Il mio problema è più che altro una paura di non farcela
Salve, Sono una ragazza di 24anni e sto per conseguire una laurea magistrale in Comunicazione. Il mio problema che definisco ansia è più che altro una paura di non farcela, di fallire, una sensazione di inettitudine nei confronti di ciò che mi aspetterá dopo la laurea unita al senso di colpa per non aver mai avuto la forza e il coraggio di interrompere gli studi al momento giusto per non deludere i miei genitori. Mi spiego meglio: a 19 anni mi sono iscritta alla triennale in lettere con il sogno che avevo da sempre di diventare un'insegnante. Ben presto la mia convinzione inizió a vacillare ma durante il primo anno lo studio serví da valvola di sfogo per superare un lutto. Durante il secondo anno, arrivata all'esasperazione, provai a dire ai miei genitori che avrei desiderato interrompere degli studi che non mi avrebbero portato da nessuna parte ben consapevole che questo significava da parte loro aver buttato via due anni di soldi e sacrifici. Reagirono rassicurandomi e incitandomi ad ad andare avanti (probabilmente pensavano che le mie fossero solo difficoltà nello studio) e io volli trarre forza da queste rassicurazioni per perseguire ancora il mio sogno. Dato che più tempo passava più sarebbero stati i soldi buttati via, non provai più a parlare di interrompere gli studi e mi “rassegnai“ al mio destino. Ora sono ormai alla fine del mio percorso di studi (che ho deviato alla magistrale rinunciando per sempre alla possibilità di diventare insegnante, un sogno in cui evidentemente non credevo abbastanza) e mi trovo pressata dal loro atteggiamento per cui studiare è solo una scusa per non lavorare. Durante questi anni di università infatti, non ho mai trovato un lavoro (e l'ho cercato poco in effetti)non perché non avessi voglia ma per la paura che nessuno mi avrebbe mai preso in considerazione come in effetti è sempre accaduto ogni volta che ci ho provato. Non ho mai messo nemmeno un annuncio in cui offro ripetizioni per la paura di non ricevere nessuna chiamata. So che dovrei agire per sbloccarmi dalla situazione ma l'ansia mi blocca e mi vengono in mente tutte le volte che ho iniziato qualcosa (ad esempio, la costruzione di un sito internet o a fare volontariato) e che non ho portato a compimento, ho fallito. Inoltre i miei genitori si oppongono alla mia idea di andare dopo la laurea a convivere con il mio ragazzo (di 10 anni più grande), il quale mi riempie di fiducia, di speranza e di positività, perché non mi ritengono “in grado“ e vorrebbero che trovassi prima un lavoro vicino a casa. Io sento che dovrei liberarmi dal loro gioco ma ho paura di innescare conflitti.
Salve Alessandra, le difficoltà di cui lei parla sono quelle che si affrontano crescendo, nel momento in cui è giunto il momento di scegliere tra quello che sento mi appartiene e fa per me, la mia strada, e tutte le voci esterne, che mi consigliano "per il mio bene", o mi indirizzano verso ciò che è più opportuno.
Nel momento in cui ciò che sento e ciò che mi dicono gli altri non coincidono, nasce la paura di deludere chi è importante per me, ed è più facile adeguarsi per il quieto vivere, che affrontare i conflitti e prendersi i propri spazi, sentendo di avere il diritto di essere felice e a vivere alla propria maniera,
Imparare ad affrontare i conflitti è determinante: definisce i nostri confini, ci fa sentire più forti, ci rende autonomi, liberi. Il quieto vivere è una palude stagnante che genera un circolo vizioso di ansia, insicurezza, paralisi e dipendenza. Non è semplice, ma è una tappa evolutiva che tutti quanti affrontiamo! Perciò coraggio e in bocca al lupo!
psicologa, psicoterapeuta - Brescia