Mi è venuta la paura di lavorare
Salve, sono Lorena, ho 32 anni. Ho lavorato per 10 anni per un medico odontoiatra. Benché professionista, il mio datore di lavoro non ha mai perso l'occasione di darmi dell'incapace e sminuire continuamente il mio lavoro, aggredendomi verbalmente. All'inizio, e per lungo tempo, ho creduto alle sue parole, ho vissuto nella frustrazione e cercando di fare sempre di più e meglio. Questo ha contribuito senz'altro a migliorarmi sul serio (a un certo punto ho preso consapevolezza delle mie competenze), ma non a cambiare il suo atteggiamento verso di me. Tutti i giorni ho fatto diverse ore di straordinario non retribuito, e sono stata perseguitata da telefonate aggressive al di fuori degli orari di lavoro. Quando le aggressioni sono diventate quasi fisiche, mi sono licenziata. Ora cerco lavoro da un anno, ma mi sono resa conto che in realtà ho paura di lavorare. Una notte ho sognato che mi veniva chiesto di fare delle cose, ma la mia mano destra era tagliata nel palmo e nel polso e non riuscivo a tenere insieme i pezzi per poter fare quello che mi era chiesto. Come rimettermi in moto? Ringrazio in anticipo per le risposte.
Gentile Lorena,
mi colpisce molto come sia riuscita a rimanere in un posto di lavoro in cui veniva maltrattata per cosi tanto tempo: 10 anni. Da ciò che scrive mi sembra di capire che, seppure si trattasse di una situazione frustrante lei è rimasta perché inizialmente credeva alle parole del suo ex datore di lavoro. Il tempo trascorso a imparare e a impegnarsi ha aumentato la consapevolezza nelle sue competenze e le ha dato la forza di "ribellarsi" al suo ex datore di lavoro. Ora anche se volesse rimettersi in moto, dice che il pensiero di lavorare le fa paura. Il sogno che riporta e il fatto stesso che lei scriva qui, mi fa immaginare che sia veramente tanta la voglia di ricominciare a lavorare allo stesso tempo credo che, se non rielabora gli eventi subiti (lei parla di violenze psicologiche e preoccupazione per possibili violenze fisiche), è difficile riuscire a riaffidarsi ad un datore di lavoro, lì dove lavoro ha significato, da quel che scrive, principalmente frustrazione e sofferenza. Da ciò che scrive non è riportato nessun tipo di gratificazione, neanche gli straordinari le sono stati pagati, quindi mi chiedo: lavorare, quanto le costerebbe? Per rimettersi in moto non credo le basterebbero delle risposte date in poche righe, e in realtà credo che non ci siano delle risposte concrete, credo che ci sia bisogno di rielaborare quanto accaduto e di aumentare la consapevolezza nelle sue competenze e nella possibilità di trovare un lavoro che la gratifichi senza dover pagare conti troppo cari. Le violenze sul posto di lavoro non sono differenti in intensità rispetto a violenze in altri contesti, sarebbe importante rileggere gli avvenimenti e riconquistare fiducia, credo che questo sia possibile tramite un percorso con un professionista. Resto a sua disposizione