Le rispondo più da persona con esperienza diretta di malattia oncologica, che da Psicologa. Non conosco il libro che cita, ma al di la delle letture, che riprendono sempre la scia di gusti personali e altrettanti inclinazioni, le consiglio di utilizzare nel suo piccolo la musica come coadiuvante nella comunicazione non verbale. E' un ottimo canale per liberare le emozioni, sia nostre - cioè di chi assiste - sia per il paziente. Per quanto possa sembrare banale, un atteggiamento positivo, allegro, orientato al futuro, è sempre preferibile. L'ascolto passivo non serve a molto. Interagisca con i pazienti ma non li chiami "amici". Non sono amici. Sono persone che vivono una situazione dolorosa, ognuno con la sua storia alle spalle, con una famiglia, relazioni, con tratti di personalità, simili o diversi dai suoi. L'empatia è importante, ma dobbiamo mantenere sempre la giusta distanza emotiva, se ovgliamo che il lavoro sia svolto con efficienza, e se vogliamo sopravvivere all'inevitabile separazione che verrà. :) Non si arrenda, il suo è un lavoro speciale!