Bimba di 3 anni che a scuola si rifiuta di fare delle attività

Gentili Dottori, Sono la mamma di una bimba di 3 anni che a Settembre ha cominciato la scuola dell'infanzia, dopo aver frequentato solo l'ultimo anno di Asilo Nido. La bimba - che va a logopedia due volte a settimana dopo valutazione neuropsichiatrica per ritardo del linguaggio - è splendida, nonostante un caratterino niente male che a volte la porta ad essere un po' chiusa e timorosa. A colloquio le insegnanti ci hanno segnalato un'ottima integrazione fra i pari, gioca con i bimbi e i bimbi cercano lei, si muove finalmente bene negli spazi e con padronanza (prima in fase di ambientamento era molto intimidita e malinconica per il distacco con me), ma una rigidità nei confronti delle insegnanti stesse e quindi nelle figure adulte di riferimento. Hanno percepito una fatica a "fidarsi", che si traduce soprattutto nel rifiuto di partecipare ad alcune attività - come ad esempio Inglese, che viene svolto una volta a settimana in orario scolastico e che prevede attività divertenti come il ballo, al quale però lei non se la sente proprio di partecipare. E' come se in questo rifiuto ci fosse della paura di lanciarsi in nuove situazioni. Addirittura si rifiuta (o si vergogna, da quel che penso io) di alzare la mano quando e dire "presente" quando si fa l'appello in classe. Quest'ultimo punto in particolare ha molto colpito me e il papà, perché in casa non fa altro che riproporre proprio il gioco dell'appello, nel quale lei fa la maestra e noi dobbiamo rispondere. E' come se a casa esorcizzasse quello che a scuola non riesce invece a fare, o comunque si rifiuta di fare. In generale è una bambina serena, però mi dispiace molto saperla in difficoltà e non "sciolta" nel partecipare alle attività o nel fidarsi completamente delle maestre. Con la sua terapista (logopedia) ha un ottimo rapporto, ma anche lei mi segnala spesso che la bimba soffre molto i cambiamenti (un cambio gioco, una nuova routine, approcci diversi ecc). Posto che il papà ed io a breve inizieremo un percorso di Parent Training per avere più strumenti di lettura di nostra figlia, mi chiedevo come voi vedeste la situazione. La nostra bambina è entrata nelle nostre vite quando aveva 30 giorni di vita, grazie all'adozione nazionale. E' con noi quindi fin da neonata, ma quei 30 giorni di distacco e assenza di rapporto 1:1 si sono fatti sentire nella crescita, portandomi a credere che questa sua paura di affidarsi ad altri adulti possa comunque risalire anche a questo. Grazie

Gentile Signora,

 La ringrazio per aver condiviso in modo così dettagliato il percorso e le caratteristiche della vostra bambina. Da quanto descrive, emerge una bambina sensibile e ricettiva, con risorse importanti che le permettono di integrarsi bene con i pari e di esprimere serenità in contesti familiari. Questo è un aspetto molto positivo e denota una buona base di sicurezza nella relazione l

con voi genitori, un punto di partenza fondamentale per il suo sviluppo.
Riguardo le difficoltà che manifesta nel contesto scolastico, ciò che descrive  come il timore nel fidarsi delle figure adulte, il rifiuto di partecipare a nuove attività e la fatica nell’esporsi, può essere legato a diversi fattori. Da un lato, si tratta di comportamenti comuni a molti bambini che, di fronte a nuove situazioni, preferiscono osservare e familiarizzare prima di lanciarsi. Dall’altro, la storia personale di vostra figlia e i primi giorni di vita trascorsi senza una figura di riferimento stabile potrebbero avere contribuito a influenzare il suo rapporto con la novità e con le figure adulte di accudimento.
I bambini adottati, anche quando accolti in famiglia molto presto, possono portare con sé una traccia emotiva di quei momenti iniziali di separazione, che può tradursi in una maggiore sensibilità alle novità e ai cambiamenti. Questo non è un limite, ma una caratteristica che richiede attenzione e accoglienza, come già state facendo in modo ammirevole.
Il comportamento di “esorcizzare” a casa situazioni che a scuola sembrano difficili (come l’appello) è un meccanismo sano. Attraverso il gioco, vostra figlia sta cercando di elaborare e trovare un senso a ciò che la mette in difficoltà, e questo indica che sta lavorando interiormente su questi aspetti. È importante valorizzare questo processo e sostenerlo senza forzarla a “fare di più” di quello che si sente pronta a fare. 

Cordiali saluti

Dott.ssa Oriana Adamo

domande e risposte

Dott.ssaOriana Adamo

Psicologa - Roma

  • Consulenza e sostegno psicologico
  • Consulente in ambito psicologico educativo
  • Psicologia scolastica
  • Orientamento scolastico e professionale
  • Crescita Personale ed Esistenziale
  • Valutazioni psicodiagnostiche
CONTATTAMI