Nostra figlia ha cominciato a non soffrire la scuola
Nostra figlia M. ha 15 anni e mezzo e frequenta la seconda in un liceo molto lontano da casa. Ha scelto lei la scuola e noi abbiamo condiviso con gioia perché, sulla carta, l'istituto offre una buona preparazione classica e certificazioni europee in due lingue, oltre a tante altre possibilità: incontri, viaggi, gare sportive, ecc. La scelta, molto impegnativa per la ragazza (40 ore settimanali in classe tra curricola e ore studio) e vita in convitto, ha comportato e comporta anche per noi genitori molti sacrifici economici perché, pur avendo un’ottima preparazione culturale, lavoriamo alle dipendenze con stipendi molto bassi. Ora nostra figlia, da sempre brillante, ha cominciato a non soffrire la scuola, avere difficoltà di relazione con compagni e insegnanti, non riesce a sopportare la lontananza da casa, non riesce ad organizzare tempi studio e svago, non riesce a raggiungere la sufficienza in molte materie, ecc. Negli ultimi tempi la situazione si è aggravata perché si sono manifestate le crisi di panico: tremori, difficoltà di concentrazione, paura ingiustificata, ecc. La ragazza chiede di cambiare scuola e tornare in famiglia. Chiede di fare una scuola al di sotto delle sue iniziali aspettative e motiva la scelta dicendo: almeno nella nuova scuola ci starò meno ore e poi a casa mi potrò riposare e distrarre. Nessun nuovo progetto di vita, nessun desiderio particolare se non di stare sul divano a smanettare con il telefonino per più ore nell’arco della giornata. Noi comprendiamo che a 15 anni si abbia voglia di distrazioni, ma vogliamo crescere una ragazza forte, responsabile, grata per i sacrifici e pronta ad affrontare il futuro, anche in previsione di scelte professionali che sicuramente non saranno facili. Tuttavia comprendiamo che è molto fragile e sta male, e forse finora, assecondandola in tutto, l’abbiamo anche un po’ viziata. Di fronte a questa scelta che sa di “ripiego” e di fuga siamo perplessi. Io poi ho alzato la voce per indurla a ragionare e essere responsabile e lei dice che non può avere stima di sé se viene trattata come incapace di decidere. La ragazza ha accettato di parlare con uno psicologo, ma non la vediamo più serena e non lo siamo noi genitori. Le chiedo aiuto!
Salve in base al suo racconto se sua figlia è seguita da uno psicologo, è psicoterapeuta? perchè sono due figure diverse. Se la ragazza ha questa crisi, come lei descrive e scrive è anche dovuta all'età di forte cambiamento, cambiare scuola non è la scelta migliore, per fortificarla come scrive la soluzione è lasciarla dove si trova e trovare un modo per sapersela cavare, per dimostrare a sè stessa che nelle difficoltà riesce a farcela a superarle senza abbandonarle. Una sorta di "Quando il gioco si fà duro, i duri incominciano a giocare!". Mi domando se non ci siano di mezzo i ragazzi a questa età il "fidanzatino" o la "prima vera cotta" sconvolgono la vita degli adolescenti, ed è un argomento delicato con il quale non parlano facilmente con i genitori, un pò per imbarazzo, un pò perchè è una questione intima e personale, un pò per paura di essere offesi nella scelta, provi a chiedere a sua figlia cosa succede a scuola e se c'è un ragazzo nella sua vita che l'ha delusa e che adesso non vuole vedere più tanto da cambiare scuola! Spero di esserle stata di aiuto, cordiali saluti.