La sfida al cambiamento suggerita dai problemi
Nella nostra società in rapido mutamento 2 cose non cambiano mai: la voglia e la paura di cambiare. La prima spinge a cercare aiuto, la seconda respinge l’aiuto che cerchiamo.
La voglia di cambiare e il desiderio d’immutabilità coesistono perché essenziali al nostro benessere emotivo.
La nostra società ci spinge costantemente a migliorare, realizzare, perfezionare noi stessi, liberarsi di parti di noi "disfunzionali", trascurando aspetti positivi di un tratto o comportamento negativo, nostro o del partner. In realtà sono poche le cose completamente cattive o completamente buone, perché vi è un inseparabilità nella nostra forza e debolezza (mancanza di chiarezza, franchezza che potrebbe essere sperimentata come gentilezza, tatto; superiorità e atteggiamento prepotente che potrebbe essere percepito come desiderio e volontà nel darci dentro, nell'identificare i propri obiettivi). Io ritengo sia utile identificare e comprendere gli aspetti positivi di ciò che appare negativo. Anche dei problemi e dei comportamenti del partner che non accettiamo.
Spesso i comportamenti negativi del partner "obbediscono" a funzioni importanti positive, anche quando sembra respingano l'altro e provochino ostilità.
Quando non tolleriamo un comportamento o più del partner vorremmo cambiarlo senza modificare noi stessi. Ciò si traduce in una visione conservatrice al cambiamento che implica un percorso lento e non sempre possibile. Per cambiare la danza in una relazione è necessario partire da se stessi, con la consapevolezza che i progressi saranno accompagnati da frustrazioni e incidenti di percorso, ma saranno possibili. Si sperimenteranno probabilmente esiti diversi da quelli immaginati, ma se si è meno ambiziosi, più realistici, se si studiano mosse adatte all’obiettivo e si parte lentamente, la meta di una relazione intima e complice è raggiungibile.
La nostra identità, il senso di continuità-stabilità e i rapporti chiave si basano sulla prevedibilità e immutabilità, anche se il cambiamento è inevitabile. Siamo in continua evoluzione e badiamo immancabilmente ai nostri passi nella danza del cambiamento. Desideriamo vicinanza quando ci coglie l’ansia per l’isolamento e ci allontaniamo quando la coesione è troppo soffocante.
Il cambiamento è voluto quando l’energia negativa e la frustrazione del rapporto sono accresciute dai tentativi di rimediare nei rapporti intensi, quando un individuo si iperconcentra sull’altro, preoccupandosi o rimproverandolo, o allontanandosi (la distanza è un modo per controllare le fatiche e l'intensità in un rapporto a cui teniamo).
E' importante inquadrare con chiarezza problema e responsabilità. Quando il livello d’intensità è elevato, reagiamo (non osserviamo e pensiamo), ci iperconcentriamo sull’altro (anziché su noi) e ci ritroviamo su posizioni polarizzate. In questo modo attenuiamo l’ansia riducendo le nostre potenzialità a stabilire un rapporto più intimo e duraturo. Ci fissiamo su un rapporto, ma il problema ha una fonte che vogliamo ignorare. Finiamo per assomigliare all’ubriaco che pur avendo perso le chiavi nel vicolo, le cerca sotto il lampione perché c’è più luce.
Per cambiare i rapporti problematici occorre lavorare su se stessi, sulla propria posizione nella relazione. I problemi suggeriscono un cambiamento, che è necessario sia rivolto a noi e non al comportamento per noi intollerabile o all'atteggiamento del partner per noi inaccettabile. Ma chi sente intollerabile quel dato comportamento? Per chi è inaccettabile quel dato atteggiamento?
Per NOI. Il punto di svolta deve necessariamente quindi partire da noi.
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