Maternità e difficoltà lavorative
Molte donne, una volta tornate al lavoro, vengono considerate “improduttive” e subiscono demansionamenti, ingiustizie e vessazioni fino ad arrivare alle dimissioni.
Così la gioia dell’essere diventata mamma si può incrinare davanti alle nuove dinamiche lavorative: spesso non si ha più uno specifico ruolo all’interno dell’organizzazione aziendale, o si può riscontrare la non corretta riallocazione, o ancora la neomamma viene posta di fronte a scelte inconciliabili con la vita familiare, deve subire richiami continui e infondati, vede sfumata la posizione lavorativa raggiunta magari dopo anni di sacrifici o di studi.
Tutto questo può portare ad un forte calo dell’autostima, ad un vissuto ansioso-depressivo anche significativo, ad attacchi di panico, alla hopelessness depression, quella di chi ritiene di non essere in grado di far nulla per modificare la sua situazione. La neomamma si può sentire senza speranza per il futuro, incapace, sola e magari anche in colpa per non essere in grado di conciliare i problemi lavorativi con le nuove esigenze familiari.
D’altra parte, ricordiamolo, il lavoro è alla base di una molteplicità di aspetti: non è solo un reddito economico, ma per l'essere umano è un bisogno. Il lavoro è ciò che ci lega alla realtà, che ci dà il senso dell'identità personale, che conferisce valore alle nostre capacità. Sentirsi capaci di fare qualcosa che gli altri apprezzano riempie di significato la propria vita; oltre a questo il lavoro crea e potenzia i legami sociali.
Ma allora cosa può fare una neomamma che al suo rientro è costretta a vivere delle forti difficoltà lavorative?
Innanzitutto, se possibile, cercare di avere un colloquio con il proprio capo o con l’ufficio risorse umane e capire se la diversa ricollocazione o cambiamento di mansione siano legate ad effettive esigenze organizzative, e se ci siano delle modalità previste per la conciliazione lavoro-famiglia.
Oltre a ciò, a livello psicologico è importante:
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