Mio figlio di tre anni e mezzo ha paura a fare la cacca

Buongiorno,
mio figlio ha ormai tre anni e mezzo e da più di un anno ha paura di fare la cacca.
La trattiene fino all'impossibile (comunque negli ultimi mesi di norma non per più di un giorno e mezzo) e quando deve per forza lasciarla andare, mi implora di aiutarlo a tenerla e piange disperato. Spesso questi episodi di malessere fisico/psicologico durano anche ore.
Quando gli chiedo perchè non vuole farla, risponde che ha paura. E se gli si chiede di cosa, lui risponde "che cada in terra", altre volte che ha paura, ma non sa di che cosa.
Specifico che è senza pannolino, ma che in questi momenti mi chiede di metterglielo, però nell'ultimo mese è capitato che la facesse seduto sul riduttore qualche volta. Ma la modalità non cambia.
All'inizio dello scorso anno credo di aver affrontato il problema nel modo sbagliato, insistendo molto e provandole tutte.
Poi, anche su consiglio di una psicologa della zona, abbiamo mollato e ricominciato da capo e da ormai 7 mesi lo "ignoriamo", alleggeriamo e lasciamo fare a lui. Qualche timido risultato c'è stato, a momenti alterni, (ad esempio prima stava ore in un angolo del bagno, ora la fa anche nel resto della casa o in altri posti; prima io e mio marito non dovevamo assolutamente sapere che gli scappava, ora almeno non è più argomento tabù).
Però francamente, dopo quasi un anno e mezzo, lo spettacolo non è cambiato, è davvero psicologicamente a pezzi in questi momenti e noi non sappiamo come aiutarlo.
So che è un problema comune a molti, ma dura davvero da molto tempo. Io e mio marito siamo stanchi di vederlo stare così male ogni giorno. Continuiamo ad essere pazienti, a rassicurarlo, a stargli vicino in quei momenti con discrezione. Siamo molto attenti a non fargli percepire ansie e preoccupazioni. Ma ci sentiamo impotenti ed i risultati non sembrano arrivare. Ed iniziamo anche a chiederci se ci possano essere ripercussioni fisiche per il protrarsi così a lungo di questo problema.
Grazie in anticipo.
Valentina

Gentile Valentina,

leggendo la sua lettera emerge intanto, la volontà di occuparvi di questa questione e ciò rappresenta un punto di partenza che ha poco a che fare con "l'impotenza" di cui parla.

D'altra parte capisco la frustrazione di non trovare una soluzione soddisfacente per tutta la famiglia e per alleviare la sofferenza del bambino.

Il controllo degli sfinteri rappresenta una tappa dello sviluppo complessa per il bambino che deve misurarsi con l'esperienza di controllare il proprio corpo, di potersi staccare da una parte di sè, e di poter contare sulla capacità di contenimento dei genitori.

La domanda che suo figlio si pone in quel frattempo che trascorre tra lo stimolo e l'evacuazione è " quando io cado c'è qualcuno pronto a prendermi?"

Credo che , innanzitutto, dobbiate escludere l'eventuale presenza di patologie organiche rivolgendovi al pediatra (allergie, intolleranze etc.) poi sarebbe il caso di affrontare l'aspetto psicologico della salute del bambino rivolgendovi ad uno psicologo. In tal modo potrete valutare le risorse di tutta la famiglia utili ad aiutare il bambino.

E' importante che il bambino si senta accolto e compreso e che si disinneschi quel meccanismo svalutante per tutti voi in cui associate la "riuscita" al valore delle persone.

Resto disponibile per ulteriori chiarimenti ilariaspagnolo@libero.it.

Grazie e buona giornata.