Gent. Signora, il fatto che nonostante i sintomi sua figlia riesca ad ottenere buonissimi risultati sul lavoro e nelle relazioni sociali è un segno sicuramente positivo. Per quanto riguarda i diversi tipi di psicoterapia, personalmente mi sento di dire che risaltarne uno in particolare forse può sviare dall'intento ultimo: il benessere. Comprende che il dolore possa condurre a tentare ed immaginare ogni soluzione, a fidarsi e a sperare in ogni spiraglio di luce, anche quello meno conosciuto. Insomma, la guarigione non dipende dalla terapia, ma piuttosto dall'incontro, in un certo Luogo e in un certo Tempo, tra la soggettività di ogni persona con una terapia (sia questa analitica, sintetica, cognitivista, comportamentale, umanistica). I cambiamenti, inoltre, per essere duraturi, tendono ad avvenire lentamente così come, a volte, per fare due passi avanti se ne deve compiere uno indietro. Ciò nella Vita , come nella malattia. Interessante più che il risultato che ancora non arriva dalla psicoterapia cognitiva potrebbe addirittura passare (al momento) in secondo piano, se la relazione e l'alleanza costruita da sua figlia con il terapeuta fosse davvero qualcosa vissuta positivamente dalla ragazza, una relazione armonica in cui crescere,aprirsi, conoscersi meglio, aumentare la consapevolezza di sé, "arando" per così dire quel campo, prima che dia il frutto della guarigione. Se sua figlia invece non si trovasse per nulla bene con la sua terapia o il suo terapeuta, farebbe bene a tentare altre strade. Non a Firenze, ma ad Arezzo, potrebbe sentire, ad esempio, il parere del dott. Nardone che ha un centro di terapia strategica. Ma sempre con il consenso della ragazza. E' lei infatti che deve percepire di avere un problema e di voler fare qualcosa per questo. Sperando di averle lasciato qualche suggestione utile, le porgo i miei saluti. Con riguardo,