Può mia figlia andare da sola ad un consultorio?
Buongiorno, sono una mamma divorziata di una ragazza di 14 anni. Mia figlia vive con me da quando, 11 anni fa, mi sono separata. Suo padre vive a S. Francisco. E' sempre stata una ragazza molto matura rispetto alla propria età, molto responsabile e sensibile e il rapporto con me è sempre stato sincero ed aperto. Diverso invece è stato, ed è tuttora, il rapporto con il padre che, vuoi per sua incapacità, vuoi per la distanza che ha imposto scegliendo di trasferirsi oltre oceano, è diventato sempre più conflittuale fino ad arrivare al punto che non vuole stare con lui e a stento gli risponde al telefono. Io finora, pur riconoscendo i difetti del mio ex marito, ho sempre cercato di mediare e di spiegarle che deve accettarlo così com'è, che comunque rimane sempre suo padre, ma non posso negare che il comportamento di lui fa acqua da tutte le parti e mia figlia se ne rende ben conto... Ultimamente più di una volta mi ha chiesto di poter andare da uno psicologo per parlare dei suoi problemi. Mi sono informata, ma pare serva il consenso di entrambi i genitori e purtroppo il padre, tale consenso non lo darà mai perchè neanche capisce che vi possa essere una necessità ed un'utilità in tal senso. Come posso fare ad aiutarla? C'è un modo per by passare il suo consenso? Può mia figlia andare da sola ad un consultorio? Ringrazio anticipatamente. Sara
Buonasera Sara,
ho letto con attenzione la sua richiesta per prima cosa le confermo che si, serve il consenso di entrambi i genitori affinché sua figlia minorenne possa intraprendere un percorso terapeutico. Io lavoro sia privatamente, sia all'interno di un consultorio ASL (dove mi occupo di mediazione familiare e quindi proprio di casi di separazione) e le confermo che il consenso dei genitori vale sia nei confronti di un terapeuta che lavora privatamente, sia nei confronti di chi lavora in un consultorio.
Infatti:
"Nessun intervento psicologico e psicoterapeutico rientra nell’ordinaria amministrazione cui un solo genitore può provvedere in assenza del consenso dell’altro genitore, anche nel caso in cui il giudice abbia stabilito che ad uno dei genitori spetti l’affidamento del figlio in via esclusiva. Ciò perché la consultazione psicologica/psicoterapeutica e ogni forma di psicodiagnosi, rientrando nell’ambito della tutela della salute, richiedono il consenso di entrambi i genitori. A ciò non è possibile argomentare sottolineando l’urgenza dell’intervento, utilizzabile a volte in campo medico, poiché esistono fondati dubbi sulla reale urgenza dell’intervento psicologico.
Al fine di garantire la tutela del minore, è stata comunque prevista la possibilità di considerare intervento di ordinaria amministrazione una singola seduta di consulenza, la quale può essere svolta dal professionista anche in assenza del consenso di entrambi i genitori. Ciò al fine di poter comunque garantire l’individuazione di situazioni gravemente pregiudizievoli per la salute psicologica del minore; al professionista si raccomanda altresì, nel caso in esame, di non procedere alla somministrazione di reattivi psicologici e di astenersi dal redigere relazioni in merito a quanto osservato. Per tali ragioni, in assenza di un consenso esplicito di entrambi i genitori, lo psicologo non può redigere una relazione scritta. Allo stesso modo costituisce violazione deontologica la stesura di relazioni, su richiesta di un solo genitore, relative a situazioni pregresse in assenza del consenso di entrambi i genitori. Non costituisce violazione deontologica l’utilizzo in giudizio, da parte di un genitore, di una relazione redatta in precedenza con consenso di entrambi i genitori. Allo psicologo è consentito, laddove richiesto, rilasciare la mera certificazione della singola seduta di osservazione, in cui è da evitare la formulazione di pareri clinici, diagnosi e valutazioni di qualsiasi natura.
Nel caso in cui, nella singola seduta di osservazione, si registri grave rischio/danno per la salute psicologica del minore e il professionista ritenga necessario perciò lo svolgimento di prestazioni psicologiche in suo favore, ma non disponga del consenso informato di entrambi i genitori, egli può informare l’Autorità Tutoria competente (e cioè sia il Giudice Tutelare, presente presso tutte le sedi ordinarie dei tribunali, sia il Presidente del Tribunale per i Minorenni, con sede unica regionale a Firenze, ad esclusione della provincia di Massa-Carrara, che fa riferimento invece al Tribunale per i Minorenni di Genova). Tale possibilità va ritenuta ad ogni modo residuale, da utilizzarsi adottando comunque un atteggiamento estremamente prudenziale.
Nei casi in cui non si registri nel presente un evidente danno alla salute psicologica del minore, si suggerisce di sollecitare il genitore che richiede l’intervento a rivolgersi al Giudice affinché questi possa indicare la soluzione più idonea per il minore stesso. Ciò poiché, in caso di insanabili divergenze su questioni di particolare importanza, ai sensi dell’art. 316 c.c., ciascuno dei genitori può ricorrere al Giudice tramite la mediazione del proprio legale." (dalla DELIBERA n°G/75 adottata nella riunione del Consiglio dell’Ordine il 11/12/2010)
Le consiglio quindi per prima cosa di parlare con il padre di sua figlia e capire se effettivamente è disposto a dare o meno il suo consenso. Diversamente sua figlia può fare un solo incontro di consulenza e da lì può eventualmente rivolgersi all'autorità giudiziaria per richiedere la necessità dell'intervento terapeutico.
Sero di esserle stata d'aiuto.
Cordiali saluti
psicologa, psicoterapeuta, terapeuta E.M.D.R. - Pisa