Dopo due anni da un tradimento, limiti affettivi e di attaccamento
Buonasera.
Penso che la mia situazione sia abbastanza complessa e stratificata, quindi cercherò di essere quanto più sintetico possibile. Ho 36 anni, sono un uomo omosessuale e ho avuto per 1 anno e 2 mesi una relazione molto intesa e vissuta con un uomo migrante di origine cubana. La relazione è iniziata proprio nel momento in cui mi sono trasferito e sono andato a vivere da solo, quindi in un fase di stravolgimento e trasformazione. Venivo da 8 anni in cui non provavo un innamoramento puramente irrazionale. Ho investito molto in quella relazione: idee romaniche; voglia di investire totalmente me stesso (parto dalla tendenza di personalità ad essere un assoluto per l'altro, pronto a sacrifici e a dare totalmente, come se il valore del rapporto si fondasse esclusivamente su ciò che ho da offrire, senza considerare l'altra parte); voglia di "salvare" la persona amata dalla situazione di migrante clandestino; ho spinto e sovradeterminato situazioni che solitamente non avrei mai manipolato perché di indole non azzardo molto; mi sono rintanato in casa, ho visto poco gli amici (benché lontani per via del mio trasferimento); ho messo da parte molto di me per dare all'altro. Ho avuto nello stesso periodo della mia relazione anche problemi lavorativi, il mio datore non mi pagava, il mio partner non guadagnava molto, abbiamo vissuto di stenti, siamo dimagriti insieme. In tutto ciò io gli avevo promesso che mi sarei unito civilmente a lui, per dargli una garanzia, per renderlo sicuro ma per rassicurare anche me. Il rapporto è finito quando negli ultimi mesi io ero stanco di tutta la pressione che vivevo e questa stanchezza era ben manifesta, tanto da non rendere più sicuro nemmeno lui circa quell'idea che lo avrei potuto salvare o che gli avrei garantito una relazione nel benessere e nel supporto continuo. E' finita quando ho saputo che lui era stato sedotto da un ragazzo che gli aveva promesso che lo avrebbe trattato come "un principe". La relazione finì. Poco dopo ho scoperto che con quel ragazzo aveva già cominciato una relazione parallela, tanto che quando è andato via da casa mia è andato da lui. Dopo altri mesi a fasi alterne ho scoperto anche che durante la relazione mi aveva tradito altre 3 volte, sessualmente e in una, addirittura, lo aveva fatto per soldi.
Ho cercato di elaborare il tradimento, la relazione avuta e in maniera più complessa anche tutto il contesto di vita che avevo vissuto simultaneamente per comprendere fino in fondo la mia ferita e lo sconquasso creatomi. Sono passati circa 2 anni e mezzo e traggo le somme di ciò che sono diventati i miei limiti. Sento che è stata un'esperienza che mi ha traumatizzato moltissimo al punto da rivoluzionare molto il mio essere, a partire dai miei ideali: credevo che l'amore chiamasse amore; credevo che i cliché non esistono e per questo li ho voluti combattere fino ad accecarmi rispetto ad alcune evidenze, le quali durante il rapporto potevano darmi indizi su quanto la relazione fosse tossica o in bilico. Seguendo, conseguenze ci sono state anche nelle mie relazioni affettive: dico molti più no; sono più evitante; le problematiche altrui mi stressano quasi da subito (eppure io faccio un lavoro nell'abito della cura alla persona); ho un senso dell'attaccamento più debole; resisto alle sane illusioni di rapporti significativi e potezionali con nuove persone; sfiducia molto forte nelle potenzialità umane, disincanto; appena azzardo una nuova conoscenza, vederne subito dei limiti mi fa fuggire; ho iniziato una vita sessuale completamente differente rispetto a prima - prima di questa relazione di cui parlo. Rispetto alla sessualità, avevo un rapporto di dipendenza dal mio ex ragazzo (quello di cui parlo sopra) legato anche molto alla pratica sessuale, spesso quotidiana e ricercata come un piacere unico e raro. Dopo di lui ho iniziato a praticare del sesso occasionale privo di vero piacere: ho sofferto, ma oggi di meno, di un'ossessione verso le persone migranti, di origine africana o sudamericana, cioè con caratteristiche che rimandavano a lui. Ho pagato ben tre volte escort che mi ricordassero lui, ogni volta come se in loro ricercassi quel piacere. Ovviamente smentito ogni volta. In altre occasioni il sesso occasionale è stato più complicato ancora, diverse