Cara Luisella, concordo con quanto detto da alcuni colleghi in merito al segreto professionale e alla necessità (nonché comportamento deontologicamente corretto) che un/una terapeuta abbia un rapporto privilegiato e protettivo con il suo paziente. Se viene meno il rapporto di totale fiducia tra loro due, viene meno la possibilità, per la terapeuta, di aiutarlo. È solo con il consenso di suo marito, e ritenendolo adeguato per il suo percorso, che potrebbe parlare con lei apertamente delle sue ipotesi diagnostiche, dei movimenti, degli obiettivi. Inoltre non è detto che gli obiettivi che con suo marito sono stati fissati in terapia e che quindi lui sente come importanti coincidano con quelli che sarebbero importanti per lei. Tenga infine presente che in alcuni momenti particolari di terapia è possibile avere dei momenti critici che dall’esterno possono essere vissuti come peggiorativi. Mi sembra che lei stia cercando una diagnosi non psicologica ma di stampo medico, qualcosa di ben definito in una categoria e che possa tranquillizzarla; per questo vi potete rivolgere ad uno psichiatra, senza che questo influisca negativamente sul percorso che suo marito sta facendo con la sua terapeuta. Infine, ma forse più importante di tutto, la invito a occuparsi anche di se stessa: certamente la situazione che sta vivendo è difficoltosa, e merita un supporto prima che, come dice lei, ne vada della sua salute. Potrebbe giovare anche a lei un percorso personale, che la aiuti anche a rivivere scelte, bisogni e vissuti che in tutti questi anni l’hanno portata a scegliere suo marito, e poi a riscegliere di stargli accanto nonostante i tradimenti in senso lato di cui lei racconta. Auguro a lei e alla sua famiglia di trovare respiro al più presto.