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LUTTO E CORDOGLIO
Il lutto e il cordoglio sono due esperienze che inevitabilmente ci troviamo e ci troveremo a vivere nella nostra vita; preservare la nostra esistenza da queste renderebbe la nostra struttura più debole e immersa in un mondo non reale.
Il lutto e il cordoglio però non sono la stessa cosa, anche se spesso vengono scambiate. Il lutto è una perdita, sia di una persona, di un animale, di un oggetto importante, di una relazione; il cordoglio è l’espressione del dolore per la perdita, e si manifesta in diversi modi in un continum che va da normalità a patologia. Non sempre dopo un lutto la persona riesce a provare un cordoglio, e non sempre lo vive in maniera autentica, ma a causa di difese o di una struttura compromessa, il dolore può essere inibito o reso pericoloso per sé o per gli altri più che un’elaborazione della perdita.
Nell’articolo cercherò di descrivere le fasi del lutto cosiddetto normale o fisiologico, riducendo ai minimi termini i concetti importanti per poter rendere la lettura più chiara e meno tecnica possibile. E’ cosa risaputa che il lutto è uno degli argomenti umani più complessi da descrivere.
TRAUMA E LUTTO
E’ importante evidenziare che nel lutto, soprattutto nelle fasi acute, si possono vivere molti sintomi clinicamente rilevanti, ma la loro continuità nel tempo dipende da molti fattori quali: struttura di personalità, modalità della morte, caratteristiche del caro perso, e qualità dell’attaccamento del sopravvissuto.
Quando i sintomi da acuti diventano cronici e pervadono gran parte della vita della persona e per un tempo più lungo rispetto alla norma, si può iniziare a definire il vissuto come un lutto patologico o complesso.
In questo articolo tratterò le caratteristiche del lutto “normale” o “sano” o “fisiologico”. Le fasi descritte successivamente sono riprese dal libro di Onofri e La Rosa (“Il Lutto: Psicoterapia Cognitivo Evoluzionistica e EMDR). Nel trattato si possono leggere diverse teorie rispetto all’elaborazione del lutto, oltre alle diverse prospettive terapeutiche, quali la ristrutturazione del pensiero e la terapia con l’EMDR (si legga l’articolo “EMDR come funziona? Ce lo dicono le neuroscienze” http://www.guidapsicologi.it/articoli/emdr-come-funziona-ce-lo-dicono-le-neuroscienze)
“Nel lutto fisiologico sono evidenti processi dissociativi” (Il Lutto: Psicoterapia Cognitivo Evoluzionistica e EMDR) ovvero alterazioni della memoria che alterano il ricordo sia dal punto di vista cognitivo che emotivo. E’ un sistema di difesa che la nostra mente attua nel proteggerci da eventi troppo pesanti da elaborare o rendere consapevoli. “ La necessità di portare avanti la vita quotidiana li porta ad evitare automaticamente il ricordo del lutto mantenendo per quanto possibile una facciata di normalità. Si sviluppano così delle parti <> una parte << Apparentemente Normale>> che porta avanti la vita quotidiana e una parte <>” (Il Lutto: Psicoterapia Cognitivo Evoluzionistica e EMDR) che si basa su sistemi di difesa antichi, che attivano i sistemi di attacco e fuga, ipervigilanza e congelamento.
Attacco e fuga sono le attivazioni tipiche dell’ansia e dell’attacco di panico; l’Ipervigilanza è un continuo stato di allarmismo che attiva la persona in maniera non volontaria (difficoltà nel dormire); e Freezing, blocco del corpo e distacco dall’esperienza reale (tipico delle violenze e degli abusi).
Queste fasi normalmente dovrebbero evolvere spontaneamente con un’integrazione ed elaborazione.
PRIMA FASE DEL LUTTO: LA DISSOCIAZIONE
Nei primi momenti in cui la persona viene a conoscenza della perdita del proprio caro inizia la cosiddetta dissociazione: immobilità, distacco dalla realtà, un senso di alienazione dalle proprie emozioni. Le azioni sono automatiche e distaccate, le energie vengono spese prevalentemente per le mansioni più organizzative e sociali, senza rendersi conto emotivamente di ciò che è accaduto. La persona, conclusi i giorni di pausa dal lavoro o dalla scuola o dalle proprie attività, riprende in maniera automatica la propria quotidianità, o vita apparente, come se niente fosse accaduto. Questa dissociazione nella fase acuta è un meccanismo di difesa soprattutto quando la notizia della morte è troppo forte da considerare, e le emozioni potrebbero essere troppo accese e disturbanti per la persona.
Esiste però anche la parte emotiva che dovrà prima o poi fare i conti con la perdita da elaborare. In questa sfera vi sono gli elementi più disturbanti ma autentici, da dover prendere in considerazione per l’elaborazione. Inizia quindi la fase del cordoglio, un dolore relazionato alla perdita della persona amata che spesso coincide con un senso di smarrimento.
