Perché non riesco a rimanere incinta?
L’attesa di un figlio che non arriva.
Non si parla mai o molto raramente della dolorosa attesa di un figlio che tarda ad arrivare. Oggi non sembra più di moda desiderare un bambino e soffrire perchè questo desiderio non si avvera. Eppure nell’immaginario di molte coppie e quindi di molte donne c’è un figlio, ci sono dei figli, c’è il sogno di generare delle vite. Spesso il primo figlio è atteso con entusiasmo, anche se a volte la sua nascita è procrastinata con l’intento di fortificare la coppia e preparargli un ambiente ad hoc.
La donna spera di mese in mese di verificare “la sua capacità di procreare o quella del marito”, i parenti chiedono, sollecitano, fanno confronti con altre coppie e all’angoscia personale si aggiunge il timore del giudizio degli altri e la difficoltà a rispondere alle loro “premurose” sollecitazioni.
Comincia a temere un problema di non-fertilità che la mette a disagio e man mano si sente esclusa dalle conversazioni delle amiche, delle colleghe, dei parenti quando tutti, proprio tutti, non sembrano avere altri argomenti che la gravidanza, i parti, i sonni persi, le poppate fino ad essere tacciata di egoismo e additata come una persona privilegiata che senz’altro non può essere che serena… perchè mai dovrebbe lamentarsi?
La donna vive una sofferenza indicibile e carica di una “sfaccettata angoscia” che tocca le più diverse sfere: quella personale (desidero e non ottengo), quella del femminile (è colpa della mia incapacità ad essere “femmina”), quella del progetto materno (non riuscirò a realizzarmi come “madre” ad essere come mia “madre”), quello della lotta con il ruolo sociale (forse non dovevo lavorare, non dovevo realizzarmi), dell’incapacità a soddisfare il partner (per colpa mia non sarà padre), quello di vittima (non può essere che per colpa mia), oltre al timore di essere abbandonata, non più amata, di non poter amare, donare… Iniziano le indagini mediche aumentano i disagi anche fisici.
L’infertilità sia fisica che psicologica, definitiva o provvisoria è un dramma umano sottovalutato e può essere vissuto come un’ingiustizia da combattere in ogni modo, da superare, che può deformare ed infine da accettare obbligatoriamente. La rivolta e la disperazione si abbattono sulla coppia. La difficoltà a concepire un figlio può generare un sentimento di ingiustizia e di inferiorità che apre una ferita profonda nell’immagine che ognuno dei coniugi ha di se stesso, dell’amore di coppia e del suo viversi come maschio o come femmina.
L’uomo si sente ferito nella sua virilità in particolare se l’infertilità di coppia dipende da lui perchè purtroppo ancora oggi c’è confusione tra infertilità maschile e impotenza.
Ne consegue la vergogna di “non essere veramente un uomo” e di “non saperci fare con la sua donna”. Di solito l’uomo, sia che l’infertilità dipenda da lui, sia che dipenda dalla sua compagna, si chiude in se stesso, non ne vuol parlare, si rifugia nel lavoro lasciando la donna ancor più sola di fronte alle sue angosce ed alle sue paure.
Così alla sofferenza di non riuscire a dare la vita, ad avere una continuità, si aggiungono tristezza, isolamento, solitudine e incomprensione anche all’interno della coppia. L’invidia e la gelosia nei confronti delle altre coppie sono il naturale corollario della sensazione di colpevolezza (è senz’altro colpa mia), dei continui confronti, del ritornello “perchè loro sì e noi no?”. Sono sentimenti naturali e che rischiano di incitarsi se non c’è la possibilità di esprimerli in un luogo atto a trovare vera e profonda comprensione, dove essere aiutati, possibilmente in coppia, ad “elaborare il lutto” dell’assenza del figlio, ma prima di tutto a trovare accoglienza per le proprie ferite.
La colpevolezza deriva dall’immagine che ognuno ha di sé e che risulta frantumata dall’infertilità e se vi è una spiegazione medica il peso della stessa rischia di posarsi soprattutto sulle spalle di colei o colui che è additato come “colpevole” dalla medicina.
La donna, per la sua psiche, rischia di porsi continuamente domande senza risposta: “che cosa ho fatto di male?, forse è perchè ho preso la pillola, forse è perchè ho ritardato a cercare un figlio, forse c’è un blocco psicologico, ma perchè?, forse perchè in passato ho abortito…forse perchè ho fatto sport… forse perchè ho studiato troppo… Questo sentimento di colpa aggrava l’ansietà e rende ancor più infelici minando l’equilibrio personale e quello di coppia.
La sofferenza è vissuta in modo diverso dall’uomo e dalla donna perchè diversa è la loro storia ed il loro carattere. Se all’interno della coppia non c’è comunicazione sull’argomento è possibile che si aggiungano altri sentimenti a rischio come per esempio il rancore nei confronti del coniuge che non vuole parlarne, si insinuino le difficoltà di comunicazione, i rimproveri o le liti per un nonnulla, ma che sono figlie della difficoltà di confrontarsi sull’argomento che sta veramente a cuore. Lo stesso rapporto sessuale può risentirne.
La donna ha più bisogno di parlare, di raccontare i suoi sentimenti, d’essere ascoltata, compresa, rassicurata, coccolata. L’uomo tende a non affrontare i sentimenti, ma anche lui ha bisogno di sentirsi amato dalla sua partner. Non è facile per la compagna che prima di tutto desidera essere accolta ed è anche per questo motivo che il rapporto sessuale ne risente e l’uomo lo vive come un rifiuto totale di sé. La donna che si sente rifiutata nei sentimenti si “colpevolizza” ancora di più e tende a punirsi e a negarsi qualsiasi piacere fino a mettere in atto il ritiro dalla vita di relazione esterna alla coppia. Come se non avesse più diritto a nulla; “non avendo la capacità di generare” dimentica che la vita è ricca di sfaccettature e che è necessario vivere il presente che è anche serenità coniugale, rapporti con gli altri. Il proprio destino e quello della coppia non può essere fondato “soltanto” sul “potere” di generare un figlio.
E’ importante scoprire la “coniugalità” e la coniugalità della coppia in rapporto al proprio ambiente sociale. Coniugalità significa amore di coppia fisico ed emotivo, rispetto, sostegno, progetti in comune e accettazione di quelli individuali: è un diamante dalle varie sfaccettature che dovrebbe esistere a prescindere dalla nascita di un figlio e che può arricchirsi con la nascita dello stesso.
Spesso per scoprire la “coniugalità” ottimo supporto per la “genitorialità è utile che l’individuo donna o uomo faccia i conti con la sua ferita “d’infertilità”, ferita che non è da sottovalutare e può essere talmente profonda da minare le risorse di ciascuno. La coppia ha necessità di un luogo atto allo scopo dove parlare dei propri sogni infranti e di come recuperare e indirizzare le risorse per vivere una vita non dimezzata, ma piena comunque dell’entusiasmo che ognuno può ritrovare in se stesso e nella coppia verso altri progetti comuni.
commenta questa pubblicazione
Sii il primo a commentare questo articolo...
Clicca qui per inserire un commento