di competenza abbiamo già sperimentato, in uno studio pilota, l’utilità della psicomotricità, biodanza, musicoterapia, montagna-terapia, teatro, scrittura creativa, pet therapy. Se può avere accesso a questo genere di informazioni le consiglierei di rivolgersi ai centri diurni della sua zona per vedere se ci sono attività simili, oppure chieda direttamente (se non l’ha già fatto) allo psichiatra di riferimento del paziente. Le opportunità di questo genere variano molto da zona a zona . In rete trova qualche informazione interessante, digitando le parole chiave “disturbo di personalità biodanza” trova il pdf della ricerca della quale le parlavo, datato 5 Luglio 2016. Nella speranza di esserle stato d’aiuto,
Cordiali saluti