La vie en gris: il Disturbo Depressivo Persistente
“Vedo sempre tutto grigio, questa non è vita”. Pessimismo, sfiducia in se stessi, sentimenti di inadeguatezza e di inutilità, autosvalutazione, difficoltà a prendere decisioni, incapacità di provare piacere, mancanza di energia, stanchezza. Questi sono alcuni dei sintomi che alcune persone provano per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per mesi e mesi consecutivi (almeno due anni). Oltre a questi aspetti, possono essere presenti scarso appetito o fame eccessiva, insonnia o al contrario necessità di dormire molte ore, difficoltà di concentrazione, sentimenti di disperazione.
Questo quadro sintomatologico configura il Disturbo Depressivo Persistente (Distimia).
Un disturbo insidioso e difficilmente riconoscibile
Il Disturbo Depressivo Persistente ha spesso un esordio precoce e insidioso, infatti può manifestarsi già nei bambini, negli adolescenti o nella prima età adulta. In altri casi ha un esordio più tardivo.
Quando il Disturbo Depressivo Persistente compare in giovane età, o addirittura nell’età infantile, finisce con il caratterizzare lo stile di vita della persona divenendo quindi difficile distinguerlo da un modello abituale di comportamento. Poiché i sintomi divengono parte dell’esperienza quotidiana, la persona stessa non è in grado di riconoscerli come tali, dunque non li riferisce al medico. La persona, totalmente inconsapevole che la difficoltà con cui ogni giorno affronta la vita è causata da una malattia, può condurre per anni un’esistenza infelice. Va sottolineato che il grado in cui il Disturbo Depressivo Persistente influenza il funzionamento sociale e lavorativo può variare ampiamente, ma gli effetti possono esser pari o superiori a quelli della depressione.
I sintomi che più frequentemente conducono questi pazienti ad una prima osservazione medica (e che spesso distolgono l’attenzione dal corretto inquadramento diagnostico della malattia) sono quelli attinenti la sfera somatica. Vengono infatti spesso riportati mancanza di energia fisica, insonnia o ipersonnia, inappetenza o iperfagia.
La vita tutta in grigio
I pazienti con Disturbo Depressivo Persistente sono caratterizzati da un vissuto depressivo di inutilità, la loro visione della vita ha una coloritura pessimistica, “grigia”. Non hanno entusiasmo per nulla, accettano passivamente le decisioni di familiari, amici, colleghi. La concezione di loro stessi è contraddistinta da autosvalutazione e bassa autostima. I sentimenti di inadeguatezza e di incapacità personale si riflettono fondamentalmente sul piano delle prestazioni. Tutto appare più difficile, gli impegni di lavoro sono vissuti come difficoltà insormontabili, manca il desiderio di fare anche le cose piacevoli. Stanchezza, tensione muscolare, mancanza di energia si accompagnano a nervosismo, facile irritabilità, difficoltà di concentrazione e di memoria.
La mancanza di decisione, progettualità, motivazione, finiscono con il condizionare un atteggiamento di dipendenza verso gli altri.
Questi aspetti portano ad un disadattamento alla vita, che comporta ripercussioni negative sul piano scolastico e lavorativo, nonché nelle relazioni interpersonali e familiari, derivanti da atteggiamenti di tipo passivo e dipendente. Queste difficoltà concorrono a rafforzare i sentimenti depressivi e la concezione pessimistica di sé e dell’ambiente circostante, perpetuando le condotte disadattive e creando così un pericoloso circolo vizioso.
Le conseguenze del disturbo
II pazienti con Disturbo Depressivo Persistente sviluppano frequentemente disturbi d’ansia (più frequentemente il Disturbo da Attacchi di Panico, la Fobia Sociale ed il Disturbo d’Ansia Generalizzata) o un Disturbo Depressivo Maggiore, configurando in questi casi quadri clinici complessi sia in termini sintomatologici che di intervento farmacologico. Inoltre, l’evoluzione tendenzialmente lunga nel tempo del disturbo, può portare la persona a tentativi di “autocura”, attraverso l’assunzione eccessiva di alcool o farmaci ansiolitici. Il ricorso a tali sostanze induce un sollievo iniziale a fronte dell’umore depresso e gli eventuali sintomi d’ansia associati, ma determina altrettanto rapidamente una condotta di abuso che va a compromettere ulteriormente il livello funzionale del paziente, determinando l’insorgenza di problematiche di abuso e/o dipendenza.
Un’altra importante complicanza del disturbo è legata alla comparsa di comportamenti autolesivi e a condotte suicidarie, conseguenti ai sentimenti di disperazione indotti dalla cronicità della sintomatologia depressiva.
Il trattamento
L’approccio terapeutico al Disturbo Depressivo Persistente prevede la combinazione della terapia farmacologica con l’intervento psicoterapico.
A prescindere dall'approccio utilizzato, la psicoterapia dovrebbe focalizzarsi sui seguenti obiettivi. Innanzitutto, è basilare fornire al paziente informazioni sulle caratteristiche del disturbo, per cercare di limitare la spirale negativa in cui spesso la persona cade, e aumentare la consapevolezza rispetto alla malattia. Successivamente, il trattamento dovrebbe avere come punti centrali di intervento l’organizzazione della personalità del soggetto, le sue caratteristiche relazionali ed il suo stile di vita.
Fonti
American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, DSM-5.ù+ù
Competenze psichiatriche nella formazione medica (1998), a cura di E. Smeraldi. Editeam s.a.s., Bologna.
psicologo, psicoterapeuta, sessuologo - Bergamo
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