Nelle prime settimane dal lutto la persona oscillerà tra la fase della vita apparentemente normale e la parte emotiva. L’informazione arriva cognitivamente ma la persona non ha ancora acquisito gli schemi emotivi di riferimento per prenderne emotivamente consapevolezza.
Iniziano quindi i pensieri di incredulità, si pensa ad un errore di informazione, all’incertezza che la morte sia realmente avvenuta e si inizia la ricerca della prove. In questa fase è importante poter dare la possibilità al sopravvissuto di vedere il corpo del defunto e, se lo vuole, anche di toccarlo. Molti parenti che non hanno potuto toccare il corpo del loro caro lo ricordano con rabbia e tristezza, come un torto subìto nel non aver potuto prendere consapevolezza di quanto stava accadendo.
Dopo la morte del nostro cane, mio papà il giorno dopo mi chiese se ero riuscita a vedere il suo corpo dentro il sacco, se l’avevo toccato e se ero sicura che fosse stato lui. Questo è un esempio di quanto sia importante per chi perde un proprio caro (anche un animale) la possibilità di vivere l’esperienza del corpo senza vita, di avere la certezza che sia morto e che fosse lui. E’ un pensiero irrazionale ma molto importante. Fondamentale quindi anche dare la possibilità di vedere e toccare il defunto nella bara, anche per i bambini, avendo le accortezze e le delicatezze dell’età.
Ci sono casi in cui la morte avviene in modo così traumatico e inaspettato (omicidio, suicidio, incidente stradale) che le reazioni del corpo sono molto antiche (istintive) come il freezing, o congelamento del ricordo traumatico. Il ricordo potrebbero rimanere fisso nel presente, come se venisse ogni volta rivissuto dalla persona non sotto la sua volontà, ma in modalità involontarie e automatiche a causa di un’attivazione sottocorticale (la parte più interna e antica del cervello dove avvengono le funzioni più istintive e involontarie come il ritmo sonno-veglia) che non viene inibita dalla neocorteccia (la parte più evoluta e razionale del nostro cervello). Così il corpo diviene il regno del ricordo traumatico ed iniziano quelle attivazioni sottocorticali tipiche dei traumatizzati (iperattivazione e difficoltà del sonno, attacchi di panico, rivivere l’evento o il momento in cui è stata recepita l’informazione della perdita).
SECONDA FASE: ATTIVAZIONE DEL SISTEMA DI ATTACCAMENTO
A distanza di giorni, alle volte di ore, inizia ad esserci una consapevolezza più emotiva della perdita, inizia a vacillare la difesa della dissociazione, lasciando spazio al cordoglio. Fitte di dolore, pianti, continua ricerca dei luoghi della persona e della persona stessa.
I pensieri sono monotematici e riguardanti il proprio caro, nonostante questo aumenti il dolore e la disperazione. Viene vissuta la rabbia verso se stessi o verso altri, cercando inutilmente una causa per la perdita, come se questo fosse un modo per capire se si poteva o meno evitare.
Le azioni sono finalizzate alla ricerca della persona persa, si ripercorrono i luoghi, le stanze, si guardano gli oggetti, come se inconsapevolmente questo potesse farla ritrovare.
Si ha la sensazione di sentire la sua voce, o di vederlo nella parti della casa dove era spesso presente. Vi sono tentativi di richiamo nominandola, e nelle situazioni più estreme la volontà di ricongiungersi a questo o questa.
TERZA FASE: ATTIVAZIONE DEL SISTEMA DI ACCUDIMENTO
Questa è la fase della separazione e della disperazione.
I sintomi sono molto simili a quelli depressivi, o meglio della sana depressione.
La persona inizia a rassegnarsi alla perdita e all’impossibilità di vedere il proprio caro perso, inizia ad entrare nella realtà della sua vita, che inevitabilmente ha subìto un grande cambiamento e le sue successive azioni e pensieri saranno finalizzati al distacco più che alla ricerca.
Inizia ad essere presente anche la paura dell’elaborazione, confusa con la dimenticanza del caro perduto. Alcuni pazienti in terapia mi riferiscono la loro difficoltà nel lavorare sull’elaborazione della perdita per paura di dimenticarsi del volto o dei ricordi del defunto, vivendo la ripresa della vita o di una nuova vita come un tradimento.
E’ in questa fase che entrano in gioco le potenzialità dell’attaccamento maturato nella relazione bambino e figura di accudimento nella propria infanzia.
La Teoria dell’Attaccamento (Bowlby) si riferisce a quell’istinto psico-fisico che il bambino ha fin dai primi giorni di vita nel relazionarsi con la figura di riferimento più importante, spesso la madre (Figura di Attaccamento FDA). Questo attaccamento ha inizialmente una valenza di sopravvivenza fisica (cibo, sonno, preservare dai pericoli), con la crescita diventa anche emotiva, sociale e psicologica (interazioni emotive, contatto fisico di affetto, protezione emotiva).