volte non provavo eccitazione sessuale, in altre pura vacuità. Solo in 3 casi (con tre persone differenti) sono riuscito a provare un piacere raro, ma caduco, precario, legato a quell'atto e a quella volta che è stato consumato. Ho provato a frequentare un ragazzo più piccolo di me, c'era molta tenerezza e molto sintonia affettiva, ma non riuscivo ad eccitarmi, non c'era alcun eros in lui, ho più e più volte per darmi chance, ma ho dovuto abbandonarlo. nel corso di questi due anni e mezzo l'autoerotismo è diventato per me l'unica garanzia di piacere, tanto da praticarlo quasi quotidianamente. In concomitanza con tutto questo, per finire questa lunga carrellata di elementi del mio vissuto di questi ultimi 2 anni, c'è una persona che si è insinuata nella mia vita: un mio collega di lavoro. Circa un anno dopo la fine del mio rapporto con il mio ex, ho scoperto di essermi infatuato del mio collega, che tra l'altro ho conosciuto 2 mesi dopo la fine del mio rapporto precedente. Solo che egli è fidanzato con un ragazzo (ad oggi da 3 anni circa) e soprattutto è un mio collega. Ho cercato di ridimensionare il mio rapporto con lui in più fasi, è stata dura, non volevo compromettere assolutamente il mio rapporto con lui dal punto di vista lavorativo, ma soprattutto perché ho paura delle conseguenze affettive ed emotive che potrei vivere, non potrei sopportarle ad oggi. C'è molta sintonia tra noi, a tratti ambiguità c'è stata, avrei potuto azzardare diverse volte, ma ho preferito non farlo. Ho vissuto un'anno e mezzo di repressione, elaborazione continua, aggiustamenti di tiro, correzione di comportamento per evitare che il mio interesse speciale contaminasse o portasse guai a me, a lui, al mio contesto lavorativo. Credo che tutt'oggi quest'operazione di "repressione" e "limitazione" nei suoi confronti sia diventata una dinamica normativa dentro di me che coinvolge molti ambiti relazionali della mia vita. Mi sento super controllante, freddo, rigido...eppure questo ultimo Natale ho deciso di scrivergli una lettera in cui gli spiegavo che ho dovuto limitare il rapporto con lui per un bene speciale che provo e che semplicemente dovevo dirglielo solo per liberarmi da un peso. Mi scrisse che mi avrebbe risposto con una lettera. Quella lettera non è mai arrivata. Io non me la aspetto e non l'aspetterò. Qual è la mia richiesta? Sto cercando in tutti i modi da tempo di autocentrarmi, di guardare alle mie esigenze, di guardare ai miei progetti da solo e basta. Lo faccio, vado lento, ma guardo a me, il tempo che ho è mio e solo mio...ma mi sento rotto, monco, come se avessi sviluppato ormai una deficienza verso i rapporti emotivi e affettivi, come se fossi slegato da tutto e tutti. Questa consapevolezza e questo sentimento di deficit mi reca a volte sì e a volte no sofferenza, disistima, tendenza all'arrendevolezza e all'abbandono di me stesso, perdendo alcune volte la voglia e il desiderio di investire su me, altre volte la recupero. Questi alti e bassi spesso mi rendono scisso e frammentato e non so ora su quale mia prerogativa, aspetto di vita o strada poter investire totalmente per vivere questo senso di "mancanza universale" senza che essa mi sovradetermini così tanto.
Mi scuso se mi sono dilungato, forse non è un quadro da poter pubblicare per la troppa complessità, ma voglio essere fiducioso e sperare in un vostro riscontro, qualsiasi esso sia. Vi ringrazio molto preventivamente.
Salve ALESSANDRO,
dalle sue parole emerge tanta sofferenza e malessere emotivo. Purtroppo quando si intraprende una relazione sentimentale non sappiamo mai quale sarà l'esito e come evolverà con il tempo. Amare oltre agli aspetti legati al romanticismo e alla passione, implica il rischio di incorrere in delusioni, distacchi e conflitti non sempre piacevoli. Lei è una persona estremamente introspettiva e sensibile, piena di risorse. Cerchi di trasformare questo momento difficile in cui avverte smarrimento e confusione in una fase di comprensione, elaborazione e crescita personale. Un percorso personale e l'aiuto di un professionista le consentirebbe di capire e affrontare queste difficoltà e le consentirebbe di interrompere questi cicli relazionali difunzionali, migliorando il suo benessere emotivo.
Cordiali saluti
Dott.ssa Di Meo Maria Anna
psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale - Napoli