Senso di colpa e bisogno di espiazione dopo tradimento
Buonasera,
sono Valerio e ho 30 anni. Vi scrivo per chiedervi un consiglio e un aiuto riguardo la mia attuale situazione.
Sto insieme alla mia attuale compagna da 10 anni e, come tutte le relazioni, abbiamo avuto sempre un po' di alti e bassi, fino a quando 3 anni fa c'è stato un cambiamento importante che ha cambiato un po' l'equilibrio all'interno della nostra relazione. Per seguire la carriera dei suoi sogni, la mia ragazza ha preso la grande decisione di trasferirsi all'estero (a Parigi) con la consapevolezza che una volta partita e affermatasi lì non avrebbe più fatto ritorno in Italia, visto che qua non ha le stesse possibilità di lavoro e di guadagno in tale ambito.
Essendo questo il suo grande desiderio, l'ho sostenuta per tutto il tempo e abbiamo preso insieme questa decisione, con il desiderio di provare a portare avanti la nostra relazione anche in un contesto a distanza, nascondendo sotto il tappeto il fatto che non avremmo mai potuto avere un futuro insieme. Infatti, come lei non sarebbe mai tornata in Italia per il suo lavoro all'estero, io non avrei mai potuto seguirla all'estero a causa del mio lavoro qua in Italia. Punto di rottura impossibile da ignorare, perché una relazione a distanza non potrà mai funzionare se non c'è la prospettiva di ridurre la distanza entro un tot di tempo e se è totalmente assente la prospettiva di un futuro insieme. Ma, a suo tempo, decidemmo di far finta che l'elefante nella stanza non esistesse e iniziammo questa nuova fase della nostra relazione.
In questi 3 anni (inizia ora a Gennaio il quarto anno), ci siamo sentiti più o meno tutti i giorni (tra messaggi e chiamate) e ci siamo visti per un totale di un mese/mese e mezzo all'anno (due settimane di ferie nell'arco dell'anno, una settimana a Natale e qualche fine settimana sporadico in cui io andavo da lei o lei veniva da me). Abbiamo inevitabilmente iniziato ad allontanarci e ovviamente la relazione non è stata più la stessa. Stando insieme così poco siamo diventati sempre di più degli estranei l'uno per l'altra e anche i miei sentimenti per lei sono cambiati. Nel tempo passato insieme, abbiamo evitato di parlare del fatto che non avremmo mai avuto un futuro insieme, nonostante entrambi ne fossimo ben consapevoli e io ho iniziato a immergermi sempre di più nel mio lavoro per compensare la mancanza di avere qualcuno accanto, di essere in una relazione che non mi dava più quello che volevo.
Per me, la vera realizzazione e consapevolezza che lei non sarebbe mai tornata e che questa relazione sarebbe stata destinata a finire l'ho avuta quando, dopo un po' di tempo che lei era partita, ho iniziato a riempire con i miei vestiti l'armadio che avevo lasciato vuoto apposta per lei nel mio appartamento.
Nell'estate scorsa (Giugno 2019), in ambito lavorativo, ho incontrato una ragazza (25 anni) che ha attirato subito la mia attenzione: una stagista che avrebbe fatto tirocinio all'interno della mia azienda fino alla fine di Settembre e che avrei visto abbastanza frequentemente.
Negli altri 2 anni che ero stato lontano dalla mia ragazza, mi era capitato di incontrare qualcuno che avesse attirato la mia attenzione (avevo sempre evitato anche solo di avvicinarmici), ma mai a questo livello!
Sono stato subito attratto dalla sua bellezza, dal suo essere sveglia e sicura di sé, dalla sua determinazione nel lavoro e dal suo modo di porsi con tutti, sempre solare e gentile, un po' timida nel chiedere aiuto nelle mansioni più difficoltose, ma piena di voglia di fare e recettiva. In poco tempo e vedendola spesso, mi sono affezionato alla sua presenza e abbiamo iniziato a parlare nei tempi morti durante il lavoro, e qualche volta ci siamo trattenuti anche a fine turno per prenderci un caffè prima di salutarci.
