20 anni: pensiero suicida dovuto a situazione in famiglia
Buongiorno dottori e utenti, Vi ringrazio anticipatamente per la vostra disponibilità e per le vostre risposte. Sono una ragazza di 20 anni che, ormai, da due anni, è sprofondata in un continuo malessere. Vi spiego meglio. Due anni fa, nel 2021, è venuto a mancare mio nonno, ovvero la persona che, in famiglia, era il mio vero punto di riferimento. Da quel momento lì, sono completamente cambiata. Inizio a non sentirmi più a mio agio in casa, in quanto non ho più quella figura che mi faccia da “porto sicuro”, un sostegno. Da parte dei miei genitori, due persone da sempre estremamente apatiche, non ci sono mai stati punti di supporto e nemmeno aiuti: quando provo a esprimermi anche solo con poche parole, per esempio, vengo aggredita verbalmente e/o direttamente ignorata, come se in famiglia non esistessi (poi si chiedono pure le motivazioni per cui io mi chiuda in me stessa). Inoltre, vengo riempita da frasi continue, utili solo a screditare, come “Sei una capra” “Non mi dai nessuna soddisfazione” “Ci hai spesso deluso” e altro, per quanto io sia una persona comunque diligente e buona. Infine, loro riversano i loro problemi su di me, senza che io possa dire manco un “guardate sono cose vostre, risolvetele tra di voi” (come è giusto che sia tra l’altro): parlano di separazione ma non la attuano, oppure si aggrediscono verbalmente a vicenda alle spalle l’uno dell’altro. Ciò mi porta ad avere continui pensieri suicidi. L’unica persona che per ora è sempre riuscita a fermarmi è il mio ragazzo, solo che, giustamente, non può prendersi lui tutto il carico della responsabilità. Di questa cosa ne ho parlato, per un danno involontario che ho fatto, a mia madre: la sua risposta è stata “sapevo che prima o poi saresti arrivata a questo”, senza manco darmi un minimo segno di compassione. Come se avesse eliminato tutto il discorso che le avevo fatto. Io per fortuna ora sto alcuni giorni della settimana nella mia casa in affitto in un’altra città con il mio ragazzo (in quanto sono studentessa fuorisede, e giá dall’anno scorso loro hanno deciso di affittare un appartamento). Lui, da qualche mese, vive con me all’insaputa dei miei genitori, in quanto altrimenti sarebbe successo un putiferio (nonostante lui piaccia ai miei genitori). Io mi sento responsabile per avere una casa insieme a lui, in quanto mi reputo indipendente soprattutto quando non ci sono loro (nonostante il loro pensiero sia continuamente negativo). Io ho già parlato sia con loro che con vari psicologi di questo argomento, ma non ho avuto nessun aiuto, in quanto l’unica risposta che mi è stata data da una persona del mestiere è “Vai dagli assistenti sociali” senza manco una motivazione (non sto giudicando nessun tipo di lavoro, assolutamente, però può essere che il dottore in questione non era il più adatto a me). Se la situazione continua, penso che la farò finita davanti a loro a breve, perché sono arrivata davvero a un punto di non ritorno.
Buongiorno, il clima famigliare in cui lei vive e la relazione affettiva dei suoi genitori da lei descritta e così vissuta richiedono da parte sua la necessità di rivolgersi ad un* specialista psicoterapeuta che la possa aiutare. Riguardo al suo stato di sofferenza è bene che il suo compagno la sostenga e sia informato del pensiero suicidario. Questo pensiero che lei ha descritto e la sua scelta estrema sono una visione anticonservativa e di solitudine in cui lei si sta trovando con i suoi pensieri e la sua ideazione che non lascia respiro per pensare diversamente.
Il mettere in atto, pensieri in azione (anche in forma inconscia) autodistruttiva sottrae la possibilità a sé stessa di trovare una via di uscita possibile attraverso il concreto aiuto e il sostegno di cui lei necessita per una visione che liberi da uno schema ripetitivo e da una serie di credenze negative.
C'è in lei la necessità di richiedere e di potere avere uno spazio per essere ascoltata e sostenuta da un* specialista in questo momento significativo per la sua vita.
Ricontatti le figure psicologiche da cui lei si era rivolta motivando specificando il suo grave stato di sofferenza.Provi a ricontattare l'ASL di riferimento per un primo colloquio urgente. Altresì, si rivolga per il suo stato mentale e di salute quanto prima in pronto soccorso dell'Ospedale di riferimento della sua zona per ricevere una visita medico psichiatrica o l'invio presso lo specialista presente nella struttura ospedaliera.