Come reagire nei confronti di una famiglia oppressiva
Buongiorno,
scrivo questa lettera perchè mi trovo in una situazione di difficoltà. Ho 26 anni, mi chiamo Emma e sto vivendo un momento di grave disagio. Ho sempre vissuto in una famiglia molto opprimente, non mi hanno mai fatto mancare nulla e di questo a loro sono immensamente grata e riconoscente, ma hanno sempre stabilito loro, sia nelle scelte più blande, sia in quelle più importanti cosa fosse più giusto per me. Io mi sono sempre sentita in una condizione di doverli soddisfare, ma allo stesso tempo sentivo che non ci riuscivo mai, perchè nonostante li accontentassi in tutto non andava comunque mai bene nulla di quello che facevo. Sono sempre stata criticata nel momento in cui esponevo le mie idee, i miei pensieri, nel momento in cui ho avuto bisogno di andare in terapia non mi è stata concessa questa opportunità perchè secondo loro solo loro sarebbero riusciti a risolvere i miei problemi. Ed io non mi sono mai sentita serena ad affrontarli per paura che mi venisse "proibita quella cosa" o per paura di essere completamente demoralizzata. Mi trovo a 26 ad aver scelto una facoltà universitaria esclusivamente per loro, io volevo andare a fare psicologia, ma secondo i miei genitori non era abbastanza e pur di farli felici mi sono iscritta a giurisprudenza, facoltà che avrebbe voluto fare anche mia madre. Mi trovo solo ora ad essere in grado di esprimere il disagio perchè negli ultimi 4 anni la mia famiglia ha dovuto affrontare ulteriori problematiche (la malattia di mia mamma, successivamente la malattia di mia nonna e subito dopo di mio nonno, ancora dopo il lutto di questi ultimi due). Capendo la fondamentale importanza di questi momenti ho sempre messo da parte i miei disagi e la mia felicità cercando in qualche modo di "farmi andare bene" il futuro che loro avevano già prescritto per me.
Per ritagliarmi dei momenti di libertà per coltivare delle relazioni dovevo mentire a casa dicendo che uscivo con delle amiche perchè per i miei genitori un "fidanzato" sarebbe stato un ostacolo al mio cammino verso il futuro che loro avevano deciso per me. Ho chiuso relazioni con persone valide perchè per i miei genitori non andavano bene (non sono laureate, non sono di buona famiglia, devi aspirare a di più.. queste erano le frasi più comuni).
Dopo la morte di mio nonno a febbraio di quest'anno, momento completamente devastante per tutti, ho avuto la fortuna di conoscere il mio attuale ragazzo. Ho sempre pensato me l'abbia mandato mio nonno perchè è stata l'unica persona in grado di darmi quella felicità che per una vita ho desiderato. Per la prima volta in vita mia mi ritrovo in maniera razionale a capire esattamente chi sono e cosa voglio, a capire cosa mi renderebbe felice. Non avendo un lavoro sono riuscita a risparmiare soldi per ricominciare, vedo chiaramente quali sono i miei sogni, ho voglia di rendermi indipendente, di farcela da sola, di lavorare per realizzare questi sogni perchè so di potercela fare.
Giustamente non potendo lasciare solo un bigliettino con scritto " Non ce la faccio più, me ne vado" perchè non sarebbe stato giusto e perchè sono adulta, ho provato in seguito a mesi di sofferenze e bugie altrimenti non potevo vivere la mia vita, la mia relazione tutto il resto, una settimana fa ho preso coraggio e ho espresso questo disagio alla mia famiglia. Ho detto loro che non ero felice, che volevo rendermi indipendente, andarmene lavorare e solo allora decidere quale fosse il futuro migliore per me.
La reazione è stata devastante, mia madre mi ha presa caricata in macchina e una volta da sole mi ha minacciata di togliersi la vita in caso me ne fossi andata, che dovevo portare a termine il percorso di studi già iniziato, che sicuramente qualcuno mi aveva messo in testa queste idee, che in caso fossi scappata mi avrebbe trovata e riportata a casa. Faceva finta di andare addosso alle macchine pur di farmi dire "No, sto a casa e la finisco l'università che vuoi tu". Mi ripeteva che sia lei sia mio padre non avrebbero retto al mio mollare tutto " Non ce la farai mai da sola, con che faccia andiamo in giro io e tuo padre dai nostri amici con te non laureata che decidi di mollare tutto per niente" "Frequentare gente non laureata (il mio fidanzato) ti ha portato a questi pensieri" "Devi cambiare gente che frequenti". Mio padre, essendo completamente succube di mia madre, pur di darle ragione ripeteva le stesse cose che diceva lei.
In seguito a questo episodio sono caduta in un baratro davvero buio. Non riesco ad avere il coraggio di prendere e andare, sono divorata dalla paura, non riesco a mangiare e a dormire. Non voglio continuare a stare così perchè sento che ci sta rimettendo la mia salute. La cosa peggiore è che dopo questo episodio la mia famiglia già il giorno dopo faceva finta di nulla, come se niente di tutto ciò fosse mai successo, pensando che la mia fosse una crisi passeggera "Dai andiamo a fare shopping oggi, e mi raccomando basta brutti pensieri, continua verso il tuo obiettivo".
A 26 anni non mi sento libera di prendere le mie decisioni, mi sento soffocata e completamente infelice e la cosa peggiore è che nonostante io sappia ciò che voglio e ciò che mi servirebbe per essere felice, raggiungere questo mi viene proibito con forza, violenza e minacce.
Non so davvero che fare.
Salve Emma,
il suo racconto mi ha colpito molto. La gabbia in cui si trova è terribile e attraverso le sue parole ho vissuto tutta la sua angoscia e il suo senso di impotenza.
Parlando in termini pratici, non vedo possibilità che i suoi genitori e in particolare sua madre possano in qualche modo modificare la loro posizione e il loro atteggiamento aggressivo e impositivo nei suoi confronti. Di conseguenza, l'unica persona che può fare qualcosa è lei e le alternative sono essenzialmente due: o trova la forza per assecondare sua madre fintanto che non finisce gli studi (fondamentalmente per tenerla buona ed evitare che la minacci o le renda la vita impossibile) con l'obiettivo successivo di prenderne le distanze attraverso la conquista di una autonomia economica ed emotiva, oppure trova la forza di intraprendere la sua strada nonostante l'opera di repressione e soggiogazione di sua madre. Finora le minacce di suicidio o di altro tipo hanno avuto presa su di lei (comprensibilmente) ma qui si tratta di veri e propri ricatti, soprusi e violenze psicologiche.
A tal proposito mi chiedevo se nella sua zona ci fossero delle strutture a cui rivolgersi per potersi far aiutare, strutture che oltre ad offrirle un aiuto materiale potrebbero sostenerla anche dal punto di vista psicologico.
Se non fosse possibile contare su simili strutture, le consiglio di trovare il modo, attraverso qualche lavoretto saltuario, di raccogliere la cifra necessaria per affidarsi ad un professionista, non tanto per chiarirsi le idee (visto che ha ribadito più volte che sa cosa vuole) ma per rafforzarsi e strutturarsi n modo tale da riuscire a reggere alle resistenze che le vengono opposte dai suoi genitori.
Le faccio i miei più sinceri auguri Emma. Cordiali saluti
Dott.ssa Ilaria Banchini
Psicologa, Psicoterapeuta - Prato - Firenze