L'attrazione crescente nei confronti di questa ragazza mi faceva sentire un po' in difficoltà nel gestire la mia relazione a distanza e la mia mente ha iniziato a mettere in parallelo le due situazioni, facendomi traballare su quelle che erano state le mie convinzioni fino ad allora e il nascondere il problema enorme e non solvibile all'interno della mia relazione. Ho iniziato a capire che portare avanti quella relazione, il nascondere l'elefante nella stanza, non aveva contribuito a niente di positivo e mi avrebbe impedito di ottenere ciò che volevo dal futuro (una relazione stabile, un matrimonio, dei figli), visto che con la mia ragazza non sarebbe stato possibile.
Un'altra voce nella mia testa, che si faceva sentire soprattutto quando mi sentivo con la mia ragazza, mi diceva che non potevo però buttare via una relazione così lunga e che ci tenevo molto a lei, e che lei teneva molto a me.
Quindi feci una delle scelte più sbagliate che potei fare: continuai ad ignorare l'elefante nella stanza e iniziai a reprimere quei sentimenti che stavano nascendo nei confronti della stagista.
I mesi passarono, con la mia simpatia nei confronti di quella ragazza così dolce che continuava a crescere e che sembrava essere ricambiata, che però ponevo al secondo posto rispetto alla mia relazione a distanza. Era tangibile la compatibilità con la stagista all'interno delle nostre conversazioni e continuai ad intrattenermici, ma mi limitai sempre a chiacchiere in ufficio o ai nostri caffè di fine turno.
Arrivò anche la fine di Settembre e con questo la fine del suo tirocinio. Mi sentivo particolarmente strano a riguardo: sentivo un grande dispiacere al pensiero che probabilmente non l'avrei più rivista e che le nostre chiacchierate sarebbero scomparse tanto rapidamente quanto erano iniziate. Il suo ultimo giorno di tirocinio le chiesi se le andasse di uscire quella sera stessa per salutarsi a modo e brindare al suo futuro, lei accettò e, dopo il lavoro, andammo insieme a berci un aperitivo.
Fu una serata piacevole e, dal momento che il mio appartamento era vicino al locale, le proposi anche di rimanere a cena da me. La mia era una proposta innocua che aveva lo scopo di passare con lei un ultimo momento piacevole. E fu una serata molto piacevole fino a quando, una volta finita la cena, ci sedemmo sul divano e lei si fece un attimo seria. Mi confidò che le dispiaceva che quella sarebbe stata la nostra ultima serata insieme e, facendosi più vicina, mi disse che in quel tempo che avevamo passato insieme si era presa una cotta per me.
Io, preso alla sprovvista, non dissi niente e la abbracciai. Avevo il cuore che mi scoppiava nel petto e uno strano senso di gioia misto a senso di colpa. Per me era lo stesso, ma non potevo lasciarmi andare a lei visto che ero già impegnato. Questo pensiero abbandonò la mia mente nel momento in cui l'abbraccio finì e lei mi baciò.
Il resto della serata lo passammo a sbaciucchiarci sul divano e a chiacchierare e ridere su cose di lavoro e su cose che ci passavano casualmente per la testa.
Prima che andasse via, fu il mio turno di farmi serio e le confidai che avevo una relazione, che andava avanti da un po' e che era abbastanza complicata, e che però anche io mi sentivo attratto da lei. Aggiunsi anche che non avremmo potuto stare insieme proprio per questo motivo. Lei rimase un attimo confusa, ma mi ringraziò per la mia sincerità. Mi abbracciò e mi chiese di mantenerci comunque in contatto. Prima di uscire da casa mia, mi sorrise e mi salutò con uno "scrivimi, mi raccomando".
