La Mediazione Familiare: separarsi come coppia associarsi come genitori
La separazione coniugale, rappresenta in principio, un totale sconvolgimento nella vita delle persone a cui fanno seguito inevitabili trasformazione su diversi livelli: sociale, familiare, genitoriale…
E’ un momento di crisi, di rottura dei precedenti equilibri, nel quale predominano sentimenti di fallimento, solitudine, smarrimento, incertezza, preoccupazione per il futuro per sé e per i propri figli; ma è anche una fase che contiene una grande potenzialità nel poter ristabilire dei nuovi e positivi equilibri.
Nonostante le separazioni registrino un notevole aumento, sembra che a tale trasformazione non corrisponda nella pratica, un’altrettanta evoluzione del nostro “modello interno” di famiglia. Ciò significa che nel nostro stereotipo culturale, la famiglia nucleare, quella composta da moglie, marito e figli per intenderci, è ciò che corrisponde al concetto di “normalità” (ora viene accettata anche la convivenza con figli nati dall’unione).
La scelta di separarsi, mette dunque fine anche alla nostra “rappresentazione interna”, di vivere e di dare ai nostri figli una, “normalità” familiare. Questo pensiero, a volte non completamente consapevole, lascia spazio a molteplici incertezze circa la propria capacità di “sapere” e “potere”, prendere ancora delle buone decisioni per i propri figli in futuro.
Come se, si mettesse in dubbio con il fallimento coniugale, anche la propria capacità di fare i genitori.
È convinzione, alquanto comune, credere che sarà il giudice, dal momento in cui si sceglie di non essere più coniugati, a decidere la sorte di tutti i componenti della famiglia.
Nella pratica, ai genitori viene ancora riconosciuta sia sul piano giuridico, la loro facoltà di poter prendere le opportune decisioni in merito ai figli, sia sul piano psicologico la loro capacità di saper trovare buone soluzioni per loro. Scegliere di separarsi come coppia non fa decadere ciò che si ritiene essere una buona competenza genitoriale, ossia saper riconoscere i bisogni dei propri figli e saper mettere in campo le risorse necessarie per rispondere ad essi.
Certo è che l’ira, piuttosto che il desiderio di vendetta, possono veramente mettere a rischio quella capacità dei genitori, di saper prendere con il dovuto “buon senso” decisioni importanti per i figli.
La rabbia, il livore, il bisogno di rivalsa, che comprensibilmente i due aspiranti separati riverseranno l’uno verso l’altro, più o meno velatamente (ritenendo l’altro, presumibilmente causa dell’attuale dolore se non della rovina familiare) seppur legittimi, rischiano di mettere eccessivamente in primo piano l’aspetto coniugale della vicenda e di lasciare sullo sfondo le relazioni con i figli.
È in questo ambito che si inserisce la Mediazione Familiare, quale intervento di aiuto elettivo sulla situazione di emergenza familiare.
L’emergenza e l’urgenza è data proprio dalla necessità di trovare una buona alternativa alle vecchie abitudini familiari, evitando passaggi traumatici per i figli, difficilmente spiegabili senza apporre giudizi negativi all’uno o all’altro genitore; ed individuare fin da subito, un modo per raccontare ai bambini cosa sta succedendo.
La Mediazione familiare rappresenta per i genitori, uno spazio ed un tempo in sospensione dal giudizio, nel quale poter comprendere, come e quando ognuno potrà/dovrà prendersi cura dei figli, in considerazione dei loro effettivi bisogni e delle capacità dei genitori di farvi fronte, nella prospettiva che i due genitori non saranno più coppia e non abiteranno più nella stessa casa; da cui ne deriva conseguentemente, il problema di come mantenere anche una continuità di relazione tra i figli ed entrambi i genitori.
Il tempo della Mediazione familiare è un tempo limitato, in genere le sedute sono comprese in un intervallo di 8/10 incontri, poiché si pone come obbiettivo quello di lavorare sui cambiamenti della separazione in prospettiva dei figli. E’ un lavoro di cooperazione tra i genitori, che con l’aiuto del mediatore sono orientati ad individuare soluzioni meno traumatiche e possibili per tutti ( non è dunque una terapia volta alla comprensione della dinamica di coppia, seppur a volte siano inevitabili i riferimenti ad essa).
Un accordo trovato dai genitori ha una più altra probabilità di poter durare nel tempo e di rispondere alle reali esigenze delle persone coinvolte in questo cambiamento; la tempestività
evita di lasciare i figli in balia dell’incertezza e dell’inevitabile angoscia che ne consegue, per non sapere cosà accadrà alla loro famiglia in futuro (spesso il timore dei bambini e quello di non sapere se e quando rivedrà un genitore).
L’aiuto del Mediatore Familiare si pone in questa logica, come terzo equidistante, che facendosi carico degli aspetti emotivi della separazione, sollecita nei genitori le risorse di cui sono dotati, per aiutarli a trovare una soluzione concreta, ai fini di gestire al meglio la loro impresa familiare, in virtù delle mutate condizioni; come dire, si scioglie il vincolo matrimoniale ma necessita riassociarsi come genitori.
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