Ho paura che la depressione stia tornando e non so come porre rimedio
Buongiorno, ho 25 anni e l'anno scorso - dopo circa un decennio di grandi difficoltà - mi è stata diagnostica una forma di disturbo bipolare di tipo II. La mia vita è cambiata molto da quel brutto periodo: convivo in una città molto distante dalla mia terra natia, stiamo aprendo - con tutte le difficoltà del caso - una startup col mio compagno ed altri 4 soci.
Ultimamente però non riesco più a sentirmi bene e non so a chi chiedere aiuto. Caratterialmente non ne parlo, e la mia "depressione" è mal giudicata dal mio compagno, che la prende come un capriccio. Vivo sola la maggior parte del giorno - lui torna alle sette di sera, in attesa che parta il nostro lavoro "insieme", ovvero la startup - e faccio molta fatica nell'occuparmi di me e della casa. Spesso salto il pranzo perché non riuscirei a cucinare, mangiare e pulire di nuovo la casa.
Contemporaneamente, l'impegno lavorativo nel sostenere la nascita della startup - progetto, in definitiva, non mio ma del mio compagno - è molto gravoso, e mi rendo conto che il mio tempo di recupero è un tempo infinito. Dopo un grande sforzo, al mio compagno basta una dormita per "riaversi", mentre io impiego 4-5 giorni di letto. Mi sento così sconfitta che ogni battito del cuore mi sembra una fatica immensa.
Ho provato a parlare con lui del fatto che non mi sento bene e che ho timore di dover ricominciare da capo una terapia farmacologica importante, ma la sua risposta è sempre la stessa: che col mio atteggiamento gli rendo difficile ogni cosa. Non sopporta le "sceneggiate", nonostante io non parli quasi mai di come mi senta. Ogni tanto può capitare che mi veda piangere, ma non disperarmi. Faccio di tutto per non pesare su nessuno.
L'altro giorno ho provato a confidargli che mi sento molto in colpa, poiché ho tutto quello che una donna potrebbe desiderare (una bella vita di coppia, una bella prospettiva di lavoro) eppure non riesco a "farmeli bastare". La risposta è stata, in soldoni, che faccio bene a sentirmi in colpa perché non c'è nulla di cui io possa lamentarmi.
Mi sforzo per portare a termine ognuno dei miei impegni - dai più banali, come fargli trovare casa pulita, ai più gravosi, come lavorare un weekend intero senza dormire, per essere pronti ad incontrare, il lunedì mattina, dei finanziatori - ma non ce la faccio più. Non mi sento più bene.
Lui mi dice che da quando ci conosciamo (quasi un anno) non mi ha mai visto felice, ed è vero: non c'è niente, nessuna ipotesi, nessun progetto in grado di farmi sorridere. Questo da sempre, da prima che tornassi a sentirmi giù nel modo in cui mi sento ora. Vivo con la preoccupazione di riempire il tempo per i prossimi 30, 40 anni - soltanto questo.
Ho timore di tornare dal mio medico per lamentare questi sintomi. Non ho un buon rapporto con lui - che ha travisato moltissime confessioni fattegli, a mio avviso - nonostante sia l'unico, tra i tanti che mi hanno visitato, ad indovinare la terapia farmacologica adeguata. Le terapie psicologiche intraprese in questi anni, purtroppo, non hanno mostrato alcun tipo di beneficio.
Non vorrei nemmeno confidare ai miei genitori come mi sento, poiché mi sento davvero "fallita" nello stare in questo modo a seguito di tutti i sacrifici fatti per vedermi "stare bene". Mi sento con le spalle al muro...
Buongiorno, ho letto con attenzione la sua email e mi pare di capire che “spalle al muro” sia il vissuto emozionale centrale di tutta questa descrizione. Spalle al muro per via dei genitori, del compagno, del lavoro, del modo di vivere le sue emozioni. Sembra proporre una situazione di impotenza diffusa. Non vuole tornare dallo psichiatra, le terapie psicologiche non hanno funzionato, sembra che nulla funzioni. Forse è proprio partendo da questa fantasia relazionale che propone che può rimettersi in gioco. Diventando attiva senza lasciarsi impantanare dalla passività che la caratterizza. Cordialmente.