Parafilie sessuale, e dubbi
Salve.
Dopo tanto tempo trovo coraggio di scrivere, qui, dopo aver letto, tanto e tanto, sull'argomento parafilie.
Premetto: le letture sono state abbastanza sconfortanti, e spero che qualcuno mi smentirà.
Da ormai anni, convivo con impulsi sadomaso, ora ho 20 anni.
Mi è sempre pesato molto, perché non mi reputo speciale a discapito di molti miei simili, ma bensì 'condannato'.
Ho ricordi di impulsi e atteggiamenti sadomasochisti fin dalla prima infanzia, anche se ovviamente senza libido.
Ho anche conosciuto meglio il mondo del sadomaso e non lo amo. Una dominazione 24 ore non è accettabile.
Il mio carattere è autorevole e fiero, vi lascio immaginare in che modo convivo con il mio Es.
Io sono uno 'switch', ovvero mi piace comandare ed essere sottomesso, e nel dolore non ci trovo molto.
E' più l'umiliazione che appaga, rispetto al dolore che odio infliggere e soprattutto ricevere.
Non capisco la mentalità, per me è solo piacere erotico.
Non ho mai avuto un rapporto sessuale, ma non per la parafilia, semplicemente perché io sono MOLTO esigente sulla partner, quindi o trovo quella che mi piace davvero, o non trovo.
Ricordo, che con la mia ex, in una camera di hotel, semplicemente baciandoci uno sopra l'altro, senza umiliazione o fetish, mi eccitavo molto. O quando lei mi toccava lì.
Ho avuto rapporti sessuali con donne a pagamento; principalmente sadomaso e non sempre mi hanno fatto godere, anzi.
Ho anche avuto un rapporto sessuale normale, mantenendo l'erezione per 2 minuti all'incirca.
tutto ciò però, prima che mi operassi di Fimosi, infatti prima il sesso era spesso associato a dolore, poiché era una fimosi serrata e non potevo muovere il glande.
con l'intervento di circoncisione fatto, la stessa stimolazione è diventata molto più piacevole.
Da 25 giorni, ormai, ho smesso anche semplicemente di masturbarmi su video sadomaso/fetish.
Mi sto masturbando solo su sessualità ''normale'', penetrazione, ecc e non trovo particolari problemi, forse ci metto un po' di più, ma comunque l'orgasmo sopraggiunge ed è piacevole.
Gli stessi sogni e impulsi,da quando ho smesso di masturbarmi (fu suggerito da uno psicologo ad un ragazzo parafilico) sono decisamente diminuiti, i sogni erotici parafilici scomparsi.
Sto andando per le lunghe, quindi vorrei farvi delle domande, per quanto riusciate a rispondere online, che è cosa impossibile ( e di ciò ringrazio voi per il lavoro e il sito per l'opportunità )
-Da quello che vi ho scritto, la mia, vi sembra una parafilia unica, cioè che mi fa raggiungere il piacere sessuale solo tramite essa, oppure parziale? Cioè che mi permette anche di avere piacere con la sessualità normale? Lo chiedo perché, io sto male all'idea di dover trovare una partner e dover soltanto fare sadomaso. E' limitante, è sbagliato, è un rituale d'ossessione. Bisogna essere ''aperti'' col sesso, almeno.
-Le esperienze che ho letto sulla cura delle parafilie non rassicurano. Molti psicologhi lo reputano impossibile. Io so bene che una parafilia non scompare, e francamente non vorrei scomparisse. Ma nel caso la mia parafilia non mi permettesse di avere piacere tramite rapporto normale sessuale - anche in base alle vostre esperienze (belle da conoscere, per di più) - sarebbe possibile integrare la parafilia al rapporto sessuale normale? Cioè poter godere col sadomaso, così come con la penetrazione.
E' realisticamente possibile, chiedere ciò, come cura, ad uno psicologo? Lo chiedo sinceramente, nella speranza che anche qualcun'altro che mi legga, possa avere chiarezza e soprattutto, coraggio.
-L'ultima cosa più tecnica, mi consigliereste uno psicologo in sessuologia clinica o uno psicoterapeuta?
Due differenti,purtroppo, non posso per motivi economici, quindi chi dovrei scegliere per una terapia più funzionale? Io sono di Caserta.
Mi dispiace per la lunghezza del post, per le ripetizione e per le domande banali e/o ripetute
Sono un po' scoraggiato, sono una persona allegra, solare, amata, apprezzata. E solo l'argomento sessualità, mi fa molto male.
Vi ringrazio, ancora una volta, per le risposte. Per ciò che fate, nessuno vi obbliga.
vi ringrazio per la pazienza nel leggere, vi ringrazio per la pazienza nel leggere certe cose.
E mi scuso per eventuali scemenze scritte.
Salve. Le diagnosi, la terminologia tecnica, i sintomi così come vengono decritti sui manuali vanno necessariamente contestualizzati con un’anamnesi (ovvero il racconto della storia di vita della persona) nonché con le risorse e/o le resistenze messe in campo durante una relazione terapeutica. Personalmente non credo in affermazioni assolute e generali né prediligo tecnicismi che spesso più di chiarire se, avulsi dall’esperienza, tendono purtroppo a confondere. Bisognerebbe rintracciare ed attraversare quel filo narrativo che le fa porre sullo stesso piano piacere e potere (castigo, punizione, umiliazione) e riconnetterlo a quell’altro capo del filo in cui lei esprime il desiderio di un “rapporto normale”, più che nella sintesi di un compromesso, nella ricerca di strategie esistenziali creative. Fermo restando che anche la “normalità” è un concetto astratto che va articolato sulla soggettività della singola persona e della sua esistenza, l’integrazione a cui lei accenna è la via che permette un percorso di graduale affrancamento da modelli disfunzionali, cioè da quei comportamenti che sottraggono gradi di libertà, possibilità di scelta e che quindi generano sofferenza in chi li vive. Il suo desiderio e la sua determinazione, oltre alla domanda esplicita di aiuto, sono buoni fattori prognostici da confermare e rivalutare via via durante un percorso psicoterapeutico. Per quanto riguarda la scelta dello specialista, mi limito a risponderle che, in quanto psicoterapeuta, io mi occupo a 360° gradi di ogni genere di problematica esistenziale.