Psicologo e psicoterapeuta individuale, di coppia e familiare
Mia figlia si rifiuta di essere aiutata per il suo disturbo
Da Settembre di quest'anno, mia figlia quindicenne ha iniziato ad avere crisi di pianto dovute a pensieri negativi che le vengono in mente e le provocano sensi di colpa. Abbiamo subito contattato una psicologa psicoterapeuta cognitivo comportamentale per aiutarla e vedere di superare questo momento anche se questi incontri non bastavano....continuava a stare male, così abbiamo deciso di contattare una neuropsichiatra che ha deciso di darle delle gocce di Valium e Ansiolev compresse. Non abbiamo risolto neanche questa volta e le ha prescritto una compressa al giorno di Aripiprazolo che mia figlia non ha mai voluto prendere. Ad oggi la situazione non è cambiata, però noto che peggiora nel periodo del ciclo mestruale tantoché pensavo fosse disforia premestruale...ma mia figlia dice che anche gli altri giorni ogni tanto le viene questa tristezza che la porta ad isolarsi. Da Settembre mi sono dimenticata di dire che si. è fidanzata con un ragazzo che la adora e anche lei è pazza di lui tanto da aver paura di perderlo. Vedendo che non migliora le ho detto di provare a prendere l'Aripiprazolo anche se mi spaventa un po' per le molte controindicazioni ma se funziona dandole aiuto a stare bene e la neuropsichiatra dice che l'aiuterà voglio provare. Il problema nasce in questo momento, mia figlia è stanca di prendere questi farmaci e non vuole prendere più niente, addirittura vuole smettere di prendere il Valium e gli integratori Ansiolev anche se sa che starà più male, non so cosa fare, voglio aiutarla ma lei non vuole neanche provare a prendere l'Aripiprazolo....che posso fare?
Buongiorno, comprendo le sue preoccupazioni e le sue difficoltà nel gestire e affrontare questa situazione. Da quanto da lei riportato mi sento di dire di non trovarmi d’accordo nella somministrazione di farmaci. Penso sia invece necessario intraprendere un percorso diverso da quello cognitivo comportamentale già provato centrato più sul “sintomo” e quindi avviare un percorso di psicoterapia che consenta alla ragazza invece di lavorare su quanto le sta accadendo, sulla comprensione ed elaborazione dei suoi vissuti.
tenga conto di quanto sia delicata la fase dell’adolescenza e che i ragazzi risentono anche della pandemia. Elemento positivo sembrerebbe il ragazzo di sua figlia, probabile riferimento e risorsa.
Saluti Dott.ssa Manuela Patti