Da quella sera, tutti i miei buoni propositi mi abbandonarono e anche la mia logica e razionalità. Cominciai a scrivere alla stagista, cominciammo a vederci spesso ed, entrambi noncuranti del fatto che avessi già una relazione, iniziammo una relazione come se fossimo una coppia normale e io non avessi il bagaglio di una relazione senza futuro di 10 anni da portarmi appresso. Lei veniva spesso a cena da me, rimaneva a dormire da me. Le consentii pure di portare alcune sue cose nel mio appartamento e mi sembrò incredibilmente spontaneo anche darle le chiavi di casa (non con lo scopo di una convivenza, ma perché mi aveva chiesto se poteva rifugiarsi a casa mia anche quando io ero lavoro per isolarsi e scrivere la sua tesi di laurea, dal momento che abita ancora con i suoi genitori e sentiva la necessità di un posto tranquillo). Era da tanto che non mi sentivo contento come in quei giorni ed era da secoli che non mi aprivo così tanto con una persona con la stessa facilità con la quale facevo con lei. Mi innamorai di lei alquanto velocemente e finii per decidere che volevo stare con lei.
La mia relazione con la mia ragazza si raffreddò ulteriormente e, in quel tempo che passavo con l'altra ragazza, iniziai a ignorarla e a scriverle meno, nascondendo la realtà dietro il fatto che avevo tanto lavoro arretrato e tanto da fare.
A inizio Dicembre, dopo circa due mesi che mi frequentavo con la stagista e che le cose tra noi andavano a gonfie vele, mi resi conto che era questo ciò che volevo e che forse era arrivato il momento di chiudere la mia lunga relazione. Quindi, uno dei primi fine settimana del mese, decisi di raggiungere la mia ragazza a Parigi per chiarire la questione.
Fu un fine settimana lacerante e straziante, dove ammisi che la nostra relazione non poteva più andare avanti e che non provavo per lei le stesse cose. Non parlai mai dell'altra mia relazione. La mia ragazza fu disperata dalle mie affermazioni e dalla mia decisione di chiudere la nostra relazione, e pianse tutto il fine settimana.
Nel viaggio di ritorno, il senso di colpa mi mangiò vivo e in un sol boccone. Ero riuscito a distruggere e a far stare male una delle persone alle quali tenevo di più, e non ero stato in grado fare la cosa giusta: ovvero chiudere con lei prima di iniziare una nuova relazione. Questo pensiero mi si fissò nel cervello e presi la decisione di continuare a sentire la mia (ex) ragazza, a scopo "espiatorio" per cercare di redimere il mio senso di colpa. Sentii come la sensazione che non mi meritavo di essere felice perché avevo causato così tanto male a una persona a me vicina, perché avevo fatto un enorme sbaglio. Nella mia vita non avevo mai fatto uno sbaglio così tanto grande e questa cosa inficiava su quella che era la visione di me stesso: mi ero sempre considerato una persona con dei principi e dei valori, e questa situazione me li aveva fatti completamente infrangere. Era (e lo è tutt'ora) difficile accettare questo mio enorme sbaglio, quindi sento di aver bisogno di espiare le mie colpe e di crogiolarmi nel mio senso di colpa, facendo un qualcosa che non mi fa stare bene ma che penso debba fare: scrivere e supportare la mia (ex) ragazza, per poi eventualmente chiudere la nostra relazione (che rimane senza futuro) quando mi sentirò di "aver saldato il debito".
Quando tornai a casa, chiesi alla stagista di passare da casa mia e le spiegai la situazione, ovvero che non potevo ancora chiudere con la mia (ex) ragazza perché nell'ultimo tempo le avevo mancato di rispetto e che quindi avevo bisogno di un po' di tempo da dedicarle e nel quale espiare il mio senso di colpa. Un periodo di redenzione che non avevo (e non ho tutt'ora) idea della sua possibile durata.
Le chiesi quindi di riprendere tutte le cose che aveva lasciato a casa mia e di sentirci meno, in quanto avrei dovuto risolvere prima questa situazione per poi stare con lei.
Ovviamente lei la prese malissimo. Non si aspettava assolutamente che da un fine settimana nel quale sarei andato a chiudere con la mia ragazza, sarei tornato per dirle che non potevo/volevo stare con lei in quel momento. Quindi scoppiò a piangere e mi chiese di non tagliarla fuori da questa situazione.
Mi lasciai un po' impietosire, complice il dispiacere di averla illusa nei due mesi precedenti, e tutto Dicembre continuammo a vederci, con frequenza ridotta. Mese un po' bizzarro nel quale mi dividevo tra il lavoro, la mia (ex) ragazza con la quale avevo ricominciato a sentirmi frequentemente e la stagista, che continuava comunque a venire a cena da me e talvolta rimaneva anche a dormire con me.
