Psicosomatica; come spiegarla

PSICOSOMATICA, OGGI. 

La malattia è reazione generalizzata con intenzione di guarigione” G.Canguilhem

Parlare di disturbi psicosomatici significa, secondo alcune stime, occuparci di circa il 60% degli inviii e delle richieste di aiuto che giungono alla Medicina di base, quindi al medico di famiglia. Emicrania, Colite, Stipsi, Acne, Ulcere, Eczemi e Psoriasi, Aritmie di varia gravità e natura, Disturbi Osteoarticolari acuti o cronici; insomma la gran parte delle motivazioni che ci spingono a chiedere al medico di "darci qualcosa", di prescrivere il farmaco in grado di mettere il bavaglio al disagio ormai a noi noto e restituirci la salute perduta. Se nell'urgenza di ogni crisi tutto ciò ha certamente un senso, quando il disturbo tende a cronicizzarsi o a presentarsi con regolarità senza peraltro ancora generare una lesione visibile agli esami più o meno approfonditi effettuati (la cosiddetta patologia "sine materia", "idiopatica", "essenziale" tanto temuta dal Medico) allora è sensato ricordare l'adagio di Georg Groddeck, primissimo allievo di Freud, il quale ricordava ai suoi pazienti  che quando un osso si rompe bisogna ingessarlo e consegnarlo alle forze risanatrici della natura, ma quando il callo stenta a formarsi bisogna chiedersi cosa si oppone al processo
spontaneo di guarigione.

“In ultima analisi, noi contiamo qualcosa solo in virtù dell’essenza che incarniamo e se non la realizziamo, la vita è sprecata”

Carl Gustav Jung

Perché qualcosa dovrebbe impedirci di ritornare alla Salute "perduta"? Quali significati si celano in una piaga che non si rimargina, in un dolore che ricorre con ostinazione in certe circostanze, come riconoscerlo, come contattarlo e farne un alleato di una "nuova" salute? Di fronte ad un disagio per il quale una persona può rivolgersi ad un Psicologo, od al sintomo per il quale si rivolge proprio Medico (dalla cefalea alla gastrite, dalla banale influenza ad una lombalgia), talvolta banale, talaltra più specifico ed importante, la ricerca e l’esperienza clinica rilevano sempre più spesso quanto centrali e significative siano alcune “immagini” che il linguaggio (verbale o non verbale) fa emergere. La letteratura è sempre stata il luogo privilegiato e quasi esclusivo di pertinenza di questi “fenomeni” dell’esistenza individuale e collettiva; basterà pensare ad un romanzo o ad una poesia per rendersi conto di quanto questa affermazione sia vera. Ma oggi la Psicologia ne sta scoprendo anche la grande rilevanza “energetica”, per così dire, la centralità nell’orientare non solo le risposte, i comportamenti, l’emotività degli individui, ma anche la loro capacità di trovare nel corpo, nelle reazioni fisiologiche anche più profonde una presenza prima insospettata e insospettabile. Se così non fosse non si capirebbero fenomeni come la vergogna, l’imbarazzo ed altri ancora in cui la parola riesce a suscitare una risposta dell’organismo reale, misurabile, “oggettiva”. Perché mai, se così non fosse, una battuta infelice o una “gaffe” dovrebbero far arrossare la mia pelle? Per non dire della paura che fa “rizzare i capelli” (cosa che accade realmente…) o “accapponare la pelle”.  

E, d’altra parte, ormai la Psicologia e la Medicina sono sempre più d’accordo nel ritenere profondamente legati l’un l’altro due processi così apparentemente “lontani” come il mondo delle emozioni ed il sistema immunitario, tanto implicato in gran parte delle nostre patologie da “stress”. Ma dove abitano queste immagini, dove possiamo ritrovarle, farne esperienza ed eventualmente poterle modificare? Il grande uso che oggi si fa di metodiche di Rilassamento dovrebbe aiutarci proprio in questa ricerca. Se da un lato è importante ritrovare modelli corretti di respirazione e di allentamento delle tensioni muscolari, mi sembra altrettanto vitale, ad occhi chiusi, ricontattare il mondo delle immagini che in questa condizione tornano a presentarsi. Un mondo che oggi appare via via esiliato da un “giorno” che si estende sempre di più, fino ad occupare anche quelle ore un tempo dedicate all’apparizione di fate,
mostri, paesaggi sconosciuti e meravigliosi, soprattutto nel sogno. Quell’oscurità popolata di immagini fantastiche che le favole hanno a lungo testimoniato hanno oggi un peso sempre maggiore nella possibilità di ritrovare un corretto equilibrio tra mente e corpo. Questo mondo fiabico ci parla ogni giorno quando ci sentiamo “come leoni”, oppure quando sentiamo di essere arrivati al “settimo cielo”.Già C.G.Jung, forse il più importante sviluppatore del pensiero di S.Freud, aveva riportato alla luce l’importanza dei simboli che ciascun essere umano ospita in sé, delle immagini sulla cui base vive le proprie emozioni e si racconta. Nei decenni a seguire è stato un fiorire di ricerche che ne hanno corroborato le intuizioni, fino all’evidenza empirica di come alcune situazioni di disagio psicofisico (talvolta anche pesanti) abbiano in alcune di queste immagini il loro nucleo, il loro nocciolo problematico. Così oggi conosciamo la “psicologia del prigioniero” di molte condizioni allergiche/fobiche, o quella delle condizioni asmatiche, così condizionate da immagini di “abbandono e separazione” negate o rifiutate, mai elaborate.

“Come in alto, così in basso” 

“Ogni memoria deve essere reimmaginata; nella memoria noi conserviamo microfilms che non possono essere letti se non ricevono la luce viva dell’immaginazione”

Gaston Bachelard

Chiudendo gli occhi, orientando la mente verso una condizione di quiete e tranquillità è possibile riprendere contatto con queste immagini che ci abitano, spesso inconsapevolmente e contro le quali portiamo avanti estenuanti lotte; da una parte le nostre immagini profonde, dall’altra quelle generate da come gli altri ci vorrebbero o ci vedono. Immagini che sgorgano più facilmente se cominciamo a concentrarci sul ritmo del respiro. Come ricorda James Hillman, uno dei più autorevoli prosecutori del lavoro di Jung, è in questi giochi di immagini contrapposte che si svolge la lotta tra “ciò che è” e “ciò che vorremmo che fosse”; quelli che chiama i nostri “epiteti” ( Il Negoziante, L’Amante, L’Artificiere ecc.) sono spesso una parte di noi che porta con sé abilità, capacità, talenti, risorse  ed  energie  che  ignoriamo  e che ostacoliamo semplicemente per aderire a ciò che altri da noi vorrebbero. Il Rilassamento permette sopattutto questo; incontrare quello “scavezzacollo” , quel “bastian contrario” oppure quel “leone” che ci abitano da sempre e che possono raccontarci cos’è che veramente conta per il nostro benessere. Ad un saggio cinese, una volta, un uomo infelice chiese cosa potesse fare per risolvere la propria condizione. Il saggio rispose “Non è infelicità, è solo che stai guardando dalla parte sbagliata!”

Dott.Mario Bianchini

Psicologo, Psicoterapeuta

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