Ci sono diversi stili di attaccamento che si sviluppano in un continuum che va da sicuro a insicuro (attaccamento sicuro, insicuro-evitante, insicuro-resistente e disorganizzato). Lo stile di attaccamento sarà predominante nella vita del bambino che nella sua vita adulta; e, come si vedrà, anche nell’elaborazione del Lutto.
Se l’adulto ha avuto un Attaccamento Sicuro ( da bambino ha potuto sentirsi libero di esprimere i propri desideri ed emozioni, e sente che la sua figura di accudimento è stata pronta ad accoglierlo e proteggerlo) le fasi del lutto si evolveranno rapidamente e sempre in relazione alla figura della persona persa (se amico o fratello o figlio o coniuge). Le emozioni saranno inizialmente intense e andranno a calmarsi con il tempo; i sopravvissuti avranno la capacità di parlare del lutto e chiedere un sostegno se percepiscono delle difficoltà; riusciranno a riorganizzare la loro vita fin dai primi momenti.
Se l’Attaccamento è stato Insicuro-Evitante (da bambino ha imparato ad evitare di chiedere l’attenzione dovuta per non rivivere il rifiuto che spesso nella sua esperienza ha incontrato con la figura di accudimento; conseguentemente eviterà di chiedere conforto e protezione) allora le fasi del lutto sembreranno brevi e sembrerà che la persona si stia adattando alla situazione ma il distacco emotivo e la difficoltà nell’elaborazione della perdita ripiegheranno le emozioni sulla persona stessa, soprattutto la rabbia, la colpa e le rimuginazioni.
Nell’Attaccamento Insicuro-Resistente (da bambino non riesce a trovare rassicurazione né in presenza e né in assenza della figura di accudimento, non imparando a tollerare ed equilibrare le emozioni in base alla situazione) le fasi del lutto saranno più lunghe e oscilleranno tra la rabbia e la tristezza, vi sarà la paura dei cambiamenti e della propria autonomia rispetto al defunto. Non troveranno rassicurazioni e aiuti, vi sarà invece una forte morbosità nel rivivere l’evento della perdita, l’amato perso e nel descrivere e raccontare quanto è accaduto. La persona persa viene vissuta e raccontata non come deceduta.
Infine nell’Attaccamento Disorganizzato (bambino mostra con la figura di accudimento dei comportamenti contraddittori sia durante la separazione che il ricongiungimento, per esempio si avvicina alla mamma ma guarda dalla parte opposta o tiene le distanza con il braccio) la prima fase del lutto si allunga in maniera anormale, protraendo la difesa dissociativa. La persona persa viene sia idealizzata che denigrata, saranno presenti amnesie o ricordi distorti e comportamenti incongrui
Ovviamente non i lutti sono uguali ma sono influenzati da diversi fattori.
Per esempio importante è la modalità o le cause della morte. Le morti improvvise, come omicidi, suicidi o incidenti, hanno un impatto più forte perché rendono i sopravvissuti più insicuri ed ipervigili rispetto al mondo esterno, con la sensazione di essere sempre in pericolo. Possono quindi emergere i lutti complicati.
Le morti dopo una lunga malattia invece hanno la possibilità di esser elaborate prima del decesso, si ha la possibilità di vivere gli ultimi momenti con la persona amata, di concludere ciò che è rimasto inconcluso, di avere la sensazione di aver fatto tutto quello che si poteva fare per l’amato. Il senso di colpa e responsabilità sono meno presenti, così come la rabbia.
Anche l’età del defunto è un elemento importante. Se giovane l’elaborazione sarà molto più difficile perché contro natura, e perché fa crescere la sensazione dell’ impossibilità di proteggere e proteggersi. Se il defunto è un figlio la sensazione è amplificata perché vivranno il mondo come pericoloso, imprevedibile e ingiusto. La colpa è predominante.
Invece se è un coniuge o un genitore può essere presente la rabbia per l’abbandono e la paura di non farcela da solo.
CONCLUSIONI
Il lutto, soprattutto per una persona molto vicina, inevitabilmente comporta un forte cambiamento sia emotivo, che cognitivo, che quotidiano. Il problema non sono le emozioni che si vivono, ma il modo con il quale queste impattano nel tempo e nella vita. Soprattutto è rilevante quando la persona evita di provare il Cordoglio, illudendosi che questo possa preservare la sua vita e quella di chi sta intorno.
Dopo una forte perdita vivere sentimenti ed emozioni paragonabili alla depressione è naturale, esiste infatti la Sana Depressione che permette l’elaborazione del lutto.
In questo articolo ho trattato, in modo molto semplificato, solo le fasi del lutto “Normale” per rendere la lettura meno lunga e pesante, nel prossimo mi concentrerò in quello “Patologico”.
BIBLIOGRAFIA
Bowlby J. Attaccamento e perdita.
Liotti G., Monticelli F.I Sistemi Motivazionali Nel Dialogo Clinico.
Liotti, G., Farina B. Sviluppi Traumatici
Onofri A., La Rosa C. Il Lutto: Psicoterapia Cognitivo Evoluzionistica e EMDR
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