Dott. Salvatore Arcidiacono

Dott. Salvatore Arcidiacono

psicologo, psicodiagnosta

Agorafobia

Buonasera, Sono un ragazzo di 23 anni e da circa 2 anni convivo e ho convissuto con alcuni disagi. Due mesi dopo aver compiuti 21 anni ho avuto i primi attacchi di panico, tramutatosi successivamente in deruralizzazione e depersonalizzazione. Dai 21 ai 23 anni sono stato seguito da un terapeuta e grazie a lui gli attacchi di panico, la derealizzazione e la depersonalizzazione sono andate vie. La mia ''semplice'' terapia per guarire dai disagi sopracitati e' stata esternare emozioni (represse) a mia madre. L'esternare queste emozioni derivate dal tradimento, non inclusione, marginalizzazione e abbandono da parte di mia madre e mia sorella dopo il mio fidanzamento con l'attuale compagna mi hanno portato inevitabilmente a constatare che fin a quel momento avevo avuto i prosciutti sugli occhi e mi ha fatto crollare la figura materna e quindi a distaccarmi completamente da mia madre (non la vedo da 1 anno circa). Non ho mai avuto una figura paterna compensativa di riferimento in quanto i miei sono separati da quando avevo 8 mesi. Ritornando ai disagi, da quando sono andato via di casa quasi due anni fa e aver interrotto i rapporti con mia madre i sintomi sopracitati sono andati via ed e' subentrata in crescendo l'agorafobia. Non sono una persona evitante, riesco ad andare fuori dalla mia città, ad uscire da solo combattendo i miei sintomi, ovviamente tutto ciò non mi piace. Quando esco ho come l'impressione di non poter respirare, mi manca la terra sotto i piedi, ho uno stato ansioso che mi accompagna fino a quando torno, se dormo fuori mi sveglio di notte di soprassalto. Il sintomo principale la sensazione di non poter respirare ( a volte capita che io pensi che il mio corpo non e' in grado di farlo autonomamente), a volte si attiva anche nella mia zona di confort con alcuni trigger (se sento dire mamma, se noto che mi mancano i miei nuovi punti di riferimento). Quando si attiva il sintomo automaticamente penso alle persone che possono aiutarmi ma tra queste non penso a mia madre (che in passato e' stato da sempre il mio punto di riferimento) e credo che questa sia una mia forma di negazione che mantiene l'agorafobia attiva. Dopo due anni di terapia e dopo aver capito che il mio terapeuta non poteva aiutarmi riguardo l'agorafobia ho deciso di cambiare terapeuta, prediligendo la terapia cognitivo comportamentale. Purtroppo ho fatto poche sedute e durante queste sedute il terapeuta mi ha dato strumenti che conoscevo e ho applicato in questi due anni per fronteggiare l'agorafobia, oltre che tavor da 1 mg che devo dire mi rende più' rilassato quando sono fuori dalla mia città. IL terapeuta essendo andato in ferie fino a settembre, ho qualche domanda che mi frulla in testa: La Terapia cognitivo comportamentale dona al paziente solo strumenti per combattere i propri sintomi o in una seconda parte terapeutica va a scavare e modificare il profondo? Perche' se non dovesse andare a lavorare nel profondo, rimarrei fermo alle tecniche di rilassamento, biofeedback ecc.. che conosco e applico quotidianamente. Secondariamente vorrei chiedervi: sono sempre guarito esternando fiumi emotivi che in passato reprimevo, e' possibile che la mia agorafobia sia causata da emozioni che non riesco a vedere ed esprimere? (anche perche' prima dei miei 21 anni conducevo un vita autonoma, andavo all'esterno da solo, facevo viaggi molto lunghi serenamente). Emozioni che si esprimono con il disagio agorafobico oltre che con sintomi fisici (emorroidi, contratture, disturbi gastrointestinali). Grazie della cortese attenzione.

 I dubbi che lei manifesta e le informazioni sulle terapie che, stante la sua narrazione, ha seguito e che in atto segue dovrebbe chiederle  con fiducia al suo terapeuta. Ne sono certo, riuscirà  a soddisfare le sue esigenze conoscitive e indirizzarlo al meglio. Eviterebbe la frammentarietà dei "pareri" a distanza, i quali, mi creda, lo porterebbero inevitabilmente a richiederne altri, e poi altri ancora.