Vorrei trovare la forza di scrollarmi di dosso una pesante verità
La mia verità è che sono stata stuprata da mio cugino quando avevo 7 anni. Lui ne aveva circa 30. La prima volta che mi toccò mi disse che stavamo giocando al gioco della "prigione". Lui era steso sul letto ed io dovevo correre intorno al letto cercando di sfuggire alle sue mani e quando mi prendeva venivo messa a cavalcioni su di lui e cominciava a galoppare per portarmi in carcere. Da lì si susseguirono i giochi, sempre più diretti, sempre più profondi ed io ero sua complice. Non lo volevo dire ai miei genitori, mio cugino mi piaceva, era l'unico che passava del tempo con me perché i miei lavoravano. Mi piaceva avere un amico.
Quando capii quello che era successo ormai erano passati anni e lui se n'era già andato da casa nostra da un pezzo. Non ho mai voluto dire nulla a nessuno per paura di essere punita, odiata e schifata. Vengo da una famiglia islamica che ha particolare riguardo alla verginità e mia madre mi ha spiegato un po' tardi che nessuno mi doveva toccare lì in basso.
Sono andata all'università e ho conosciuto un ragazzo a cui ho raccontato tutto e mi ha accettato, mi ha amato. Mi ama ancora.
Adesso ho 25 anni e vorrei andare a vivere con lui, ma prima di farlo vorrei spiegare a mia madre perché non sarebbe un "peccato" andare a vivere con un uomo fuori dal matrimonio. Vorrei raccontarle cos'è successo. Ma ho paura. Una fottutissima paura di non vederla più sorridere, di non ascoltare più la sua voce. Perché succederebbe esattamente questo. Mi odierebbe e non mi parlerebbe più. Non so perché stia scrivendo proprio a voi di tutto ciò, so già che dovrei attraversare il corridoio e parlare con mia madre perché sento che è arrivato il momento, però mi manca la forza. Forse sbaglio nel ricercarla altrove anziché dentro di me...
Mi sento molto combattuta perchè da un lato vorrei abbracciare ciò che il mio ragazzo rappresenta: l'amore, la leggerezza dei miei anni, la voglia di scoprirci e sognare. Dall'altra sono molto legata a mia madre che negli anni si è sempre appoggiata a me e non riesce a concepire che mi allontani da casa ancora (dopo il periodo universitario). A volte mi chiedo se stia mandando avanti una dipendenza emotiva a tratti tossica, ma non so rispondermi nemmeno io. Sono sempre stata la roccia di mia madre, le ho sempre asciugato le lacrime, l'ho sempre difesa quando mio padre tornava a casa ubriaco e la incolpava per motivi assurdi. Credo di essere stata per lei quello che mio padre non è riuscito ad essere, una persona con cui trasportare i bagagli della vita.
Non vorrei farla soffrire, ha già pianto abbastanza nella vita. Ma che cosa posso fare?
Fortunatamente ho un lavoro in smart working che mi permette di aiutarla economicamente, continuerei a farlo anche andandomene di casa, ma ho paura che non mi rivolga più la parola per aver fatto l'unica cosa che mi vieta da quando ho memoria: innamorarmi di un italiano. Non voglio andarmene di casa senza averle detto la verità, non so nemmeno io perchè mi pongo queste regole: o raggiungo il mio ragazzo e prima le dico tutta la verità, oppure rimango a casa con lei e sto zitta per sempre.
Non riesco neanche più a pensare lucidamente a causa delle forte emozioni contrastanti che sto vivendo. E credo che sia proprio per questo che chiedo supporto a chiunque avrà la pazienza di leggere.
Grazie in anticipo.
Buongiorno Levy,
ho letto con attenzione il suo racconto tutte le forti e contrastanti emozioni andrebbero elaborate in un percorso psicologico che le consenta di creare uno spazio relazionale aperto, libero da giudizio, che la aiuti a comprendere come meglio affrontare e superare i traumi del passato e poi affrontare sua madre, da sola mi sembra tutto troppo.
Se vuole mi trova on-line.
Dott.ssa Silvana Censale