Alla fine di Dicembre il senso di colpa era aumentato notevolmente e decisi di chiudere momentaneamente con la stagista, fino a quando non avessi risolto l'altra situazione.
Quindi, arrivando al giorno d'oggi, sono stato tutta la prima parte di Gennaio impegnato sul lavoro e intento ad espiare il mio senso di colpa attraverso il sentire quotidianamente la mia (ex) ragazza, senza sentire la stagista. Ho sentito molto la sua mancanza, sia per l'assenza dei suoi messaggi e delle sue chiamate, ma anche perché quando sono a lavoro mi viene naturale pensare a lei e a quell'estate che abbiamo passato insieme durante il suo tirocinio.
Quando sono a telefono con la mia (ex) ragazza, vorrei essere in realtà al telefono con lei. Quando esco da lavoro vorrei fosse lei quella che chiamo. Quando torno a casa la sera vorrei fosse lì ad accogliermi, mi manca la sua presenza nel letto; la sua figura minuta da abbracciare la notte, nel sonno. Mi piace molto il mio lavoro e quando leggo libri di approfondimento, mi viene inevitabilmente da pensare a lei e a come vorrei condividere con lei tutte queste cose, visto che è anche lei dentro il mio ambito.
Ma il senso di colpa e il pensiero del mio sbaglio sono insostenibili. Lei mi piace moltissimo, vorrei poter stare con lei, ma non riesco ad accettare l'errore che ho fatto. Il modo in cui questo sbaglio ha cambiato l'idea che ho di me stesso, non ho mai pensato che avrei potuto fare una cosa del genere.
Negli scorsi giorni, dopo tre settimane di silenzio, la stagista mi ha scritto per chiedermi se poteva venire a cena da me per passare del tempo insieme. Nonostante la titubanza iniziale e il mio sforzarmi volontariamente (e dolorosamente) di starle lontano, ho acconsentito perché adoro la sua presenza. Mi piace il modo in cui riusciamo a connettere quando parliamo, il modo in cui mi ascolta, il tono della sua voce.
Due giorni fa è venuta quindi a cena da me e abbiamo passato una serata piacevole, allega, parlando e ridendo del più e del meno.
Sapevo che in qualche modo quella serata non era indirizzata soltanto al desiderio di vederci e di parlare come normali "amici" (non so neanche se possiamo definirci così) e infatti, dopo cena, ha voluto parlare di come fossero finite le cose e chiedermi ulteriori spiegazioni.
La prima cosa che mi ha chiesto è stata perché non voglio provare ad essere felice con lei visto che provo questi forti sentimenti per lei e visto che sappiamo entrambi che vorrei stare con lei. Io le ho risposto che effettivamente lei mi piace molto, ma che in questo momento io non voglio essere felice. Le ho detto esattamente e in modo lineare come mi sento: che ho fatto un errore enorme, che mi ha fatto cambiare incredibilmente l'opinione di me stesso, e che devo espiare. E la mia espiazione è quella di non essere felice, ma di dedicarmi alla mia (ex) ragazza perché le ho fatto un torto incredibile, per poi chiuderci visto che comunque non abbiamo una possibilità di futuro, e che non so per quanto tempo questo senso di colpa mi logorerà. E che non so come (o se) uscirò da questa fase di espiazione, quale sarà allora la mia versione di me stesso.
In particolare, questo mio comportamento e tentativo di espiazione è un'azione egoista perché sto trattenendo vicino a me una persona con la quale non ho futuro soltanto perché voglio stare male, quando dovrei invece accettare che la nostra storia è giunta a un termine e lasciarla andare per farsi una vita senza di me. Nonostante le stia mancando di rispetto anche in questo modo, anche se non al pari del tradimento, non riesco a sentirmi in colpa per questo. Probabilmente dovrei essere sincero e ammettere il mio errore, dirle la verità, ma non so cosa mi potrebbe aiutare di più in questo momento.
