Organizzazione cognitiva di tipo ossessivo
L’insorgere di comportamenti compulsivi o di pensieri intrusivi può essere considerato normale in particolari situazioni in cui la posta in palio impone di fare qualsiasi sforzo per raggiungere un obiettivo cruciale, come potrebbe essere una situazione delicata di lavoro che richiede scrupolosità e precisione. Esistono però alcune differenze tra ossessioni “patologiche” e “non patologiche”: possono essere simili per forma o contenuto, ma nel soggetto ad organizzazione ossessiva sono più frequenti, hanno un’intensità incomparabilmente maggiore e sono legate agli effetti magici che una determinata ideazione ha sul mondo reale.
Riguardo all’ideazione, perché un pensiero intrusivo possa essere considerato un’ossessione deve presentare una serie di caratteristiche:
Il comportamento ossessivo esibisce i caratteri rituali che, a seconda che siano rivolti verso il passato o verso il futuro, hanno una funzione di espiazione o di prevenzione. In entrambi i casi l’esecuzione del rituale serve a diminuire l’angoscia; di contro, qualunque impedimento provoca un immediato aumento dell’ansia interna e dell’aggressività interpersonale. La compulsione può riguardare un’azione fisica (riordinare oggetti, seguire schemi rigidissimi) o un processo mentale (pregare, ricordare una sequenza numerica).
Tipico dell’ossessivo è l’atteggiamento perfezionistico: non accettando i limiti, gli errori e le debolezze umane l’ossessivo pretende di acquisire nozioni ed atteggiamenti perfetti per confermarsi valido e giusto (Reda, 1986). La costante preoccupazione è quella del giudizio, non solo degli altri, ma soprattutto di sé stessi: la contromisura consiste nell’evitare a priori ogni possibile critica, ogni minima incrinatura, grazie ad una supposta perfezione assoluta.
Tale atteggiamento perfezionistico, che si verifica anche nelle situazioni più banali, si accompagna ad un’attenzione eccessiva ai dettagli, a scapito della visione globale, ed a una sorta d’incapacità a distinguere ciò che è rilevante da ciò che non lo è, rendendo difficili le decisioni. In particolare, quelle basate su preferenze individuali (cosa mi piace di più?) o su una lettura di stati emozionali (amo o no Giuliana?) si pongono ai limiti della totale impossibilità. Inoltre il timore di non avere adeguatamente esaminato tutte le alternative, o di non avere raggiunto il livello della perfezione assoluta, porta alla difficoltà di terminare un qualsiasi compito che la persona senta come significativo, o su cui verrà poi giudicata: per esempio, uno studente può rimandare all’infinito il momento dell’esame.
L’atteggiamento verso la realtà è quello di una continua ricerca per raggiungere certezza ed ordine. Per ogni problema umano, secondo l’ossessivo, esiste un’unica soluzione perfetta: il punto sta nel trovarla, infatti, l’ossessivo è sempre scontento di qualsiasi soluzione, preferendo rimandare la decisione e tornare indietro ad acquisire ulteriori dati oggettivi, che dovrebbero permettergli finalmente di trovare la risposta corretta al cento per cento. Gradualmente, l’ossessivo si struttura in modo da assumere un atteggiamento grazie al quale anticipa in tutte le circostanze ogni possibile eventualità, sperando di potere avere sempre le reazioni giuste; l’intento è quello di prevenire gli eventi negativi che possono verificarsi in un mondo intessuto di imprevedibilità.
La rigidità si esprime anche con la ristrettezza degli interessi: il soggetto si limita ad occuparsi di poche cose, in modo molto specialistico, con la speranza di riuscire a farlo in modo perfetto. E’ impossibile, per esempio, avere un hobby, un’occupazione di tipo amatoriale, dilettantesco; superata una prima fase di esplorazione, ci si sente costretti a diventare professionisti ed esperti anche nell’area che dovrebbe essere di svago. Il dovere subentra così ancora una volta al piacere.
Psicologo, Psicoterapeuta - Napoli
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