Tipo di terapia?
Salve, provo a spiegare la mia situazione. Soffro di attacchi di panico con agorafobia e da circa due mesi ho episodi di "depressione". Ho 23 anni e ho iniziato a stare male a 18 anni. Durante questo periodo ho seguito due psicoterapie, una breve strategica e un altra cognitivo comportamentale. La breve strategica è stata la prima psicoterapia che ho seguito e che mi ha fatto capire come mi stesse succedendo, quindi mi ha aiutata. Cambiai dopo un anno terapia e mi dissero di seguire una cognitivo comportamentale. Ci provai e la dottoressa mi aiutò ma una volta che uscivo dallo studio i miei problemi si ripresentavano. Mi spiego meglio, in entrambe le terapie mi capitava questa cosa. Sembrava che stessi meglio ma una volta ritornata a casa, massimo un paio di ore o un giorno e mi risentivo male. Sembrava che non avessi "preso" nulla da quella seduta. In più, durante gli anni, sono riuscita a fare delle cose che prima non riuscivo a fare, come stare di più nei negozi o in qualche parte ma non riuscivo mai a dirmi "Brava, ce l'ho fatta" anzi se mi sfiorava in mente questo pensiero, dopo svaniva. Lo dissi alla psicologa che mi seguiva e lei rispose che sembrava che non mi bastasse quello che stavo facendo. Oggi la situazione non è migliorata, ho ancora attacchi di panico diversi da quelli di prima e se una settimana mi sento un po' meglio poi ho momenti in cui piango senza motivo. E' il caso di iniziare un percorso psicoanalitico? Non sono sicura perchè io ho problemi nel presente e seguendo un percorso del genere tornerei nel passato e penso che non se ne esca più. Credetemi che non ho più forze, sono così confusa. Ho tanta paura e non so a chi rivolgermi.... Se qualcuno della mia città è disponibile ad aiutarmi, ne sarei davvero grata. Grazie mille dell'attenzione.
Gentile Angela,
posso immaginare il senso di frustrazione che prova, visto che ben due percorsi di psicoterapia sono risultati poco risolutivi rispetto ai suoi sintomi.
Non mi è chiaro il motivo per il quale lei abbia "cambiato" la psicoterapia strategica in favore di quella cognitivo-comportamentale, né chi gliel'abbia consigliata e perché. Adesso si domanda se debba provare anche un approccio psicoanalitico, ma è già prevenuta rispetto al probabile lavoro sul passato, più che sul presente, che questo orientamento di solito predilige.
Quello che mi sento di dirle è che dovrebbe lasciare da parte le considerazioni teoriche su quale approccio, quale tecnica o quale orientamento sia più o meno adatto al suo specifico problema e provare ad affidarsi ad un professionista in quanto persona preparata ad accogliere Angela nella sua totalità, che cerchi di comprenderne i bisogni e di valutarne le risorse, oltre alle fatiche che si manifestano, ad esempio, in quello che lei descrive come un'incapacità di portare fuori dalla seduta le acquisizioni apparentemente fatte.
In sintesi, ho l'impressione che le serva una relazione professionale significativa, attraverso la quale lei possa conoscere meglio se stessa e il suo modo di funzionare al di là dei sintomi e dei disturbi: sono certa che nella sua città non manchino colleghi con i quali iniziare questo cammino.
Spero di averle dato qualche utile spunto di riflessione.
Un caro saluto,
d.ssa Roberta Altieri