Lei mi ha ascoltato facendo qualche obiezione e provando a mettersi sia nella mia situazione che in quella della mia (ex) ragazza e il paragrafo precedente è più o meno la costruzione del discorso che è venuto fuori attraverso la mia narrazione e la risposta alle sue domande.
In ogni caso, dopo aver esaurito l'argomento, abbiamo chiacchierato e riso un'altra mezz'oretta (per allentare un po' anche la tensione) e poi ha deciso di andare via. Le ho chiesto se le farebbe piacere che ci sentissimo, invece del silenzio radio che aveva caratterizzato le settimane precedenti, e lei ha risposto affermativamente, aggiungendo che le sarebbe piaciuto ripetere la serata quanto prima, con il suggerimento di istituire una serata film a casa mia una volta la settimana/ogni due settimane.
Sulla porta, mentre mi abbracciava, mi ha chiesto se penso che arriverà mai il momento nel quale vorrò essere felice con lei. Ma non ho saputo risponderle perché non so quale versione di me stesso verrà fuori da questa situazione. So che la adoro e che vorrei stare con lei, ma ho tutto questi sentimenti dentro di me che mi impediscono di spingermi in tal senso. Le ho risposto di pensare a se stessa e non a me, che per me questa storia finirà male (non so esattamente come, ma ho questo presentimento), mentre per lei finirà bene.
Quindi mi ha guardato sorridendo, mi ha dato un paio di baci sulle labbra e poi mi ha detto "hai soltanto bisogno di tempo per accettare l'idea di voler essere felice con me". Poi se n'è andata e, dopo aver chiuso la porta, sono rimasto cinque minuti buoni con la mano ancora sulla maniglia a pensare a come avrei voluto che rimanesse a farsi abbracciare a letto tutta la notte.
Nei prossimi giorni credo che le scriverò e che mi farò sentire, ma sono veramente incerto su come comportarmi e agire. Il senso di colpa e l'idea di aver sbagliato mi impediscono di dare una possibilità a un qualcosa che mi potrebbe veramente rendere felice.
Il suo sorriso e le sue parole "hai soltanto bisogno di tempo per accettare l'idea di voler essere felice con me" mi fanno capire che è incredibilmente testarda e che rimarrà nei paraggi un bel po', ad aspettare che io le dia una possibilità, e l'idea di vederci periodicamente con la scusa di vederci un film ne è la conferma.
Avrei dovuto chiudere la mia relazione prima di iniziare un'altra relazione, ma l'idea di aver tradito e di aver mancato di rispetto a una persona alla quale voglio bene e l'aver infranto l'immagine che avevo di me stesso mi mangiano intero dal rimorso e dal senso di colpa. Vorrei un suggerimento su come poter allentare questo bagaglio di senso di colpa e su come fare ciò che è meglio per me stesso.
Apprezzerei anche dei suggerimenti di lettura (libri, articoli...) sul tema se ve ne sono.
Mi scuso per la lunghezza del testo, ma sentivo la necessità di spiegare la situazione più nel dettaglio possibile.
Grazie per il vostro aiuto.
Gentile Valerio,
Comprendo che una convivenza di dieci anni, tra l'altro iniziata intorno ai 20 e conclusa(?) intorno ai 30 deve essere veramente importante ed il distacco può essere pesante.
Quello che emerge dalla storia che riporta è l'elefante, l'elefante del non-detto, del non chiaro, con gli altri e con se stesso. Inizia la lettera con una "attuale compagna" con cui sta assieme "da 10 anni", ma poi parla di una "(ex) ragazza". Ha tentato un chiarimento, parziale, che ha avuto conseguenze spiacevoli per tutti e tre ed ora si sente in colpa e "conclude" punendosi con il suo non voler essere felice.
Le pongo alcune domande:
- Per lei questo elefante c'è ancora e, se sì, che cosa rappresenta?
- Lei cosa vuole veramente?
- Pensa di poterne parlare con entrambe?
- Cosa è per lei non voler essere felice?
La risposta può non piacere, perlomeno non a tutti, forse a nessuno in questo momento, però è importante che sia chiara ed onesta, affinché la relazione sia costruttiva, qualsiasi essa sia, affettiva, di amicizia, familiare o lavorativa.
Resto a sua disposizione.