Dott.ssa Pamela Rigotti

Dott.ssa Pamela Rigotti

Psicologo, Psicoterapeuta

Disturbi del comportamento alimentare: i fattori di rischio.

Introduzione 

I disturbi dell’alimentazione rientrano tra i problemi sanitari più frequenti che affliggono la società occidentale e colpiscono prevalentemente adolescenti e giovani di sesso femminile (Lewinsohn et al, 1993).
Le loro cause non sono completamente note, nonostante, sempre più dati indichino il ruolo determinante della predisposizione genetica e di eventi ambientali avversi (Fairburn et al., 2003). Prevenire questi disturbi è essenziale per le complicanze mediche e psicosociali che comportano (Fairburn et Harrison, 2003) e perché si associano a un aumentato rischio di mortalità (Agras, 2001; Herzog, 2000).

Breve definizione dei disturbi alimentari
I disturbi dell’alimentazione sono definiti come persistenti disturbi del comportamento alimentare e/o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta (Fairburn et al. 2003). Queste patologie sono in grado di compromettere la qualità di vita della persona, in quanto chi ne è affetto non riesce ad alimentarsi con sufficiente serenità ed ha una percezione alterata del proprio corpo.
Nella categoria diagnostica dei disturbi del comportamento alimentare (DCA) rientrano l’Anoressia Nervosa, la Bulimia Nervosa e i Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati (DA-NAS). Tra i DA-NAS è incluso anche il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder - BED).

I disturbi dell’alimentazione sono diffusi soprattutto nel sesso femminile ed i clinici rilevano attualmente un’età d’insorgenza sempre più bassa, fino alla preadolescenza e talvolta all’infanzia, ma non sono rari i casi in cui compaiono anche nell’età adulta.
Recenti indagini epidemiologiche hanno evidenziato come la frequenza di queste malattie, tra le giovani donne, sia dello 0,5% per l’anoressia, tra l’1% e il 2% per la bulimia e circa del 3-4% per ciò che riguarda i disturbi DA-NAS. In sostanza si può affermare che circa il 5-6% della popolazione femminile, in età compresa tra i 12 e i 25 anni, soffre di un alterato e patologico rapporto con l’alimentazione e il corpo. Questa percentuale si quantifica in Italia in circa 250.000 persone che ogni anno si ammalano di disturbi alimentari nella fascia giovanile. Non sono comprese in questo conteggio le forme nuove e non codificate e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata presente nelle persone con problemi di obesità (Luxardi, Ostuzzi, 2009).

I fattori di rischio dei DCA
Nella cultura occidentale, l’aspetto estetico riveste un ruolo centrale nella valutazione di una donna. L’ideale corrente di bellezza femminile coincide con l’ideale di magrezza: la società contemporanea, infatti, promuove una concezione della donna “perfetta” corrispondente ai canoni di una donna magra, estremamente magra.
Il messaggio veicolato alle donne da mass-media, industria della moda, industria delle diete e dei prodotti di bellezza dice che solo se saranno in grado di apparire secondo quanto dettato dall’ideale di magrezza saranno accettate, amate, felici, e otterranno successo e benessere economico.


La cultura influenza la nostra percezione dell’ideale di bellezza.


Ma qual è l’effetto di tali pressioni socioculturali?

Questa tipologia di messaggi spinge le ragazze adolescenti e le giovani donne a conformarsi all’ideale di magrezza, ad inseguirlo e, automaticamente, ad interiorizzarlo. L’interiorizzazione dell’ideale di magrezza dà vita a comportamenti finalizzati al raggiungimento di tale aspetto, favorendo al contempo un senso di insoddisfazione per la propria immagine corporea, in quanto tale ideale è estremamente difficile da raggiungere. Solo il 5% delle donne, infatti, ha il tipo di corpo (geneticamente magro, con spalle ampie, fianchi stretti, pancia piatta, gambe lunghe) che viene proposto nelle pubblicità.

Uno studio del 1995 ha messo in evidenza come, dopo 3 minuti trascorsi a guardare le modelle di una rivista di moda, il 70% delle donne riporta sentimenti di vergogna, depressione e colpa per il suo corpo.


Il modello eziologico a due vie della bulimia nervosa (Stice, 2001) afferma che l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza e l’elevata pressione verso la magrezza esercitata dall’ambiente (i coetanei, i mass media), che veicola persistentemente il messaggio “non si è mai abbastanza magre”, incrementano l’insoddisfazione corporea. Teoricamente, questa aumentata insoddisfazione corporea produce come effetto la restrizione dietetica, perché è credenza comune che il continuo ricorso alla dieta sia una tecnica efficace di controllo del peso. L'insoddisfazione corporea e la restrizione dietetica possono contribuire a sviluppare stati d'animo negativi: la prima in quanto l'aspetto fisico ricopre un ruolo centrale nella valutazione della donna, la seconda a causa dei fallimenti che sono spesso legati ai tentativi di controllare il peso corporeo e a causa degli effetti provocati sul tono dell'umore dalla riduzione delle calorie. La restrizione dietetica e gli stati d’animo negativi aumentano a loro volta il rischio di una patologia bulimica: le persone possono essere spinte ad abbuffarsi per contrastare gli effetti della deprivazione calorica, o perché la rottura delle regole dietetiche ferree può generare una disinibizione alimentare, o ancora perché i sintomi bulimici insorgono come mezzo per ottenere benessere e distogliere l’attenzione dalle emozioni negative. Il principio di questa catena causale sembra quindi corrispondere all’interiorizzazione dell’ideale di magrezza.


I trial di psicopatologia sperimentale su giovani donne che hanno ridotto i fattori di rischio in questo modello, ovvero l’interiorizzazione dell’ideale di magrezza, l’insoddisfazione corporea e gli stati d’animo negativi, hanno evidenziato una riduzione della patologia. 

Uno degli obiettivi fondamentali della psicoterapia, in questo ambito, diventa quindi il favorire nella persona un vero e proprio cambiamento attitudinale e comportamentale, al fine di aiutarla a prendere consapevolezza e a resistere alle pressioni socioculturali che spingono a conformarsi all’ ideale di magrezza e di perfezione. Intervenire precocemente, ovvero quando si ravvisano negli adolescenti i primi segnali di una mancata accettazione della propria immagine corporea, può risultare fondamentale. 

Una diminuzione significativa dell’adesione acritica agli standard sociali inadeguati e disfunzionali della nostra società, riguardanti l’ideale di magrezza e l’ideale del corpo perfetto, può costituire un fattore protettivo dallo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare. 

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