Dott.ssa Simona Di Leo Boato

Dott.ssa Simona Di Leo Boato

psicologo, psicoterapeuta, consulente sessuale

Anni fa mi hanno diagnosticato il disturbo borderline di personalità

anni fa mi hanno diagnosticato il disturbo borderline di personalità. Non sono sicura sia una diagnosi corretta, ma in effetti molte cose tornano e trovano spiegazione nei miei comportamenti. Comunque, premesso questo, voglio dire che generalmente vivo una vita normale, ma a periodi mi cominciano problemi di vario genere e vorrei sapere se meriterebbe cominciare ad assumere psicofarmaci (ho già fatto anni di terapie non farmacologiche, che arrivate ad un certo punto non hanno sortito miglioramenti), naturalmente previa visita, non a caso. Chiedo qui perchè sono piena di dubbi e un po' frustrata dai continui e repentini cambiamenti che ho. Diciamo che ho fasi depressive di lunga durata: fatico a svegliarmi, soffro di insonnia, cambia l'appetito, ho pensieri di morte (e ultimamente ho sorpreso me stessa a cercare un metodo attuabile. Nessuno lo sa), zero fiducia in me stessa, eccetera... Poi ho fasi di ottimismo allo stato puro: della serie "andrà tutto bene chissene frega" e voglia di uscire, fare e disfare. Naturalmente di per sè questa incostanza è difficile da sopportare. Anni di terapia mi hanno insegnato a non buttare all'aria la mia vita (prima a causa di queste fasi alterne ho rischiato di perdere anni scolastici, poi anni universitari, ora il lavoro), e quindi riesco a mantenere costante il lavoro e lo sport, anche se mi costano immensa fatica perchè in fase depressiva starei a letto tutto il giorno. Poi, durante gli anni si sono aggiunte le fobie: la più invalidante è l'emetofobia. Sono dipendente dai farmaci antiemetici, e nessuno degli specialisti che mi ha avuto in terapia è riuscito a farmi migliorare. Poi è iniziata l'ossessione per il mio corpo, ma qui tralascio perchè si entra in ambito di DCA e sarebbe troppo lunga. E infine, iniziata da meno di un anno, la fobia degli elettrodomestici, e di tutti i componenti della casa (compresa caldaia e contatori). Vivo da sola da 5 anni e avevo già avuto manifestazioni simili (in passato ho fatto una settimana senza accendere i fornelli), ma cose sporadiche poi passate da sole. Invece ultimamente faccio le pulizie solo in presenza di qualcuno, perchè ho paura che succeda qualcosa tipo che esploda l'aspirapolvere o la caldaia, che ci sia un corto circuito o simili... E per di più sembra che nessuno abbia la fobia degli elettrodomestici. Mi sento davvero idiota. Ah, in aggiunta devo dire che ho anche fobia di guidare. Preso la patente nel 2007 come un leone, guidato per qualche mese con le incertezze di una neo patentata, poi... Basta, finito anche quello. E adesso pesa immensamente non essere indipendente. Diciamo che attualmente se dovessi riassumere me stessa mi definirei una "persona in potenza": da un lato sento di avere tutte le carte in regola per essere felice e appagata nonostante i problemi che mi capiteranno nella vita, dall'altro lato invece sono inchiodata da un riflesso deforme nello specchio, insicurezza, bassa autostima e fobie. Dati gli insuccessi della psicoterapia, è consigliabile passare agli psicofarmaci? Ho quasi 26 anni. Fa un po' tristezza pensare di imbottirmi di medicine così giovane, ma del resto se mi possono aiutare a non soffrire più, perché no? Grazie...
Cara Susanna, innanzitutto un consulto da un medico specialista in psichiatria, non dal medico di base, non significa che lei "si imbottirà di farmaci" a 26 anni. Può spiegare allo psichiatra questo suo timore e chiedere tutte le informazioni che desidera, sia sui farmaci, sia sull'aiuto che possono darle in questa fase della sua vita. premesso questo le suggerisco comunque un percorso di psicoterapia. Gli esiti di una psicoterapia dipendono da molteplici fattori, non è dato che siccome in passato l'effetto non è stato quello desiderato, non lo possa essere adesso, anche con l'aiuto di un sostegno farmacologico. E' importante che scelga uno psicoterapeuta che la convince, perché è la relazione terapeutica e non il terapeuta che cura. Le cose che ci succedono non avvengono per caso, ma appoggiano sulla storia personale e familiare e i sintomi che tanto ci affliggono hanno anche delle funzioni. Esprimono una parte delle nostre paure, delle nostre motivazioni. i sintomi sono come le storie che racconta il corpo e che per essere comprese vanno decifrate e poi accolte e integrate con le altre nostre motivazioni. La salute è un processo che prevede il dialogo e il confronto di parti che sono rimaste separate per consentirci di essere interi, di realizzare noi stessi. I farmaci non svolgono questa funzione, i farmaci forniscono un equilibrio biochimico utile a mettere la persona nella condizione di fare questo lavoro. Le sue paure la allontanano dalla vita, dalla partecipazione alla vita. Questo allontanamento che funzione ha? In che momento della sua esistenza si è spento il senso di fiducia? Chi vi ha contribuito? Come è stato trattato il suo corpo? Che messaggi gli sono arrivati? A queste domande il farmaco non risponde, ma mi sento di consigliarle di prenderlo serenamente perché la può aiutare a recuperare l'equilibrio necessario per la conoscenza, che è un lavoro che invece spetta a lei. Un caro saluto