Dott.ssa Irina Boscagli

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Dott.ssa Irina Boscagli

Psicologo, Psicoterapeuta

Ho perso fiducia in mio figlio

Salve, non ho mai pensato di essere perfetta, ma, sebbene alterni, i rapporti coi miei figli mi davano fiducia e sostegno. Mia madre era molto severa e poco dolce ed io purtroppo ho ereditato da lei la poca capacità di gratificare e la ruvidezza dei modi, a volte sono brusca e scostante. Ma ho sempre avuto, o credevo di avere un bel rapporto con i miei figli, soprattutto il maggiore, più aperto, mi raccontava sempre tutto e credevo di avere un bel dialogo con lui (questo non significa che non ci fossero scontri, alcuni anche intensi). Quest’anno, in quarta liceo, a fine novembre, dopo un serie di forche che io ho cercato di comprendere, ha deciso di lasciare la scuola. Lo ha comunicato sia a me sia a suo padre. Io l’ho presa molto male, suo padre in maniera molto più disinvolta e sebbene contrariato ha accettato di buon grado la sua scelta. Io invece ho subito sia la scelta del figlio che l’inerzia del padre (siamo separati). Ora ho perso fiducia in mio figlio, tra questa bella pensata e altre trovate non proprio geniali e altre bugie mi hanno fatto perdere molta della stima che avevo di lui. Ora non va a scuola, ma lo sveglioi tutte le mattine come se ci andasse e lo porto con me a lavoro, dove sinceramente si annoia lui e agita me. Sono meno disponibile e sebbene cerchi di essere abbastanza oggettiva ed equilibrata mi rendo conto che pretendo di più in casa … del resto non fa nulla, almeno potrebbe contribuire … ecc … lavoro al momento non si trova e poi il mio desiderio è che finito quest’anno lui riprenda gli studi come promesso. Però non sono più così fiduciosa e gli sto più col fiato sul collo, diciamo che ne lascio scorrere meno. La situazione attuale però un po’ mi spaventa, un ora/giorno viene e cerca conforto, non sempre riesce ad ottenerlo, dipende da cosa ha combinato poco prima, un ora/giorno manifesta tutto il suo odio sia a parole sia coi modi. L’altro giorno perché non ho accondisceso ad una sua richiesta mi sono beccata del: ti odio, mi fai schifo non ti voglio più, tutto ciò che dici non mi interessa, del resto faccio ciò che tu mi hai insegnato e mille altri insulti. Questa continua alternanza di comportamenti, questa totale svogliatezza, questa assenza di interessi, questa assoluta arroganza e prepotenza mi stressano profondamente e accentuano i miei difetti (rudezza nei modi e rigidità nei comportamenti). E questo è un aspetto. Dall’altra parte c’è la consapevolezza di tante cose, del suo stato di malessere generale, della sua insicurezza e della sua richiesta d’aiuto. E’ come se avessi a che fare con due persone, una che cerca in me protezione, e quando la cerca, spesso la trova, e una che cerca ad ogni costo di prevaricarmi e di farmi subire ad ogni costo le sue scelte accusandomi costantemente di essere io il despota della questione. A questa seconda persona mi ribello e cerco di ristabilire le regole, i ruoli e le priorità. Il risultato è che io vivo malissimo, salvo brevi momenti e lui pure. Io lo leggo come il mi aguzzino e lui pure, insomma sono sfinita e non ho più risorse. Ho bisogno di consigli utili, pratici, su come gestire questa fase difficile sperando che si concluda presto e al meglio. Come fare a mantenere le regole di sempre, sebbene non rigide, cercando di aiutare lui nel suo confuso e caotico modo di autogestirsi e cercando di non soccombere io. Non liquidatemi con “signora questa è l’adolescenza” perché fra tutti i ragazzi che conosco lui è l’unico che deliberatamente ha voluto prendersi l’anno sabbatico ed è l’unico che rischia di non finire il liceo senza alcuna ragione ma per il solo gusto di andare contro corrente e contro i consigli di tutti: insegnanti, compagni di classe, amici, parenti ecc … oltretutto si vergogna della sua scelta tanto è che se incontriamo per strada persone e gli chiedono come va a scuola lui risponde bene e si comporta come se in realtà lui fosse ancora a scuola.
Gentile Cecilia, non vuole sentirsi dire che "questa è l'adolescenza", ma può accettare di leggere che il mestiere del genitore è il più difficile al mondo? Anche questo è un luogo comune, me ne rendo conto, ma il mio è soltanto un modo per farla riflettere sul fatto che "consigli utili, pratici su come gestire questa fase difficile" non ce ne sono. O meglio, non esistono "regole" precise adattabili ad ogni situazione. Lei ha descritto bene le sue caratteristiche di madre ("rudezza nei modi e rigidità nei comportamenti"), ma questo non è sufficiente per capire bene la relazione che ha creato con suo figlio. E parlando di relazione viene da sè il fatto che non si tratta di diventare consapevoli soltanto di che madre è stata ed è tuttora, ma anche di che persona è suo figlio, di cosa pensa, di cosa sente e di che cosa è fatta la vostra relazione. E poi c'è il padre, siete separati, ma anche lui ha un ruolo nell'educazione e nella crescita di suo figlio. Andrebbe esplorato il momento della separazione, come è avvenuto, com'è stata gestita, quali sono state le reazioni del ragazzo (o bambino?). Credo che tutto questo possa essere affrontato con un percorso di consapevolezza, per il quale mi rendo disponibile (vista la sua zona di provenienza), eventualmente si senta motivata in questo senso. La saluto cordialmente.
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Dott.ssaIrina Boscagli

Psicologo, Psicoterapeuta - Prato - Firenze

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