Da dove nasce la scarsa stima di sé?

Quando il lavoro non ci rappresenta

Immagina di aver studiato per anni, ottenendo un titolo di studio che pensavi ti avrebbe aperto le porte giuste. Poi, invece, ti ritrovi a fare un lavoro sottopagato, precario, o che non ha nulla a che fare con ciò che hai studiato. Ogni giorno, mentre timbri il cartellino o scrivi un’altra candidatura che resterà senza risposta, senti un peso invisibile crescere dentro di te. Questa situazione non riguarda solo il portafoglio, ma anche l’autostima e il benessere psicologico.

Lavorare in una posizione che non valorizza le proprie competenze può minare la fiducia in se stessi. Si comincia a pensare: "Forse non valgo abbastanza", "Se fossi davvero capace, sarei già da un’altra parte". E così, passo dopo passo, la nostra immagine interiore si sgretola, portandoci a dubitare di ciò che possiamo davvero realizzare.

L’impatto psicologico del lavoro precario

Chi si trova in questa condizione spesso vive un senso di frustrazione costante. E non è solo una questione di stipendio o di stabilità contrattuale. È anche il sentirsi invisibili, poco apprezzati, sostituibili in qualsiasi momento. Questa precarietà non colpisce solo il lato professionale, ma invade anche la vita personale.

  • Ansia e stress: L’incertezza sul futuro può generare un’ansia cronica, che si traduce in insonnia, stanchezza e difficoltà di concentrazione.

  • Vergogna e senso di fallimento: Confrontarsi con amici o familiari che hanno raggiunto una stabilità lavorativa può far sentire inferiori.

  • Isolamento sociale: Per evitare domande imbarazzanti, si tende a chiudersi in se stessi, riducendo le interazioni sociali.

  • Bassa motivazione: Quando si ha la sensazione che ogni sforzo sia inutile, si smette di provarci davvero.

Storie di vita quotidiana

Luca, 32 anni, ha una laurea in legge, ma lavora da casa per uno studio associato. Ogni volta che un cliente gli parla con sufficienza, si sente sempre più piccolo. Ha smesso di mandare curriculum perché si convince che tanto nessuno lo chiamerà.

Giulia, 28 anni, ha un master in comunicazione, ma fa la commessa. I suoi genitori continuano a ripeterle che avrebbe dovuto scegliere un’altra strada. Quando le chiedono "ma il tuo vero lavoro qual è?", si sente morire dentro.

Marco, 40 anni, ha cambiato più di dieci lavori negli ultimi cinque anni. Non può progettare il futuro, non può chiedere un mutuo, non può nemmeno pensare di mettere su famiglia senza un minimo di stabilità. Questo lo fa sentire impotente, senza controllo sulla propria vita.

Il lavoro freelance: libertà o precarietà mascherata?

Una situazione particolare è quella del lavoro autonomo e freelance. Se da un lato rappresenta una possibilità di crescita personale e professionale, dall’altro può amplificare alcune delle difficoltà legate all’insicurezza lavorativa.

  • Instabilità economica: Non avere un salario fisso può creare ansia e insicurezza.

  • Difficoltà nel trovare clienti: La costante ricerca di nuovi incarichi può essere stressante e logorante.

  • Senso di inadeguatezza: Quando i progetti non arrivano o si è sottopagati, può emergere il dubbio di non essere abbastanza bravi.

  • Mancanza di confini tra lavoro e vita privata: Lavorare da casa o senza orari fissi può portare a un senso di perenne insoddisfazione e fatica mentale.

Anna, 35 anni, è una grafica freelance. Ha scelto questa strada per seguire la sua passione, ma spesso si ritrova a lavorare fino a tardi per rispettare le scadenze, con il terrore di perdere i pochi clienti che ha. A volte si chiede se valga davvero la pena, dato che la sua instabilità economica la costringe a vivere ancora con i suoi genitori.

Davide, 30 anni, ha aperto la partita IVA come consulente digitale. All'inizio si sentiva libero, ma con il tempo si è reso conto che la pressione di dover sempre trovare nuovi lavori e negoziare i compensi lo sta esaurendo. La sua autostima ha iniziato a vacillare perché sente di non avere mai il controllo della sua carriera.

Strategie pratiche per affrontare la bassa autostima

Ritrovare la fiducia in sé stessi quando il lavoro non è quello giusto è una sfida, ma ci sono passi concreti che si possono fare:

  1. Separare il valore personale dal lavoro: Il tuo lavoro non definisce chi sei. Hai qualità, passioni e capacità che vanno oltre la tua posizione lavorativa attuale.

  2. Impostare piccoli obiettivi realizzabili: Migliorare il CV, fare un corso di aggiornamento, provare una nuova strada lavorativa. Ogni passo in avanti è un successo.

  3. Cercare supporto: Parlare con amici, colleghi o gruppi di supporto aiuta a ridimensionare il problema e a sentirsi meno soli.

  4. Allenare la gratitudine: Anche se la situazione non è ideale, provare a concentrarsi sugli aspetti positivi della propria vita aiuta a mantenere una prospettiva più equilibrata.

  5. Fare esperienze diverse: Volontariato, progetti personali o hobby possono far riscoprire capacità dimenticate e alimentare l’autostima.

  6. Gestire il tempo e i confini: Per i freelance, stabilire orari precisi e momenti di pausa aiuta a evitare il burnout.

  7. Diversificare le entrate: Se possibile, sviluppare più fonti di reddito aiuta a ridurre l’insicurezza economica e a sentirsi più sicuri nel proprio percorso.

Quando chiedere aiuto

Se la bassa autostima inizia a influenzare la tua salute mentale in modo serio—depressione, attacchi di panico, pensieri negativi persistenti—è il momento di chiedere aiuto. Uno psicologo può aiutarti a ristrutturare la tua visione di te stesso e a ritrovare la motivazione per reagire.

Avere un lavoro precario o non adeguato alle proprie competenze non è una condanna. Il valore di una persona non si misura con il contratto che ha firmato. La chiave è non lasciare che la situazione attuale definisca chi sei e cosa puoi diventare. È importante agire, cercare alternative e, quando necessario, chiedere aiuto. Il cambiamento parte da dentro, e ogni passo avanti è un segno di crescita

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Dott.Giovanni Botta

Psicologo, Psicoterapeuta - Cuneo

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